L’Assedio di Torino del 1706

Nel 1706, oltre 44.000 francesi accerchiarono la cittadella di Torino che resistette strenuamente dal 14 maggio fino al 7 settembre, quando gli eserciti del Principe Eugenio e del duca Vittorio Amedeo II costrinsero i nemici ad una precipitosa ritirata.

Il generale Vendome aveva scritto al re di Francia: “Vostra Maestà resti pure servita di farmi spiccare la testa dal busto, se io non prendo Torino contro alle regole”. Gli aveva fatto eco il generale La Feuillade: “Riposate tranquilli e dite pure al Re che si starà ben più sicuri con me, che valendosi di tutti quanti gli ingegneri”. La supponenza francese si scontrò con la sapienza di Vittorio Amedeo II che impegnò subito i suoi nel munire di superiori difese le piazze affidandosi continuamente all’ingegnere Bertola in un fittissimo lavoro di costruzione di gallerie, ricetti, ridotti, palizzate.

L’invasione dei territori sabaudi iniziò nel 1704, La Feuillade occupò la Savoia poi passò le Alpi, conquistò Susa ed il Pinerolo, mentre Vendome occupò Ivrea e la Valle d’Aosta. L’anno dopo furono occupati il Nizzardo e le fortezze di Crescentino e di Chivasso. I due eserciti francesi si unirono nel settembre del 1705 quando un primo fitto bombardamento colpì Torino per sei giorni.

La città resistette ed i francesi si ritirarono per il sopraggiungere della stagione invernale. A dicembre si seppe però della caduta anche delle fortezze di Nizza e di Montmélian in Savoia. Ormai a Vittorio Amedeo II restava solo Torino. Tuttavia l’impegno dei francesi su più fronti li costrinse ad allentare la presa sull’Italia e così i piemontesi poterono aver tregua e prepararsi a respingere il futuro imminente assedio.

Il 14 maggio del 1706 la cittadella fu oggetto di lavori di scavo nel tentativo di passare sotto le mura fortificate e giungere direttamente nella piazzaforte. Con gran sorpresa si accorsero che, sotto la superficie della città e per un buon tratto anche fuori delle mura, una fitta rete di gallerie e camminamenti sotterranei strutturata su due piani per un totale di ventuno chilometri, permetteva ai piemontesi di intercettare ogni lavoro di scavo dei francesi. Fondamentale fu dunque il ruolo delle gallerie di contromina dove la compagnia di minatori del battaglione d’artiglieria, formata da 2 ufficiali, 2 sergenti, 3 caporali e 46 minatori con 350 addetti agli scavi e 6 sorveglianti, garantì il controllo del sottosuolo e la collocazione di cariche di esplosivo destinate a rovinare i lavori degli assedianti. Minatori, come il celebre Pietro Micca, vigilavano giorno e notte pronti a bloccare un’irruzione nemica. Pietro Micca, infatti, rimase sepolto nel crollo di un fornello di mina fatto esplodere per bloccare il passaggio di una pattuglia francese tra il 29 e il 30 agosto, dopo quasi quattro mesi di assedio logorante per i francesi.

All’interno della cittadella rivestì particolare importanza il cisternone, un edificio circolare situato al centro della piazza d’armi. Questo pozzo assicurò per tutto il periodo una costante riserva d’acqua che prendeva rifornimento dalla falda freatica sottostante. Per quanto riguarda i viveri, si ricorse alle scorte accumulate, ai piccoli orti, a ciò che riusciva a giungere dalle campagne.

Vittorio Amedeo II era intanto uscito da Torino lasciandovi un presidio di diecimila uomini comandati dal generale austriaco Wirich Philipp von Daun. La sua missione era quella di alleggerire la pressione sulla città conducendo attacchi improvvisi, irruzioni nelle linee francesi, interruzioni delle loro linee di rifornimento e comunicazioni, in attesa dell’arrivo dell’esercito imperiale guidato dal Principe Eugenio di Savoia. Nel frattempo il generale Vendome era stato sostituito con il Duca di Orleans.

Quando finalmente arrivò l’esercito imperiale e si congiunse con quello di Vittorio Amedeo II, l’andamento delle cose subì un improvviso cambiamento. Vittorio Amedeo II ed il Principe Eugenio di Savoia condussero i loro eserciti tra Venaria e Lucento, nel punto più debole delle linee d’assedio francesi. Di qui i corpi prussiani e la cavalleria imperiale andarono all’assalto e, dopo diverse ore di scontri, riuscirono a conquistare un punto d’appoggio nelle trincee nemiche. Vittorio Amedeo II, alla testa della sua cavalleria, ruppe le linee francesi e contemporaneamente il presidio di Torino uscì dalla città. A questo punto gli assedianti si sbandarono e si dispersero abbandonando tutto il materiale bellico.

L’assedio di Torino era terminato.

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Fonte foto: dalla rete

Bibliografa: A. Manno, Relazione e documenti sull’assedio di Torino nel 1706; F. A. Tarizzo, Ragguaglio istorico dell’assedio, difesa, e liberazione della città di Torino; G. Amoretti e P. Menietti, Torino 1706. Cronache e memorie della città assediata.

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