Francesco Mastriani, il verista napoletano

Il giornalismo e soprattutto la letteratura napoletana dell’Ottocento sono dominati da Francesco Mastriani, l’instancabile autore di oltre cento romanzi, ancora oggi molto apprezzati dai lettori. Ne abbiamo parlato con Rosario Mastriani, discendente diretto del romanziere. Quando ha scoperto l’avo scrittore e quanto questa presenza la incuriosiva da bambino/ragazzo?

Io sono un discendente diretto di Francesco Mastriani; egli era il nonno di mio nonno Emilio, padre del mio defunto genitore Eugenio. Purtroppo mio nonno Emilio l’ho conosciuto poco, essendo morto nel gennaio del 1959, ed io essendo nato nel maggio del 1951, non ho avuto molte occasioni di frequentarlo, anche perché i miei genitori abitavano a Fuorigrotta, in via Cavalleggeri d’Aosta, e lui alle Fontanelle; in quei tempi non possedevamo l’automobile, e muoversi con i mezzi pubblici a Napoli, non era agevole, e spostarsi da Cavalleggeri alle Fontanelle (è questa una strada che si trova nel rione della Sanità, zona in cui ci sono nato pure io), era davvero un’impresa! Mastriani scrittore l’ho scoperto agli inizi degli anni ’60, cioè quando ho iniziato le scuole medie inferiori a piazza Cavour; mio padre mi aveva accennato che avevamo avuto un antenato famoso ma i primi suoi libri li ho scoperti grazie all’altro mio nonno, quello materno, il quale aveva una bancarella a via Foria, dove vendeva giornaletti e libri usati, e tra questi libri scoprii i primi romanzi del mio avo che ristampava la Lucchi di Milano e la Bideri di Napoli, e cioè La Cieca di Sorrento, La Contessa di Montes, La Sepolta viva, Il Barcaiuolo d’Amalfi, Maddalena, Ciccio il pizzaiolo, e cos’ abbandonai i miei autori preferiti, ero un adolescente, ma già avevo la passione per la lettura, cioè Salgari, Verne e Dumas padre, e cominciai ad appassionarmi a Francesco Mastriani, ma non solo per amor filiale, ma perché mi piacevano quei romanzi che parlavano… napoletano, della mia città, della mia gente. Nessun autore mi ha fatto provare le emozioni come quelle che provavo leggendo alcune pagine dei romanzi del mio avo. E da quegli anni ’60 ho iniziato a collezionare i suoi romanzi, ed oggi le posso dire che io e mio cugino Emilio, siamo forse gli unici al mondo a possedere la collezione completa dei romanzi di Francesco Mastriani, ben 105 titoli, molto dei quali possediamo le edizioni originali.

Francesco Mastriani nonostante fosse molto amato dai napoletani e avesse precorso i tempi, è considerato il padre del romanzo giallo italiano ed ha scritto di vampiri prima di Stoker, è vissuto sempre in povertà, come mai?

