L’assedio di San Giovanni d’Acri del 1189

Ci sono stati differenti assedi della città di San Giovanni d’Acri. Il più famoso fu sicuramente l’ultimo, quello del 1291, che segnò la fine degli stati crociati. Cento anni prima, però, San Giovanni d’Acri era stata protagonista della Terza Crociata con un assedio avviato da Guido di Lusignano e completato da Riccardo Cuor di Leone.

Dopo aver perso la Battaglia di Hattin, arrendendosi a Saladino e giurando di lasciare la Terra Santa e non riprendere più le armi contro l’Islam in cambio della libertà e della vita, Guido di Lusignano, nell’agosto del 1189, tornò a combattere assediando San Giovanni d’Acri, un tempo cuore economico del Regno di Gerusalemme, che si era arresa ai musulmani pochi giorni dopo la disfatta di Hattin.

Guido di Lusignano lasciò Antiochia con un corpo di diverse decine di navi, centinaia di cavalieri e parecchie migliaia di soldati, tutti volontari inviati da Guglielmo II di Sicilia e da Ubaldo Lanfranchi, arcivescovo di Pisa, e raggiunse Tiro ancora in mani cristiane – con Tripoli ed Antiochia -, grazie al tempestivo arrivo di Corrado del Monferrato. Le porte della città però si tennero chiuse e Corrado del Monferrato rifiutò persino di riconoscere lo spergiuro Guido di Lusignano come re. Fu solo allora che si pensò all’assedio di San Giovanni d’Acri.

Perché? Era difficile recuperare Gerusalemme, fortemente protetta dai musulmani e dunque ci si orientò su un obbiettivo secondario ed inaspettato per il nemico. Probabilmente i crociati avrebbero potuto dirigersi verso Sidone, al centro di due roccaforti franche, Tiro e Tripoli, in modo da controllare l’intera striscia costiera e facilitare nuovi sbarchi di truppe. Forse San Giovanni d’Acri fu un errore tattico o forse si scelse questa città pensando che disponesse di più grandi ricchezze da destinare poi alla guerra. Ad ogni modo l’assedio iniziò.

Le truppe di stanza in città erano egiziane. Questo assedio fu sostenuto anzitutto via mare mentre tutt’intorno c’erano gli eserciti di Saladino, così i due schieramenti si fronteggiarono in ripetuti assalti che ebbero per tutti dei sacrifici altissimi. L’assedio durò due anni e costò decine di migliaia di vite morte in combattimento, ammalate o affamate. Secondo l’Itinerarium Peregrinorum et Gesta Regis Ricardi, tra le vittime ci furono anche il Patriarca di Gerusalemme, sei arcivescovi, dodici vescovi, quaranta conti e cinquecento baroni, costò anche al Regno di Gerusalemme una regina e due principesse, morte per la febbre nel campo d’assedio. Anche dopo l’arrivo di Riccardo Cuor di Leone, la vittoria non fu raggiunta con un’azione risolutiva, ma attraverso un lungo blocco navale che tagliò rifornimenti e rinforzi alla guarnigione egiziana.

L’appello ad una nuova crociata aveva scosso l’Europa: il Sacro Romano Imperatore, Federico Barbarossa, il re Enrico II d’Inghilterra, il re Filippo II di Francia, i Duchi d’Austria e Aquitania, i Conti di Champagne e delle Fiandre, centinaia di nobili, migliaia di cavalieri e di cittadini comuni “presero la croce” e si condussero in Terra Santa mobilitando con sé, ricchezze, legno, materiale da costruzione, vettovaglie, cavalli, macchine d’assedio, munizioni, materiale medico ed armi in gigantesche operazioni di trasporto. Il Barbarossa annegò nell’attraversamento d’un fiume in Anatolia ed il suo esercito fu decimato dalla malaria. Una flotta danese e dalla Frisia rimpiazzò quella dei siciliani, che si era ritirata quando era arrivata la notizia della morte di Guglielmo II. Arrivarono anche soldati francesi e fiamminghi guidati da Giacomo di Avesnes, Enrico I di Bar, Andrea di Brienne, Roberto II di Dreux e suo fratello Filippo di Dreux, vescovo di Beauvais; tedeschi al comando del Margravio Luigi III di Turingia e di Ottone I di Gheldria ed italiani condotti dall’arcivescovo Gerardo di Ravenna e dal vescovo di Verona. Luigi di Turingia riuscì pure a convincere Corrado del Monferrato, che era cugino di sua madre, ad inviare forze da Tiro. Quando Saladino fu informato di questi sviluppi, radunò le sue truppe e si portò a difesa di San Giovani d’Acri, schierandosi a semicerchio sul lato orientale ad accerchiare gli assedianti.

Le armate di Filippo II e di Riccardo d’Inghilterra, succeduto a suo padre Enrico II, restarono bloccate in Sicilia con l’assedio in corso ormai da 21 mesi. Filippo II, il primo a portarsi a San Giovanni d’Acri, non riuscì ad approfittare delle brecce che le sue macchine d’assedio aprirono nelle mura tra il giugno ed il luglio di quell’anno. Riccardo Cuor di Leone, invece, dopo aver perso tempo nella conquista di Cipro, portò scompiglio più nel campo cristiano che in quello musulmano perché i comandi francese ed inglese non si integrarono mai, pianificando attacchi autonomi all’insaputa l’uno dell’altro. Non fu dunque perseguito un programma di azione unico, nonostante ciò a Riccardo Cuor di Leone si deve l’aver condotto l’enorme flotta che poté finalmente bloccare i rifornimenti via mare ai musulmani, nonché gli uomini e le macchine d’assedio indispensabili a dettare la resa al nemico.

Il 7 luglio un egiziano riuscì a raggiungere a nuoto il campo di Saladino comunicandogli che mancava poco alla resta della città ed implorando il suo soccorso, ma il capo musulmano non offrì alcun supporto. Cinque giorni dopo, San Giovanni d’Acri s’arrese, finalmente era tornata ai cristiani.

Secondo gli accordi, agli egiziani fu lasciata la vita ed il permesso di partire senza armi, in cambio di un tributo di 200.000 pezzi d’oro e la restituzione dei prigionieri di Hattin e dei frammenti della Vera Croce. Saladino però non rispetto i termini della resa ed allora Riccardo Cuor di Leone fece uccidere tutti gli ostaggi catturati dal suo esercito. Era il 19 agosto 1191, i crociati erano usciti da San Giovanni d’Acri in pompa magna per ricevere la Vera Croce e accogliere i padri, i fratelli, le mogli e le figlie dalla prigionia. La loro incredibile delusione si trasformò in una sanguinosa vendetta: Riccardo Cuor di Leone diede l’ordine di ammazzare i 2.700 prigionieri musulmani di San Giovanni d’Acri.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia: S. Runciman, Storia delle crociate

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