Novità editoriale: “Contrabbandieri e corsari napoletani nella rivoluzione di Corsica (1757-1768)”

E’ fresco di stampa “Contrabbandieri e corsari napoletani nella Rivoluzione di Corsica (1757-1768)”, lavoro di Emiliano Beri, quinto quaderno di Historia Regni, pubblicato da D’Amico editore.

L’opera si sofferma su vicende cruciali nella storia della Corsica. Dal 1729 al 1768 l’isola è stata attraversata da una serie pressoché continua di sollevazione contro il dominio genovese. Resistette grazie ai rifornimenti ottenuti attraverso traffici illeciti. Nell’ultima fase del conflitto, quella più marcatamente rivoluzionaria, emerse un unico protagonista del contrabbando marittimo, la marineria napoletana. Essa fu pure partecipe dell’estensione del conflitto al mare nella forma dell’azione corsara contro i bastimenti mercantili genovesi.

Le guerre di Corsica rappresentano un fenomeno singolare, poco studiato e complesso nel panorama del Settecento europeo. Per circa quarant’anni, dal 1729 al 1768, l’isola provò a ridefinire i rapporti di forza con la Dominante, finendo travolta in una guerra civile fra còrsi insorti e còrsi leali a Genova, sino all’ascesa di Pasquale Paoli che riuscì a compattare il fronte dei ribelli.

E’ in questa fase, quando la sollevazione assunse i caratteri di rivoluzione, di lotta generale e corale per l’indipendenza dell’isola, che si assiste ad un forte protagonismo della marineria napoletana e siciliana, impegnata in azioni di corsa e contrabbando.

Si creò una fitta rete di banditi sardi, fuoriusciti corsi, patroni di bastimento e marinai napoletani e siciliani che approvvigionavano i sollevati di fucili, cannoni, polvere da sparo, palle da fucile e cannone, ma anche di beni di prima necessità come il sale, sfidando il monopolio dell’importazione nelle mani della Casa di San Giorgio. Le feluche dei contrabbandieri garantivano inoltre l’esportazione dall’isola di grano, castagne, vino, cera, legname, olio ed una via di fuga per i disertori delle truppe genovesi, ma furono pure impegnate in veri e propri assalti ai mercantili battenti bandiera genovese.

Il porto di Livorno, in Toscana, ma anche l’isola d’Elba, Portoferraio e Porto Longone, nello Stato dei Presidi, governato da Ferdinando IV di Borbone, funsero da snodi nell’Italia continentale, mentre la spiaggia delle Prunete divenne il principale emporio commerciale della Corsica e la base navale della sua marina corsara, rimanendo tale fino al consolidamento del controllo sul Capocorso e mantenendo comunque un ruolo di primo piano fino a quando i sollevati vennero definitivamente sconfitti dai francesi.

I corsari-contrabbandieri di Pasquali Paoli si servirono di doppie e false identità, finte patenti, documenti contraffatti e mimetismo di bandiera per mascherare la natura dei propri bastimenti e celare ogni identità e attività ai battelli armati genovesi.

La Corsica aveva una tradizione marittima geograficamente concentrata al Capocorso, all’isola di Capraia ed alle quattro piazze di Bastia, Aiaccio, Calvi e Bonifacio. Fino al 1759-60 il Capocorso si tenne fedele a Genova, Capraia venne conquistata dai sollevati solo nel 1767, Bastia, Aiaccio e Calvi rimasero in mano genovese fino al 1764, quando passarono sotto controllo francese, Bonifacio restò genovese fino al 1768. Giocoforza, per far vivere la rivoluzione e rifornire le proprie truppe di armi e munizioni nonché per organizzare la sua forza navale, il governo di Paoli dovette reclutare gente di mare all’esterno. Trovò un’ampia risposta nella marineria napoletana, sicuramente per i contatti con l’ambiente partenopeo maturati da Paoli nel suo passato di ufficiale nell’esercito napoletano, ma altrettanto sicuramente per la vitalità del mondo marittimo napoletano e siciliano, tradizionale frequentatore delle acque di Corsica nella pesca del corallo e molto presente nel Tirreno settentrionale.

Genova si vide allora costretta a concentrare la propria attenzione nella repressione del fenomeno, rallentando con le operazioni militari terrestri e destinando tutte le risorse nella mobilitazione di bastimenti da guerra per imporre il blocco navale ai litorali controllati dagli insorti.

L’intensità dell’iniziativa dei contrabbandieri napoletani andò mitigandosi grazie ai bandi proibitivi e altre misure adottate dalla corte di Napoli per poi cessare lentamente, a partire dal 1764-1765, in relazione al disimpegno genovese dalla Corsica col trattato di Compiègne ed al passaggio del controllo territoriale dell’isola alle truppe francesi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

 

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