In verità Mastriani ha scritto un romanzo intitolato I Vampiri – Napoli, Gargiulo, 1868, ma era un romanzo di genere umoristico, e questi vampiri non erano, per intenderci, i mostri tipo Conte Dracula, ma erano dei personaggi del popolo ben conosciuti da Mastriani, che li considerava dei succhiatori di sangue della povera gente: gli usurai, quelli cioè che prestavano somme di danaro con interessi esorbitanti, e i padroni di casa, quelli che davano le case in affitto; e dei proprietari di appartamenti lo scrittore purtroppo ne ha conosciuti molti, egli infatti ha avuto solo case in affitto e ha effettuato, nel corso della sua vita, ben 20 traslochi! Invece il romanzo per cui egli è stato considerato il primo scrittore del genere giallo, è Il mio cadavere – Napoli, Omnibus, 1852. Ma io che ho letto tutta la produzione letteraria dello scrittore, le posso assicurare che oltre a Il mio cadavere, ce ne sono tanti altri di romanzi che si possono considerare dei veri e propri gialli. Ne cito qualcuno; L’occhio del morto, Il suicida, L’assassinio in via Portacarrese a Montecalvario, La figlia del boscaiuolo, La jena delle Fontanelle, Pasquale il calzolaio di S.Antonio Abate.
Mastriani oltre ad essere considerato il primo scrittore di romanzi gialli in Italia, egli è stato valutato anche: il rappresentante del Verismo in Italia; il più notabile scrittore del romanzo d’appendice; il massimo esponente del cosiddetto Basso Romanticismo; uno dei massimi sostenitori del Meridionalismo e della famosa Questione Meridionale. Nella maggior parte dei romanzi del Mastriani (antesignano di Saviano e della sua Gomorra) sono delineate virtuosamente molteplici situazioni di estrema miseria sociale ed ignoranza stratificata che sfociano, molto spesso, in tremende vendette e fatti di sangue. Come mai Mastriani è vissuto sempre in povertà? Una risposta veritiera la da Giovanni Bovio che scrisse una targa che è murata sulla facciata del Teatro San Ferdinando di Napoli: Francesco Mastriani fu l’individuazione di questo popolo napoletano, lavorare e sognare. Soffrire pazientemente e morire. S’intendevano l’un l’altro. Egli aveva visitato l’ultimo tugurio e il popolo si riconosceva in lui. In un altro Paese sarebbe diventato ricco, ma l’Italia, povera come lui non merita rimproveri Io aggiungo che se invece di nascere a Napoli, fosse nato a Parigi, sarebbe diventato milionario!… e forse io per ragioni esistenziali non sarei stato costretto ad emigrare qui in Emilia! Scusi questo piccolo sfogo, torniamo a Mastriani. Diciamo che quando iniziò la sua carriera di scrittore, verso la metà del XIX sec. le sue condizioni economiche erano abbastanza agevoli, per cui con la tranquillità economica, poté dare alla luce i suoi migliori lavori, anche se doveva scrivere sotto la forbice della censura borbonica, che specie dopo il burrascoso ’48, fu davvero feroce, e come scrisse Mastriani nella prefazione che le ho accluso: “il primo romanzo ch’io pubblicai fu Sotto altro cielo; ma questo lavoro, venuto in luce nel burrascoso 1848, fu appena noto a pochissimi; e perciocché era scritto con liberi sensi, io dovetti seppellirne le copie per paura della polizia del Peccheneda. Davvero che fu bel coraggio civile il mio nel metter fuora una decina di romanzi in un tempo in cui nessuno arrischiavasi di pubblicare in Napoli un rigo di stampa. E in quel tempo della più feroce reazione borbonica io detti alla luce l’un dopo l’altro: Sotto altro cielo, la Cieca di Sorrento, Il Mio Cadavere, Federico Lennois, la Comare di Borgo Loreto, il Conte di Castelmoresco, Angiolina, La poltrona del diavolo, Matteo l’idiota, e parecchi lavori di genere umoristico.” Sempre in questa prefazione, lo scrittore da una delle ragioni per cui a Napoli non raggiunse una posizione economica non di povertà: “ Non ci è stato e né ci sarà in Italia uno scrittore che sia stato moralmente e materialmente più bistrattato di me da quei carnefici del pensiero che si domandano editori e librai. Non furono paghi costoro di profittare delle mie angustie economiche coll’offerirmi tali compensi che ho vergogna di diffinire; ma gittarono nel fango i miei poveri libri con certe edizionacce da chiodi, con cartaccia da avvolgervi i salami, e zeppe di strafalcioni di stampa da farmi sgrammaticare ad ogni rigo”. Con l’Unità d’Italia, cominciò a scrivere i romanzi sociali, quelli della cosiddetta trilogia socialista: I Misteri di Napoli, Le Ombre, I Vermi; e fu quello un altro periodo tranquillo della sua vita. Ma dopo, vuoi per la sua salute che cominciò a peggiorare, vuoi per il dolore per la morte di tre dei suoi quattro figli, il povero Mastriani cominciò a perdere quella serenità e tranquillità per scrivere a modo e i suoi ultimi romanzi, e che furono pubblicati sulle appendici del quotidiano Roma in prevalenza, vennero fuori con quella fretta dettata dal bisogno di scrivere per mangiare, quindi anche dal punto di vista letterario, non erano dei capolavori, e come scrisse la Serao nel suo articolo necrologo, Mastriani compilò le sue ultime appendici sul letto di morte, e la penna anche per lui divenne una croce. Sembra incredibile che per aiutare la moglie per le spese del funerale, dovettero fare una colletta, per cui è più che giusta la frase che il mio avo disse in un momento di sconforto: Che somma sventura è nascere a Napoli!

