Carlo d’Angiò s’impadronisce di Cassino

Riportiamo un passo delle Storie di Giovanni Villani in cui è descritto come Carlo d’Angiò prese Cassino, qui chiamata con l’antico toponimo di San Germano, prima di volgere le sue armate a Benevento contro Manfredi.

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Come il Re Carlo e sua oste ebbono preso il passo a Cepperano si presero Aquino senza contrasto, e per forza ebbono la Rocca d’Arci, ch’è delle più forti tenute, che sia in quel paese; e ciò fatto si misero a campo a San Germano. Quelli della terra per lo forte luogo, e perché era bene fornito di gente e di tutte cose, aveano per niente il Re Carlo e sua gente; ma per dispregio a’ loro ragazzi, che menavano i cavalli a bere fuori della terra, li faceano dispregiare, e dire loro onta e villauia, dicendo: Ove è il vostro Carlotto? Per la qual cosa i ragazzi de’ Francesi si misono a badaluccare ed a combattere con quegli d’entro, di che tutta l’oste de’Francesi si levò a romore: E temendo, che il campo non fosse assalito, tutti i Francesi furono in arme, e subitamente correndo verso la terra, que’ d’entro non prendendo di ciò guardia, non furono cosi tosto tutti all’arme. I Francesi con gran furore assalirono la terra, dandovi battaglia da più parti, e chi migliore schermo non avea, ismontava da cavallo e levavagli la sella, e con essa in capo andavano infino a piè delle mura e torri della terra a combattere. Il Conte di Vandomo con messere Gianni suo fratello con loro bandiera, i quali furono de’ primi armati del campo, seguirono i ragazzi di que’ d’entro, ch’ erano usciti al badalucco: e cacciandoli, con loro insieme entrarono dentro per una porticciula ch’era aperta per ricoglierli; e ciò fu grande pericolo, imperciocchè la porta era bene guardata da più gente d’arme, e vi rimasono morti e feriti di quelli, che seguivano il Conte di Vandomo e ’l fratello; ma eglino per loro grande ardire e, virtù pure vinsero la pugna alla porta per forza d’arme, e entrarono dentro, e incontanente la loro insegna misono in su le mura. E de’ primi, che li seguirono, furono li usciti Guelfi di Firenze, onde era il capitano il Conte Guido Guerra, e l’insegna portava Messere Stolto Giacoppi de‘Rossi di Firenze; i quali usciti alla presa del detto San Germano si portarono maravigliosamente e come valorosa gente; per la qual cosa quelli di fuori presono cuore ed ardire, e chi meglio poteva si mettea dentra alla terra. Que’d’entro, vedute le insegne de’ nemici in su le mura e presa la porta, molti ne fuggirono, e pochi ne stettero alla difensione della terra; per la qual cosa la gente del Re Carlo combattendo ebbono la terra di San Germano a di dieci di febbrajo, anni di Cristo MCCLXV, e fu tenuta grandissima meraviglia per la fortezza della terra; ma piuttosto fu per fattura di Dio, che per forza umana; perocchè dentro v’aveva più di mille cavalieri, e più di cinque mila pedoni, intra i quali avea più Saraceni arcieri di Nocera; ma per una zuffa, che la notte dinanzi s’era fatta tra’ Cristiani e Saraceni, nella quale i Saraceni furono soperchiati, onde il giorno appresso non furono fedeli alla difensione della terra: e questa infra l’altre fu bene una delle cagioni, perché si perdè la terra di San Germano. Delle masnade de’ Tedeschi furono assaimorti e presi, e la terra tutta corsa e rubata per li Francesi, e quivi soggiornò il Re Carlo e sua gente alquanto per prendere riposo, e per sapere gli andamenti di Manfredi.

 

 

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