L’avventura messicana di Lorenzo Boturini

Nel 1736, Lorenzo Boturini arrivò in Nuova Spagna, ciò che in futuro sarebbe stato chiamato Messico. Aveva diversi incarichi ma il suo interesse divenne presto quello di studiare le lingue indigene, le società locali e la storia preispanica.

Nonostante le sue indagini fossero condotte per volontà e col beneplacito del sovrano, Boturini si vide osteggiato dal governo vicereale che addirittura l’arrestò, confiscò i suoi beni e sequestrò i suoi archivi contenenti il frutto di sette anni di lavoro.

Probabilmente le ragioni dell’arresto di Boturini erano due, la prima connessa al suo interesse per i prodigiosi poteri taumaturgici della Vergine di Guadalupe di cui gli aveva parlato il canonico Joaquin Codallos. Boturini voleva assolutamente disporre una pubblica incoronazione della Vergine e questo zelo dovette infastidire l’alto clero, anzitutto l’arcivescovo di Città del Messico, Juan Antonio de Vizarrón, che rifiutò ogni richiesta dello studioso italiano. È probabile che Boturini non si fosse neppure reso conto di dare fastidio. Non aveva idea che il culto della Vergine di Guadalupe aveva un aspetto politico e sociale profondamente radicato tra gli indiani e mal visto dall’amministrazione coloniale. O forse l’aveva capito ma la sua devozione era più forte d’ogni remora giacché la sua nave era naufragata a largo di Veracruz e si considerava un miracolato dalla Vergine di Guadalupe. La seconda ragione del suo arresto verte sulla commissione ricevuta dalla Contessa di Santibáñez. La nobildonna era la maggiore dei tre figli della Contessa di Montezuma e gli ordinò di riscuotere crediti e fitti della sua encomienda in Nuova Spagna. Ciò sicuramente creò non pochi grattacapi a qualche figura d’alto rango dei circoli aristocratici messicani.

Era il 2 giugno del 1743 quando Boturini mise piede in carcere e vi restò per otto mesi, sino all’inizio del 1744. Venne dunque rispedito in Spagna dove ritrovò libertà e lavoro. Sulla scorta della sua esperienza Boturini redasse “Idea de una Nueva Historia General de la América Septentrional”, una preziosa opera incentrata su una enorme quantità di figure, simboli, biografie, geroglifici, canzoni, manoscritti indiani.

Boturini, nato a Sondrio nel 1702, aveva studiato a Milano ed a Vienna, era poi stato in Portogallo ed infine nella Spagna di Filippo V di Borbone.

Influenzato da Vico, era giunto in Messico con l’idea di studiare la storia e la natura del posto, raccogliere codici, manoscritti e documenti, analizzare la lingua nahuatl, disegnare piante e animali… In effetti riuscì a pieno nei suoi intenti portando in Spagna anche il famoso Codice Ixtlilxóchil. Tuttavia il grosso di questa collezione rimase in Messico, sigillata nella segreteria del viceré Pedro Cebrián e Agustín. L’accusa che l’aveva portato in carcere lo voleva privo di documenti, sprovvisto della licenza per entrare nel paese, nonché del decreto reale. Era tutto falso, ma fu condannato egualmente.

Durante il viaggio di rimpatrio, come ulteriore scherzo della sorte, marinai inglesi catturarono la sua nave e lo lasciarono a Gibilterra. Da qui, da solo, arrivò a Madrid dove fu assolto dalle accuse ed il re lo nominò Cronista Real de las Indias per poi ordinare di rendere pubblico il suo archivio.

La sua opera fu scritta tra il 1744 ed il 1746. Morì a Madrid, in Spagna, intorno al 1755.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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