Matilde Serao nel suo necrologio ricorda come il nostro in una sola circostanza abbia abbandonato la sua modestia: nella prefazione a “I Drammi di Napoli”, lamentando l’ostilità nei suoi confronti del De Sanctis che aveva definito Dalbono il “più napolitano degli scrittori napolitani”, mentre Petrucelli della Gattina aveva definito “luoghi comunui” i suoi romanzi, rivendicò con orgoglio l’aver scritto romanzi veristi prima di Emilie Zola. Come mai secondo lei queste “dimenticanze”, ritiene che a Mastriani possa essere stato fatto pagare l’aver lavorato presso il Giornale delle Due Sicilie dopo il 1848?

Penso proprio che la collaborazione di Mastriani col Giornale del Regno delle Due Sicilie (e anche col giornale ministeriale L’Ordine) abbia influito sul giudizio negativo espresso nei suoi confronti dal De Sanctis. Mastriani iniziò la sua attività letteraria collaborando in piccoli giornali di costume dell’epoca, come Il Sibilo, Il lume a gas, La Rondinella, Il Pungolo ed altri, ma senz’altro la nomina di compilatore di quei giornali borbonici, avvenuta nell’anno 1851, non fu per lui positiva; intanto il Direttore dell’Interno, Ramo Polizia che lo nominò, Gaetano Peccheneda, non gli assegnò alcun stipendio, solo con la morte di costui e la nomina a Direttore di don Oronzo Mazza, all’inizio dell’anno 1855 cominciò a percepire qualche compenso. Comunque doveva scrivere ciò che non pensava, tanto vero per una frase che scrisse: Nessun popolo è tanto meritevole di libertà come il popolo napolitano, Peccheneda, irritatissimo nei suoi confronti, gli disse che se continuava a scrivere di quelle cose, se ne poteva andare da Napoli. La sua collaborazione giornalistica cessò nel 1864, infatti verso la fine dell’anno precedente gli fu comunicato da Torino il Decreto N.1384, che in data 19 luglio veniva messo in disponibilità unitamente ai suoi colleghi compilatori dell’ex Giornale delle Due Sicilie. Dopo l’Unità d’Italia aveva collaborato prima col Giornale di Napoli e poi rimase aggregato alla Stamperia Nazionale. Mio cugino Emilio ha analizzato con sagacia il motivo della polemica De Sanctis-Mastriani. All’epoca del fatto De Sanctis era un politico, e come tale, condizionato dalla politica. Difatti il critico letterario fu parlamentare in ben otto legislature e anche Ministro della Pubblica Istruzione nei Governi di Cavour e di Ricasoli; È impensabile che un uomo acculturato come lui non abbia mai preso in mano un romanzo di Mastriani, non aver letto I vermi, Le Ombre, I Misteri di Napoli. Non poteva lui anti-borbonico, rappresentante del Governo di Unità Nazionale, incensare Mastriani, ritenuto un filo-borbonico. Ma oltre al De Sanctis e al Petruccelli della Gattina, anche altri critici non furono molto teneri nel loro giudizio su Mastriani, e tra questi ricordo Federico Verdinois e la Gina Algranati, la quale addirittura affermò che: Mastriani all’arte non giunse mai, né vale giustificare che i suoi grandi nemici, la fame e la fretta, sempre in agguato gli tarparono le ali, non c’era in lui la potenza della creazione vera e la dimenticanza che lo ricopre a vent’anni dalla morte (la Algranati scrisse questa critica nel 1914) è una limpida prova che ciò che non è bellezza non si perpetua, e che morì sperando in una gloria postuma che non gli fu attribuita. Ma ci fu anche chi dedicò belle parole a Mastriani come la Jessie White Mario che scrisse: Chi vuole apprezzare i lavori del Mastriani deve prima veder Napoli, poi leggerli; se no chiuderà i suoi libri, dicendo .- Queste sono esagerazioni di un romanziere, sogno di rivoluzionario. – ma dopo aver visto coi propri occhi esclamerà mestamente – pur troppo egli ha scritto la verità, null’altro che la verità, ma non tutta la verità! Anche la Serao nel suo necrologio dell’8 gennaio 1891, apparso sul giornale Il Corriere di Napoli, scrisse bene di Mastriani pur criticando il suo sfogo sul Verismo, giusta però la sua analisi nell’affermare che Mastriani non aveva tutti i torti nel dire che prima di Emilio Zola aveva fatto il romanzo verista, ma aveva avuto il torto di volersi misurare con Emilio Zola. Ricordo che questo sfogo di Mastriani lo troviamo, oltre che nella prefazione de I Drammi di Napoli, anche in quella che fece per Gennaro Salvati. In quale genere letterario collocare dunque Francesco Mastriani?, verista? appendicista (ricordo che 78 dei suoi 105 romanzi, li pubblicò sulle appendici di giornali)? o altro? A parer nostro, mio e di Emilio, senza dubbio alcuno, il romanziere Francesco Mastriani è da considerare il “verista per eccellenza della reatà napoletana”, se non l’ inventore tout court del romanzo verista.
Concludo questa mia terza risposta, con un altro pensiero di mio cugino Emilio: Altro errore di Francesco Mastriani fu quello di non aver mai frequentato circoli letterari, né partecipato a conferenze, simposi e convegni. Ciò le fece passare per un solitario che snobbava gli incontri con gli altri letterati. Ciò non è assolutamente vero. Egli preferiva dedicare quei pochi attimi di libertà dal lavoro, alla sua famiglia che adorava alla follia.

