Il Sacco di Roma visto da Guicciardini

Guicciardini così descrisse il tremendo Sacco di Roma da parte dei lanzichenecchi di Carlo V d’Asburgo, il 6 maggio del 1527.

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Entrati dentro, cominciò ciascuno a discorrere tumultuosamente alla preda, non avendo rispetto, non solo al nome degli amici ed alle. autorità. e dignità dei prelati, ma. eziandio ai templi, ai monasteri, alle reliquie onorate dal concorso di tutto il mondo, ed alle cose sacre. Però sarebbe impossibile, non solo narrare, ma quasi immaginarsi le calamità, di quella città, destinata per ordine dei cieli a somma grandezza, ma eziandio a spesse direzioni, perché era l’anno DCCCCLXXX ch’era stata saccheggiata dai Goti; impossibile a narrare la grandezza della preda; essendovi accumulate tante ricchezze, e tante cose preziose e rare di cortigiani e di mercatanti. Ma la fece ancora maggiore la qualità e il numero grande dei prigioni che si ebbero a ricomperare con grossissime taglie: accumulando ancora la miseria e la infamia che molti prelati, presi dei soldati, massimamente da fanti tedeschi, che, per odio del nome della Chiesa romana, erano crudeli ed insolenti, erano, in su bestie vili con gli abiti e con le insegne della loro dignità, menati attorno con grandissimo vilipendio per tutta Roma, molti tormentati crudelissimamente, o morirono nei tormenti, e trattati di sorte che, pagata ch‘ebbero la taglia, finirono fra pochi giorni la vita. Morirono, tra nella battaglia e nell’impeto del sacco, circa quattromila uomini. Furono saccheggiati i palazzi di tutti i cardinali, eziandio del cardinale Colonna che non era con l’esercito, eccetto quei palazzi che, per salvare i mercatanti che vi erano rifuggiti con le robe loro, e così le persone e le robe di molti altri, fecero grossissima imposizione in denari; ed alcuni di quegli che si composero con gli Spagnuoli, furono poi o saccheggiati da Tedeschi, e si ebbero a ricomporre con loro. Compose la marchesana di Mantova il suo palazzo in cinquantamila ducati, che furono pagati dai mercatanti e da altri che vi erano rifuggiti; dei quali fu fama che don Ferrando, suo figliuolo, ne partecipasse di diecimila. Il cardinale di Siena dedicato, per antica eredità dei suoi maggiori, al nome imperiale, poich‘ebbe composto sè e il suo palazzo con gli Spagnuoli, fu fatto prigione da’ Tedeschi; e si ebbe, poiché gli fu saccheggiato da loro il palazzo, ed egli condotto in borgo col capo nudo con molte pugna, a riscuotere da loro con cinquemila ducati. Quasi simile calamità patirono i cardinali della Minerva ed il Ponzetta, i quali, fatti prigioni dai Tedeschi, pagarono la taglia, menati prima l’uno e l’altro di loro a processione vilmente per tutta Roma. I prelati e i cortigiani, spagnuoli e tedeschi, riputandosi sicuri dalle ingiurie delle loro nazioni, furono presi e trattati non manco acerbamente che gli altri.

Sentivansi i gridi, l’urla miserabili delle donne romane, e delle monache condotte a torme dai soldati per saziare la loro libidine, potendo veramente dirsi essere oscuri ai mortali i giudizi di Dio, che comportasse chela castità. famosa delle donne ro-. mane cadesse per forza in tanta bruttezza e miseria. Udivansi per tutto infiniti lamenti di quegli ch’erano miserabilmente tormentati parte per astrignerli a fare la taglia, parte per manifestare le robe ascoste. Tutte le cose sacre, i sacramenti e le reliquie dei santi, delle quali erano piene tutte le chiese, spogliate dei loro ornamenti, erano gittate per terra, aggiugnendovi la barbarie tedesca infiniti vilipendii, e quello che avanzò alla preda dei soldati (che furono le cose più vili) tolsero poi i villani dei Colonnesi che vennero dentro: pure il cardinale Colonna, che arrivò il di seguente, salvò molte donne fuggite in casa sua. Fu fama che tra danari, oro, argento, e gioie fosse ascese il sacco a più d’un milione di ducati, ma che di taglie avessero cavato ancora quantità molto maggiore.

 

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