Bisceglie tra storia ed archeologia

La nostra visita di Bisceglie inizia col Dolmen della Chianca, tappa obbligatoria, a cinque chilometri dal centro cittadino. Chi raggiunge questo spicchio di Puglia non può andar via senza farvi visita perché è tra i dolmen più importanti d’Europa per dimensioni, bellezza di linee e ricchezza di reperti ritrovati.

Quattro grandi lastre di pietra compongono questo monumento funerario megalitico risalente all’età del bronzo. Tre di esse sono interrati, il quarto li copre. Un piccolo sentiero, lungo circa dieci metri e segnato da pietre, conduce sino alla cella. Qui furono individuati i resti di alcune sepolture con oggetti di corredo, anche lungo il corridoio vennero alla luce tre sepolture ed oggetti in ceramica. Sempre nel corridoio fu ritrovato un focolare con ossa combuste di animali e resti craniali umani.

Sorprende sapere che fu scoperto solo nel 1909. Meriterebbe sicuramente d’essere inserito in un più ampio itinerario preistorico.

Poco distante siamo attratti dalla segnaletica e ci dirigiamo verso “Torre Gavetino”. Si tratta di una torre di vedetta, probabilmente di epoca sveva, che si eleva tra gli olivi. La base è quadrangolare, le forme sono quelle tipiche dell’architettura militare pugliese. Vi si accede senza impedimenti, ma lo stato di conservazione non è dei migliori. Scegliamo di dirigerci quindi verso la città.

Il centro storico sorge e si sviluppa in prossimità del mare. La nostra prima tappa è il castello svevo-angioino. Fuori dalle sue mura, una grande torre si eleva sino a raggiunge i ventiquattro metri. Alcuni storici ne attribuiscono la costruzione ai normanni del Conte Pietro I ed, a quanto pare, è proprio a questa prima fase normanna che risale l’impianto originario di Bisceglie. Attualmente la torre ospita il Museo Etnografico dedicato al professore Francesco Prelorenzo, promotore di ampie ricerche archeologiche in questo territorio.

L’area è però dominata dal Castello che sorge subito accanto.

Dentro, un museo conserva i reperti preistorici del paleolitico e del neolitico rinvenuti presso il Dolmen della Chianca.

La sua origine è normanna ma, ciò che resta della struttura dopo i rimaneggiamenti settecenteschi, evidenzia ampliamenti angioini. Di tutto ciò è ulteriore testimonianza lo stemma di Carlo d’Angiò sulla porta d’accesso della torre posta ad ovest. Il nome “Petrus de Baro” è inciso, seguito da un me fecit, sulla ghiera del portale del palazzo; probabilmente si tratta di quel Pietro Rapocio magister di origine barese, architetto militare di fiducia di Carlo d’Angiò, al quale si deve la direzione dei lavori del castello di Bari e delle mura di Mola.

A partire dal 1541 tutta la città viene dotata, per ordine del Vicerè Pietro di Toledo, di una nuova cinta difensiva bastionata. Il lato del castello posto a sud-est venne inglobato, con la relativa torre, in un poderoso bastione a pianta pentagonale oggi in gran parte demolito.

Nelle vicinanze c’è la Chiesa di San Adoeno, eretta nella seconda metà del XI secolo con un pregevole portale romano ed uno spettacolare fonte battesimale. Interamente costruita in pietra locale, ha pianta a tre navate priva di transetto. La facciata presenta conci ben sagomati posti in filari orizzontali di diversa altezza, una cuspide mozzata ed un grande rosone ornato di rilievi a motivi vegetali, dal tetramorfo e da una coppia di leoni. E’ una delle chiese italiane di più diretta filiazione francese. Le origini, ravvisabili nella denominazione Sant’Adoeno, vescovo di Rouen, sono collegate ai normanni. L’abbazia conserva una piccola reliquia del Santo e dal 1769 essa è stata dichiarata “ad instar Ecclesiae Rothomagensis”, ha cioè gli stessi diritti di qella di Rouen.

Numerosi sono i palazzi storici. Sorprendentemente è conservata in buona forma l’antica sede dell’Università.

A Palazzo Tupputi è ospitato l’ufficio turistico. Vi entriamo e scopriamo una piccola lapide del 1797 che ricorda il soggiorno della Regina Maria Carolina e di suo figlio, il Principe Francesco, futuro re.

Tra le architetture religiose merita un posto d’onore la Cattedrale di San Pietro Apostolo. Essa fu edificata tra la seconda metà dell’XI secolo e la fine del XII per volontà del conte Pietro II, il quale la dedicò al santo del suo nome. Dal 1975 essa è divenuta santuario mariano per la devozione alla Madonna Addolorata, e successivamente, con decreto di Papa Giovanni Paolo II, è divenuta anche basilica. Notevole è la facciata, su cui spicca il duecentesco portale riccamente scolpito a triplice fascia di tralci di fogliame, con protiro sorretto da grifoni su colonne di marmo con capitelli a foglie di acanto.

Di grande rilievo è il fianco destro. Qui un maestoso portale si innalza tra due colonne sormontate da sculture, forse normanne o più probabilmente quattrocentesche, che ritraggono i santi patroni. Le due colonne mostrano scudi d’età spagnola e sorreggono le statue dei santi Pietro e Paolo.

Sulla sinistra di chi osserva vi è poi un curioso bassorilievo raffigurante un lupo e dei monaci, forse un miracolo di San Francesco.

Sempre sulla sinistra di chi osserva, c’è un gigantesco affresco raffigurante San Cristoforo dipinto intorno all’Ottocento dal pittore Vito Calò, sulla parte esterna della omonima cappella.

L’Interno, basilicale a tre navate, è in perfetto stile romanico pugliese, con matronei posti sulle navate laterali. Spiccano gli stalli intagliati del Coro in legno di noce proveniente dalla badia benedettina di “Santa Maria dei Miracoli” in Andria, che fu concesso alla Cattedrale da Giuseppe Bonaparte nel 1807, e la Cripta in stile barocco. Qui sono conservate le sacre reliquie dei tre Santi protettori Mauro, Sergio e Pantaleone, risalenti al 1167.

Secondo la tradizione, Sergio e Pantaleone erano due cavalieri che, giunti in Puglia per arrestare il vescovo Mauro, furono invece da questi convertiti al cristianesimo e successivamente martirizzati dal proconsole romano di Venosa.

La cripta conserva le reliquie dei Santi Protettori ed il braccio di Santo Stefano.

Bisceglie risente di una scarsa proiezione turistica. Le chiese, il castello, i musei, tutto apre dopo le 17.30, il dolmen è abbandonato e una decina di cartelli segnaletici vi condurranno presso palazzi storici chiusi perché privati. Tuttavia merita davvero di essere conosciuta anche fuori dai circuiti turistici strettamente locali.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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