Carlo Tito Dalbono è oggi un nome che ai più non dice niente, con buona pace di Francesco De Sanctis, invece le opere di Francesco Mastriani sono state ristampate senza sosta dal 1891 ad oggi. Anzi sempre più spesso dei docenti universitari si stanno occupando della sua produzione letteraria. Ritiene ancora attuale il pensiero di Mastriani?

È vero, con la buona pace di De Sanctis, dell’Algranati , le opere di Francesco Mastriani si continuano a pubblicare anche nel terzo millennio! E l’ultimo a farlo è stato proprio lei, egregio signor Vincenzo, con la pubblicazione del romanzo Nerone in Napoli, nell’ottobre dell’anno 2015. Ma anche altri scrittori ed editori stanno riscoprendo Francesco Mastriani, tanto per fare qualche nome, Divier Nelli nel 2010 per la Rusconi ha pubblicato il romanzo Il mio cadavere, al quale ha fatto però una sorta di lifting o restauro per permettere ai lettori del XXI secolo di leggerlo con più agio e di apprezzarlo. Ricordo la studiosa Anna Geltrude Pessina, che nel 2013 ha pubblicato per Tullio Pironti Editore di Napoli, Francesco Mastriani: un escluso. E ancora la Cristiana Anna Addesso, che oltre a collaborare con noi cugini Rosario ed Emilio nella pubblicazione del saggio Che somma sventura è nascere a Napoli – bio-bibliografia di Francesco Mastriani, per Aracne editrice, ha pubblicato anche Francesco Mastriani a teatro, nel 2009 e un altro lavoro di Mastriani: Novelle scene e racconti – con appendici di testi inediti, nel 2012. Anche Avagliano Editore, nel 2009 ha ristampato il capolavoro di Francesco Mastriani: La Cieca di Sorrento. Direi quindi che il pensiero di Mastriani sia tutt’oggi attuale, e ricordo altri studiosi contemporanei continuano ad occuparsi dello scrittore: Pasquale Sabbatino, Tommaso Scappaticci, Francesco Guardiani, Carlo Avilio, Clara Borrelli, Patricia Bianchi, Nadia Ciampaglia, e sembra addirittura che uno studioso giapponese – è una notizia che ha trovato l’Addesso – si stia interessando alla produzione letteraria di Mastriani; e cito per ultimo il giovane studioso Emanuele Cerullo che ha nel cassetto alcuni progetti molto interessanti sullo scrittore napoletano.

