Il Sansone dell’Estremadura

Diego Garcia de Paredes, meglio conosciuto come Il Sansone dell’Estremadura, fu capitano della guardia personale di Papa Alessandro VI, condotiero al servizio del Duca di Urbino e della famiglia Colonna; colonnello di fanteria dei Re Cattolici sotto il comando del Gran Capitano durante la conquista di Napoli; maestro di campo dell’Imperatore Massimiliano I, colonnello della Lega Santa e Cavaliere dello Sperone d’Oro al servizio di Carlo V. Fu il più famoso soldato spagnolo del tempo, ammirato dai suoi contemporanei come modello di coraggio, forza e gloria militare.
Uomo dal forte temperamento, fu al centro di numerosi litigi e duelli. Non era difficile trovarlo impegnato in una rissa in qualche taverna, così anche nella Barletta controllata dal Gran Capitano, fu sbattuto in carcere per sessanta giorni. Addirittura il il famoso medico Juan Sorapán de Rieros affermò che Paredes sostenne più di trecento duelli senza mai esser stato sconfitto.

Era nativo di Trujillo, figlio di Sancho Jiménez de Paredes e Juana de Torres, del casato dei Conti di Castrillo. Prese parte alla Reconquista, combattendo in Andalusia nel 1483 e distinguendosi subito per la sua forza erculea, sicuramente non calzante con un fisico di media altezza e magro. A quanto sembra da alcune cronache, non aveva statura da gigante, né muscoli enormi, non era neppure rigido e goffo, ma dotato di grande rapidità. La sua forza e l’audacia lo misero in mostra durante operazioni fatte da marce notturne, scalate, attacchi a sorpresa e corpo a corpo.

Gonzalo Fernandez de Cordoba, il Gran Capitano, lo promosse suo colonnello ed i due furono eccellenti amici. Paredes fu molto importante nella conquista del Regno di Napoli, in episodi cruciali come la Battaglia del Garigliano, nonostante ciò volle servire nelle truppe pontificie. Ciò accadde dopo l’omicidio di suo cugino Ruy Sanchez de Vargas in una rissa scoppiata in strada. In tale circostanza chiese riparo ai Borgia che lo assoldarono. Fu accanto a Cesare Borgia, soprattutto contro gli Orsini, sino a quando, in un’ennesia rissa, uccise ancora.

La leggenda del Sansone dell’Estremadura si diffuse rapidamente, bastarono imprese dai tratti ilari e picareschi come quella di Montefiascone dove risalì le mura su una scala e uccise le guardie colpendole con pugni sugli elmi di ferro, urlando: “Spagna! Spagna!”. Qualcosa del genere si ripetè a Cefalonia, contro i giannizzeri, dove spezzò le catene che lo tenevano prigioniero, abbattè la porta del carcere e prese a combattere accanto alla fanteria spagnola che aveva superato le mura.

La lista di battaglie e guerre a cui ha partecipato è infinita come le citazioni letterarie che lo riguardano, comprese quelle di Cervantes e di D’Azeglio.

Morì a Bologna nel 1534 per delle ferite riportate in una caduta da cavallo. Quando lavarono il cadavere prima di metterlo nella tomba, fu trovato coperto di cicatrici, conseguenza naturale di oltre quaranta anni di vita militare. Il suo corpo fu trasportato nella città nativa Trujillo, e sepolto nella chiesa di Santa Maria Mayor nel 1545.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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