Chi fu il primo Borbone di Napoli?

Chi fu il primo Borbone a sedere sul trono di Napoli? Carlo o forse suo padre Filippo? E se invece per risalire al primo re appartenente alla dinastia Borbone dovessimo andare assai più indietro nel tempo? Alludiamo infatti a Giacomo II di Borbone-La Marche nato nel 1370 e morto a Besançon il 24 settembre 1438. Scommettiamo che sono in pochi a conoscerlo?
Terzo conte di La Marche dal 1393 al 1435 e conte di Castres dal 1403 al 1435, Giacomo II fu duca di Calabria e quindi principe di Taranto dal 1414 al 1420, per un breve periodo nel 1416 fu pure re di Napoli in quanto marito della – tremenda diremo – regina Giovanna II.

 

Lasciamo che a raccontarci le travagliate vicende di questo re sia la “Storia de Napole” di Luigi Chiurazzi, autore poliedrico che scrive sulle pagine de Lo Spassatiempo tra il 1875 ed il 1876 : “R. Abbannonaje lo regno a no cierto Pandolfo Alopo pe soprannomme Pandolfello, giovane de vascia mano, e dette lo commanno de li sordate ad Attendolo Sforza capetanio de ventura, che accossì se chiammavano chille che se facevano li sordate per cunto lloro e po jevano a commattere pe chi li pavava. Li barune non potenno sopportare lo commanno d’Alopo, pe lettoppo soperchiarie che faceva, cercajeno de fare mmaretare Giovanna co Giacomode Borbone, conte de la Marca, dannole lo titolo de prencepe de Taranto e Ducade Calabria e non de rre. Venuto a Napole Giacomo tutte li barune lo jetteno arecevere comme a no rre e lo primmo che lo nformajeno, fuje che Giovanna se lasenteva co Sforza e co Pandolfo.
D. Che facette Giacomo sentenno chesto?
R. Appena arrivato a Beneviento fece arrestare a Sforza e lo facette mettere dinto a no carcere. Venuto a Napole fuje accramato da lo puopolo co tanto apprauso, che la regina non potette fare ammeno de dichiararelo rre. Pigliato possesso de lo regno mettette p’ogne castiello tutte li fidate suoje che s’aveva portato da la Francia; fece arrestare Pandolfello e lo mannaje a mmorte; nzerraje la regina dinto a la cammera soja, senza farela prattecare co nisciuno, e per guardarela lle mettette a la porta cierte sordate francise.
D. Lo puopolo fuje contento de chesto che facette Giacomo?
R. Niente affatto! No juorno avenno avuto Giovanna lo permesso da lo marito de ire a magnà a la casa de no mercante fiorentino, a lo retuorno lo puopolo commannato da Ottino Caracciolo ed Annecchino Mormile se facette attuorno a la carrozza e nne cacciajeno tutte chille che l’accomapagnavano e co apprause lo portajeno dinto a lo castiello de porta Capuana. Giacomo addonatosede lo fracesso se nne scappaie dinto a lo castiello de ll’Uovo, addò fu jentornejato pe mare e pe terra da li defensure de Giovanna, e tanno le dettenola libertà, quanno renuniaje lo titolo re rre ed azzettaje chillo de prencepede Taranto co la pensione de 40 mila ducate l’anno, acconsentette de ne mannaretutte li sordate francise e lle cetà lloro e de mettere a libertà Sforza. Co tutto chesto pure fuje tenuto a bista pe tre anne continove. Pe lo tanto dispiacere, ed avuto lo pede a l’evera se ne scappaje Nfrancia, e llà sefacette monaco de S. Francisco. Se ne morette a lo 1438..
D. Che facette la regina doppo partuto lo matito?
R. Vedutase libera de lo marito nne fece cchiù essa ca Catuccio. Abbandonaje l’affezione che portava a Sforza e portaje a lo titolo de gran Siniscalco a n’autro carito sujo, Ser-Gianni-Caracciolo. Chisto pe paura de lo potere de Sforza consigliaje a la regina che l’avesse mannato pe soccorrere a lo Papa Martino V ch’era ncojetato da Vraccio de Montone autrocchiù forte capitano de ventura. Attaccato che fuje Sforza da lo nnemmico rommanette perdetore a Viterbo, pecchè Ser-Gianni non le mannaje nisciuno ajuto. Correvato Sforza de chesto e pe bennecarese de la regina e de Ser-Gianni screvette na lettera a Ludovico III, d’Angiò e duca de Provenza de venire a pigliare Napole, promettennole la protezione soja, chella de paricchie barune e de lo Papa”.