Si legge su wikipedia che a Napoli solo una strada senza alcun numero civico, quindi di fatto inesistente, ricorda Francesco Mastriani. Non è troppo poco per un uomo che dedicò la sua lunga attività letteraria a Napoli, non allontandosi quasi mai dalle sue mura. Ritiene possibile rilanciare ulteriormente la sua figura?

Purtroppo è vero, neppure le istituzioni politiche napoletane si sono mostrate molto riconoscenti nei confronti di Francesco Mastriani, dedicandogli solo quel misero vico. Francesco Mastriani, una traversa di via Tanucci, nei pressi di piazza Carlo III, e senza alcun numero civico. Davvero troppo poco, considerando l’amore che Mastriani ebbe per la sua Napoli. Ma ad onor di cronaca bisogna dire che a lui è dedicata una Scuola Media in via Poggioreale, proprio nei pressi del carcere, e poi la già citata targa nel Teatro San Ferdinando, e devo anche aggiungere la targa realizzata sulla facciata della casa in Penninata San Gennaro dei Poveri 29, dove lo sfortunato scrittore esalò il suo ultimo respiro che mancavano 10 minuti alla mezzanotte del 5 gennaio 1891. E a proposito di questa targa, della quale allego alcune foto, come si può vedere è stata deturpata da una tettoia che in parte la copre, io e in particolare mio cugino ci siamo impegnati, segnalando la cosa, alle autorità comunali, nella speranza che quell’oscena tettoia venisse rimossa, ma fino adesso senza alcun risultato. Segnalo infine che nel Museo di San Martino a Napoli, è esposto un busto di bronzo di Mastriani realizzato dall’artista Filippo Cifariello. Ritengo possibilissimo un rilancio della figura di Mastriani, e a tal proposito devo dirle che io e mio cugino Emilio ci stiamo impegnando al massimo affinché questo obiettivo, che è poi un nostro sogno, si realizzi. Diciamo che abbiamo iniziato l’operazione il 25 settembre dell’anno appena trascorso, quando nel Caffè Letterario di Villa favorita di Ercolano, con la collaborazione del prof. Gennaro Mantile, Presidente dell’Associazione Nazionale Mondo Scuola, organizzammo un convegno su Vita, pensiero ed opere di Francesco Mastriani. Direi che l’iniziativa ebbe un buon successo, è stata pubblicata anche su alcuni quotidiani napoletani ed intervennero personalità letterarie, come la Anna Geltrude Pessina, la Clara Borrelli, il giovane studioso Emanuele Cerullo, e alcune personalità politiche di Ercolano e Torre del Greco. Io e mio cugino Emilio ci siamo prefissati due obiettivi, il primo è appunto quello di rivalutare la figura di Mastriani e ci siamo posti preposti di raggiungere questo traguardo entro il 19 novembre 2019 che coincide con il bicentenario della nascita dello scrittore che, ricordo, nacque a Napoli il 19 novembre 1819. Per questa iniziativa vorremmo coinvolgere quante più personalità, sia letterarie che politiche, giornalistiche, editoriali, ma anche semplici persone che amano Francesco Mastriani. Il secondo obiettivo, pure importante, è quello di voler pubblicare 32 romanzi di Mastriani che consideriamo degli inediti, nel senso che essi vennero pubblicati solo sulle appendici del giornale Roma, e mai pubblicati in volumi da alcun editore.

