La Sinagoga di Napoli

Un viottolo che si apre su Piazza dei Martiri conduce al settecentesco Palazzo Sessa, sede, al primo piano, della Comunità Ebraica e della Sinagoga di Napoli.

Quano Carl Mayer Rothschild giunse a Napoli erano gli anni venti dell’Ottocento. Vi giungeva per aprirvi la prima filiale della sua banca in Italia, su invito dei Borbone cui aveva concesso un cospicuo prestito per finanziare la spedizione austriaca del 1821. Abitò a Villa Acton, sulla Riviera di Chiaia, ed è questa villa – oggi nota come Villa Pignatelli Cortes d’Aragona – che fornì agli ebrei napoletani gli spazi adatti alla preghiera dopo la distruzione settecentesca del loro antico tempio.

Dal 1864 la comunità ebraica potè disporre degli ambienti di Palazzo Sessa, prima in affitto e poi, dal 1927, in proprietà.

Negli ambienti si distingue una lapide posta nel 1952 a ricordo dei deportati napoletani, vittime della Shoah: Davide Bivach, Luigi Del Monte, A. Corinna Foa d’Italia, Sergio Molco, Elda Procaccia Pacifici, Loris Pacifici, Luciana Pacifici, Amedeo Procaccia, Iole Benedetti Procaccia, Aldo Procaccia, Amedeo Paolo Procaccia, Franco Scacerdoti, Riccardo Salmoni e Milena Modigliani Procaccia.

Su un’altra parete, un tappeto in lana e seta recita benedizioni in ebraico a ricordo del settembre 1942, quando trentasei ebrei napoletani furono costretti al lavoro coatto a Tora e Piccilli, in provincia di Caserta.

Ciò che però più attrae è sicuramente la sala della sinagoga. Costituita da due ambienti separati da un arco, serba in fondo la tevah, il podio per la lettura della Torah, e l’aron, l’armadio che continere il Sefer Torah ovvero i Rotoli della legge, coperto dal parokhet, una tenda usata a protezione dell’aron.

Tutti gli arredi, o quasi, sono eredità Rothschild, buona parte di manifattura livornese come i rimmonim d’argento, pinnacoli usati per rivestire la parte superiore dei Rotoli della legge. Colpiscono l’occhio le menorah, i candelabri a sette o a nove braccia, importanti oggetti liturgici, che vengono accesi il venerdì sera per celebrare il sabato, giorno sacro per il popolo ebraico, ed un yad d’argento della seconda metà del XIX secolo, cioè il puntatore usato per guidare le letture pubbliche del Sefer Torah.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: G. Lacerenza (a cura di), La Comunità Ebraica di Napoli, 1864/2014 centocinquant’anni di storia

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