Le doti oratorie di Savonarola

Giovanni Schnitzer, nel suo testo “Savonarola”, si sofferma sulle doti oratorie di frate.

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In misura eccezionale Girolamo possedeva le grandi doti, rare a ritrovarsi raccolte in una sola persona, che costituiscono la forza dell’oratore: una intelligenza acuta, una eccellente memoria, un profondo sentimento, e una vivace fantasia. La lucida perspicacia della sua intelligenza non permetteva offuscamento alcuno della sua consapevolezza, e teneva in freno gli eccessi della tendenza mistica, anche essa innati in lui, che avrebbero facilmente potuto far velo al suo discernimento. La sua vita affettiva er un fuoco ardente, che ad ogni minimo tocco levava alte le fiamme. I suoi sentimenti comprendevano tutta la gamma delle commozioni umane, dai teneri moti di dolce gioia sino all’impetuosa effusione d’immenso giubilo, dalle più lievi tonalità d’inquietudine e dolore sino all’appassionato scoppio di disperato lamento. Perchè procedenti dall’intimo dell’anima, i suoi sentimenti erano sempre schietti e sinceri e, nella loro assoluta naturalezza, sempre caldamente religiosi. Un’ottima memoria gli forniva ad ogni istante un ricco materiale dai suoi studi e dalle sue lezioni bibliche, scolastiche e patristiche. Il talento poetico e la fantasia artistica sapevano rivestire i suoi concetti e i suoi sentimenti delle espressioni più adatte e simbolizzarli in metafore, le quali, belle sempre per la loro viva chiarezza, a volte commuovevano gli animi con la loro magnificenza, a volte li ricreavano con la loro sorprendente naturalezza.

A ciò si aggiungeva una maniera di porgere non artificiosa, e perciò appunto efficacissima. Poichè egli non esponeva se non ciò che profondamente sentiva, il suo cuore era in ognuna delle sue parole: ogni sguardo, ogni gesto, ogni espressione del viso, lo stesso suono caratteristico della sua voce erano il fedele riflesso dell’anima sua. Parlava rapido ed impetuoso, eppure ogni sua parola si sentiva perfettamente fin nei più remoti angoli del duomo. Il suo volto raggiava come trasfigurato da una luce divina; uditori estasiati credevano di vedere degli angeli o la beatissima Vergine stargli a fianco. Coloro che vi assistevano, paragonavano i suoi discorsi ad acuti strali e a fiaccole ardenti, ad un fuoco divoratore, ad un fulmine infiammato. Pareva loro di sentire, quando tuonava contro i vizi, le trombe di Gerico, credevano d’essere in paradiso, quando illustrava la Sacra Scrittura. “In pergamo appariva maggiore che l’ordinaria sua statura non era, mostrando uno animo invitto et virile, nettissimo d’ogni affetto o rispetto mondano, et senza sospetto o paura dìhuomo vivente, alla maniera degli antichi propheti, apostoli et martiri” (scrive un contemporaneo del Savonarola, il Filipepi). Pareva di avere in lui un redivivo san Paolo.

Nessuna meraviglia quindi, che il popolo non fosse mai sazio d’ascoltarlo e che per otto anni lo seguisse sempre con la stessa, anzi con crescente intensità di attenzione, mentre altri eccellenti predicatori dopo due o al massimo tre anni si esaurivano e non ritenevano di potere continuare oltre. Eppure egli non era di quelli che lusingavano le persone; per contrario, mai un predicatore trattò con meno riguardi e ruvidamente folle innumerevoli.

 

 

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