Quale romanzo di Francesco Mastriani preferisce e perché ?

La sesta domanda a cui devo rispondere non è per me difficile ma imbarazzante …, infatti, non è tanto semplice scegliere tra i 105 romanzi che Mastriani ha scritto, qual’ è quello che mi è piaciuto di più. Già ho detto che li ho letti e studiati tutti; diciamo che quello che ho letto di più è stato La Cieca di Sorrento, seguito da I Misteri di Napoli. La prima volta ho letto delle ristampe, ma poi trovate le edizioni originali, non le ho più abbandonate. Checché ne dica Divier Nelli, l’autore che ha rispolverato Il mio cadavere, che i romanzi di Mastriani andrebbero restaurati per rendere la loro lettura più agevole, io preferisco leggerli nelle edizioni originali, con quell’italiano arcaico e con tanti vocaboli desueti dei quali ignoro il significato. Io e mio cugino Emilio, se gli editori ai quali ci siamo rivolti per la pubblicazione degli inediti sono d’accordo, abbiamo deciso di darli alle stampe nella loro forma originale, eliminando solo qualche evidente strafalcione di stampa; e ho notato che lei signor Vincenzo, ha adottato lo stesso sistema nella pubblicazione di Nerone in Napoli. La Cieca di Sorrento è considerato da molti, compreso il figlio Filippo, il capolavoro di Mastriani, e su ciò sono d’accordo pure io. Oltretutto è questo il romanzo di cui sono state fatte le maggiori ristampe, e non solo a Napoli, ma anche a Milano, Genova, Firenze, Roma, Vicenza; ed è stato tradotto anche in spagnolo, tedesco e ceco. Inoltre di esso ci sono state riduzioni teatrali e cinematografiche. Esso fu pubblicato la prima volta nel 1851 sulle appendici del giornale Omnibus e la stessa tipografia lo pubblicò in due volumi sempre nel 1851. Anche questo romanzo ha una vena gialla, in quanto nella sua trama ci troviamo un delitto, un tentato omicidio, una condanna a morte con relativa esecuzione. La storia è molto avvincente e si accentra su tre personaggi straordinari, Beatrice la bella cieca di Sorrento, suo padre il conte Rionero, e il dottor Oliviero Blackman o Nunzio Pisani che risulta poi essere il figlio dell’assassino della madre di Beatrice. Questo romanzo non lo leggevo… lo divoravo! Ed è uno dei pochi romanzi che leggendo alcune sue pagine, mi ritrovavo gli occhi umidi. Matilde Serao, nel suo necrologio sulla morte di Mastriani, scrive che la qualità nell’opera di Mastriani, specialmente nei romanzi scritti con calma, è l’emozione, e ricorda nella Cieca di Sorrento, in quella storia semplice e dolente, la scena in cui Oliviero Blackman fa l’operazione agli occhi della infelicissima fanciulla, il grido di ringraziamento che sgorga dal petto della creatura a cui è stata ridata la vista, e la Serao chiede se tutti coloro che hanno letto quella pagina, come lei stessa la Serao, non ha pianto di quell’emozione. Anche I Misteri di Napoli, pubblicato la prima volta nel 1869-70 in volumi, ha avuto edizioni in altre città (Milano, Firenze