Prima di sposare la regina Giovanna II, Giacomo II di Borbone-La Marche era già stato a Napoli. Vi era venuto la prima volta nel dicembre del 1401 a capo delle truppe francesi; vi era pure tornato nel 1407 per liberare Maria d’Enghien dall’assedio di re Ladislao. Entrambe le volte ebbe esito sfortunato.
Quando sposò la regina, aveva 45 anni ed anche lui era vedovo. Nei patti nuziali Giovanna precisò che Giacomo avrebbe ottenuto solo il titolo e la signoria del Principato di Taranto, ma non sarebbe mai stato re. Eppure fu proprio lei a violare quanto stabilito ammettendo che il nome di Giacomo fosse preposto, negli atti pubblici, al suo.
Giacomo oltretutto non si accontentò e provò ad ottenere di più, spingendosi sino a condannare a morte il favorito della regina, e, con l’idea di estromettere Giovanna dal governo, si arrogava un’autonomia decisionale sempre maggiore.
Una congiura nel settembre 1416 mise in chiaro chi doveva regnare ed i due coniugi stipularono un accordo: Giacomo II di Borbone-La Marche avrebbe conservato solo una compagnia di quaranta suoi fidati francesi e si sarebbe fregiato solo dei titoli di Principe di Taranto e Vicario del Regno, la regina avrebbe conservato il suo titolo ed avrebbe in più corrisposto al marito un assegno annuo di 40.000 ducati.
I patti però non furono rispettati. Giacomo continuò ad usare il titolo di Re di Napoli nei suoi diplomi e neppure rimandò a casa il suo vasto seguito di francesi alloggiati a Castel dell’Ovo. Iniziò dunque un conflitto politico fatto di dispetti, intrighi, pubbliche sconfessioni dell’autorità del proprio partner fino a quando Giacomo fu posto sotto stretta sorveglianza, di fatti finì prigioniero a Castelnuovo.

Tratto dall’opera G. di Crollalanza, “Il blasone della schiatta de Capetingi e delle sue alleanze”, Pisa 1876

 

Liberato il 14 febbraio del 1419, grazie alle iniziative del legato pontificio, ottenne un nuovo accordo ma a poco valse. Timoroso di perdere la sua libertà, Giacomo iniziò a vivere in preda alla paura, continuamente scortato. Decise quindi di lasciare Napoli: il 4 maggio del 1419 si imbarcò su una nave genovese diretta a Taranto.
Temendo una congiura, la regina gli inviò contro le sue truppe comandante da Angelillo d’Avigliano e Renzo degli Attendoli. Giacomo si rinchiuse nel castello di Taranto e lì attese gli eventi. Continuò a governare il suo feudo ma si ritrovò assediato persino da Maria d’Enghien, precedente principessa di Taranto. Stanco delle cose, consegnò a lei il principato in cambio di 20.000 ducati e con questi denari si imbarcò verso Corfù, da lì passò a Venezia poi a Treviso. Finì i suoi giorni il 23 settembre del 1438 nel convento francescano di Besançon in odore di santità (G. Antonucci, Giacomo della Marca, Principe di Taranto, in “Japigia”, 1934).

 

Autore: Angelo D’Ambra

 

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