Il conflitto italo-brasiliano del 1896

Pochi ricordano il conflitto italo-brasiliano che stava per scoppiare nel 1896. A seguito dell’intensificarsi dell’emigrazione italiana in Sud America e dell’approfondirsi dei legami commerciali col continente allo scopo di assicurate protezione agli emigranti e agli interessi italiani fin dal 1853 la Regia Marina sarda istituì la stazione navale del Rio della Plata, un nucleo di navi permanentemente dislocate in quelle acque, che ebbe lunga e movimentata vita al punto che più volte crebbe fino alla forza di una divisione navale.

La crisi peggiore che dovette affrontare si presentò nel 1895 quando una serie di gravi violenze xenofobe a seguito di disordini politici colpì la comunità italiana che chiese protezione a Roma. Malgrado il governo brasiliano si fosse impegnato a far cessare le violenze e risarcire i danni nulla segui di concreto e nell’agosto del 1896 la situazione sembrò degenerare quando una specie di insurrezione anti-italiana scoppiò a San Paolo, Santos e Pernabuco con violenze e saccheggi.

Vista la passività del governo brasiliano, il governo italiano ordinò una dimostrazione navale e nello stesso mese Re Umberto firmò un decreto che istituiva la “squadra dell’Atlantico”(cosa a cui si diede ampia pubblicità anche sulla stampa brasiliana e argentina, queste diedero molto rilievo alla cosa e i cui commenti facevano trasparire preoccupazione) e si procedette all’invio di un plenipotenziario a Rio per trattare col governo brasiliano.

Per trasportarlo a Rio fu inviato l’incrociatore Piemonte giunto il 23 settembre e i cui ufficiali approfittarono dell’occasione per raccogliere informazioni sullo stato delle difese costiere e della flotta brasiliana.
Intanto a Roma la marina, pur preoccupata da una missione impegnativa a 6000 miglia dalla madrepatria continuava la preparazione della dimostrazione navale anche se rilevava che la missione avrebbe allontanato dal mediterraneo forze rilevati in un momento in cui i rapporti con la Francia non erano buoni che sarebbe stata costosissima e avrebbe messo in ulteriore pericolo la nostra comunità.

Se si fosse deciso di attuarla si sarebbe dovuto creare centri informativi a Buenos Aires, Montevideo e New York e una volta che la squadra fosse giunta sul posto avrebbe dovuto agire con energia e rapidità.
Preliminarmente con alcune rapide azioni contro obiettivi costieri e catturando qualche piroscafo si sarebbe attirato la flotta brasiliana (giudicata mediocrissima ma condotta da ufficiali aggressivi) fuori dalle sue basi per batterla in mare aperto. Subito dopo averla eliminata, o se essa avesse evitato il confronto rimanendo in porto, se il governo brasiliano non avesse dato soddisfazione si sarebbe dovuto porre il blocco a Rio e eventualmente occupare il porto di Santos che avrebbe costituito la base operativa e il reddito delle cui dogane avrebbe in parte coperto le spese dell’azione.

Si prospettava un’azione della durata massima di cinque mesi con un consumo di 40000 tonnellate di carbone oltre a viveri e munizioni, tutti rifornimenti che si sarebbero dovuti inviare a Santos con cadenza settimanale tramite mercantili nazionali.

Le forze da impiegare sarebbero state le due corazzate rapide classe ITALIA, otto incrociatori protetti, quattro incrociatori ausiliari, sei torpediniere d’alto mare e quattro torpediniere costiere oltre a naviglio minore e ausiliario per il trasporto di carbone munizioni viveri e acqua tutte unità che iniziarono una preparazione alla missione.

Prima che il governo decidesse di date il via all’operazione il plenipotenziario italiano fortunatamente raggiunse un onorevole compromesso col governo brasiliano che accolse parte delle richieste italiane e stabilì le basi per la futura pacifica convivenza con le comunità italiane riconosciute necessarie allo sviluppo del paese.
Si evitò cosi una missione difficile e piena di incognite con sollievo della marina la cui mobilitazione però aveva probabilmente dato una forza negoziale maggiore al nostro plenipotenziario.

 

Autore articolo: Gianluca Bertozzi

Bibliografia: “1896 attacco al Brasile”, RID ottobre 2011; G. Giorgerini, Gli incrociatori italiani

 

 

Gianluca Bertozzi, laureato in Giurisprudenza, è studioso di storia militare

 

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