e La Spezia). Questo lavoro fa parte della cosiddetta Trilogia Socialista, cioè quel filone in cui si evidenzia di più il Mastriani verista; pur essendo stato scritto dopo I Vermi e Le Ombre (gli altri due romanzi della trilogia), mi ha appassionato di più, forse perché in esso è trattata a fondo la questione sociale della città; nella trama ci troviamo dei personaggi che potevano uscire solo dalla penna e dalla fantasia di Mastriani, personaggi appartenenti a ceti sociali diametralmente opposti: quello dei ricchi, avari e dissoluti proprietari, quello dei ladri e dei malfattori, e quello delle persone oneste. Condivido l’analisi della Serao quando scrive che il concetto del bene e del male era molto rudimentale in Mastriani: i suoi personaggi erano o troppo buoni o troppo cattivi e trovare la bontà nella perversità o la malizia nella bontà, è opera acuta e lunga. Il mondo morale di Mastriani aveva pochi e semplici criteri: l’eterno dissidio tra gli oppressori e i deboli, tra le vittime e i carnefici. E questo concetto lo troviamo abbondantemente nelle pagine dei Misteri di Napoli, tra personaggi estremamente buoni come Marta e Onesimo, o perversi come i ricchi duchi di Massa Vitelli o i delinquenti come Pilato lo strangolatore o Serafino o’ cecatiello. Ma anche il romanzo Le Ombre, incentrato sulla figura di Rocco Damiano e la sua sventurata figlia Margherita, mi è piaciuto moltissimo. Devo poi citare due romanzi storici, che pure hanno lasciato un segno su di me. Essi sono Luigia Sanfelice . Memorie del 1799 (pubblicato anche con il titolo di Due feste al Mercato) e I Lazzari. Nel primo è descritta a fondo la nascita e la fine della gloriosa Repubblica Partenopea, nata sotto i venti di libertà provenienti dalla Francia, e che in quel periodo a Napoli videro andare al patibolo, durante la feroce reazione borbonica, personaggi come Luigia Sanfelice, Eleonora Pimentel Fonseca, Domenico Cirillo, Mario Pagano. Nei Lazzari invece il periodo storico è quello del burrascoso 1848, quando le speranze di libertà del popolo napoletano crollarono insieme alle tante barricate erette in diversi punti della città. Siccome in questo periodo sto dedicandomi agli inediti di Mastriani, devo dire intanto che in quasi tutti questi romanzi ci troviamo il Mastriani più verista, quello che le trame dei suoi romanzi se li andava a cercare tra i vicoli della sua città o prendendo lo spunto da episodi di cronaca veramente accaduti. E tra quelli che mi hanno particolarmente colpito segnalo Lucia la Muzzonara, Rosella la spigaiola del Pendino e La Jena delle Fontanelle. In quest’ultimo romanzo la trama si svolge in prevalenza nel quartiere dove sono nato io, la Sanità, e il romanzo si conclude con queste parole: Le vecchie comari, le balie e le nonne della Sanità, quando vogliono mettere paura ai fanciulletti indocili e impertinenti, li minacciano coi fantasmi del Mammone e della Jena delle Fontanelle.

Non soltanto l’illustre romanziere, la famiglia Mastriani ha dato alla repubblica delle lettere anche Raffaele, autore, tra le altre opere, del Dizionario Storico Geografico del Regno delle Due Sicilie; Giuseppe, fratello, autore tra le altre opere di una “Tragicomedia delle banche usure del 1870” e Filippo, romanziere come suo padre. Tre uomini, tre generazioni, tutto l’Ottocento napoletano. Ce li può descrivere brevemente?

Ed ecco la settima ed ultima domanda. Io e mio cugino Emilio di siamo dedicati principalmente al romanziere Francesco Mastriani ma, è vero, nell’ottocento, ma pure nel secolo successivo, ci sono stati altri Mastriani che hanno dato lustro al casato. Il Raffaele che lei ha indicato, figlio di Ferdinando (fratello del padre di Francesco), quindi suo cugino di primo grado e che in seguito diventò suo suocero (infatti Francesco sposò Concetta Mastriani appunto figlia di suo cugino Raffaele), uomo di immensa cultura, fu lo Storico del Regno, ed oltre al Dizionario geografico-storico-civile del Regno delle Due Sicilie, tradusse in napoletano la Divina Commedia di Dante, che titolò: Dante sbrugliato, schiaruto, arredutto in prosa con la lengua napolitana e le chiacchiere di tutte li cummentature. L’intento morale ed il fine popolare di Raffaele erano de fa scennere la cunuscenza de stu bellissimo libro a lu popolo vascio, affermando la grande validità e possibilità espressive del dialetto napoletano. Giuseppe suo fratello oltre al lavoretto, come egli stesso l’ha definito Tragicommedia delle Banche-Usura del 1870, ha scritto pure Notomia Morale ossia Calcolo di probabilità dei sentimenti, delle passioni e degli atti umani. Nessuno dei due si è dedicato alla narrativa, attività invece svolta da Filippo, unico figlio superstite di Francesco Mastriani. Molti i romanzi e i racconti scritti da Filippo, ma secondo me il lavoro più interessante che ha realizzato è stato il saggio bio-biografico Cenni sulla vita e sulle opere di Francesco Mastriani che scrisse e pubblicò pochi mesi dopo la morte di suo padre Francesco. Come suo padre, anche Filippo vantava buone conoscenze linguistiche, grazie alle quali realizzo traduzioni dal tedesco e dall’inglese, tra le quali va ricordata la traduzione di Lo scritto rosso, un racconto di Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes. Sono 12 i romanzi accreditati a Filippo, tra i quali sono da ricordare Un camorrista di 15 anni e Amori e delitti dei briganti Cipriano e Giona La Gala, pertanto uno studio su Filippo Mastriani, oscurato nel cono d’ombra del suo amatissimo padre, è ancora tutto da compiere. Ma oltre a questi tre letterati bisogna ricordarne un altro ottocentesco e cioè Federico Mastriani, nipote di Francesco (figlio di suo fratello Giuseppe) che nacque a Napoli nel 1840 e morì nel 1888. Scrisse alcuni romanzi tra il quale il più noto è certamente Pasquale Passaguai, da ricordare anche Il Trovatore, La Forza del destino, romanzo da cui fu tratto il libretto dell’opera verdiano. Ma la vena che gli era più congeniale fu senz’altro quella ironica e grottesca, scrisse molti Scherzi in un atto, ovvero brevi farse liberamente tratte dal francese e che divennero il repertorio di varie compagnie teatrali. Riguardo a Filippo e Federico bisogna fare una nota: per entrambi l’iniziale del nome era “F” (Filippo e Federico), e questa coincidenza fu per Francesco un danno… infatti lo stesso scrittore nella sua prefazione per Salvati scrisse: Il libraio Chiurazzi comperava da mio nipote Federico una novelletta, un racconto, un romanzetto qualunque che si facea scrivere appositamente; e su la copertina del libercolo ponea F.Mastriani per dare a credere al rispettabile pubblico che quel romanzetto fosse pure opera mia; giacché quella F…iniziale s’intendea sempre per Francesco. Ma altri editori effettuarono la stessa furberia con Filippo. Concludo la carrellata sui Mastriani con Adolfo, fratello di mio padre Eugenio e di Luigi, padre di mio cugino Emilio. Secondo di 9 figli di nostro nonno Emilio. Adolfo Edmondo Mastriani è stato pure l’ultimo dei figli di Emilio a morire, due anni orsono, alla bell’età di 97 anni! Era un pittore, sue opere si trovano presso collezionisti privati in Italia e all’estero, molte sono esposte nel Museo Missionario dei Cappuccini di Palermo e in alcune chiese della Sicilia orientale. Ma oltre alla pittura si è dedicato anche alla narrativa e per la Mori di Palermo ha pubblicato nel 1974 il romanzo Napoli was captured; altri due sue lavori inediti sono Dizionario delle umane follie e Il pianto di quel paradiso. Come ha notato mio cugino Emilio, onestà e cultura erano il pane quotidiano dei Mastriani, del resto il motto della famiglia Mastriani che il romanziere aveva adottato, preso dal libro dei Salmi, era il seguente Diverte a malo et fac bonume: inquire pacem, et persequere eam ( rifuggi il male ed opera il bene: cerca la pace, e perseguila sempre).

 

 

Autore intervista: Vincenzo d’Amico, editore, bibliofilo, studioso di giornali napoletani di fine Ottocento

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