Murat in Egitto

Proseguiamo il nostro racconto ricostruendo i fatti che portarono Murat in Egitto, la patria dei Faraoni.

Abbiamo parlato della sua fanciullezza e dell’ingresso nell’esercito, poi del suo incontro con Napoleone, riprendiamo da qui, dall’Italia.

Il giorno della battaglia di Rivoli, il 14 gennaio del 1797, il generale Rey, con la sua cavalleria, è in ritardo. Murat, che si trova a Salò, accorre al rombo del cannone, attraversa il lago in barca con una mezza brigata di fanteria leggera, conquista Torri, marcia tutta la notte e il 15 gennaio, all’alba, appare sulle alture della Corona: assalendo di fianco le ultime truppe di Alvinzy contribuisce a fare un gran numero di prigionieri meritandosi ancora gli elogi di Napoleone.
In marzo, durante la marcia su Vienna, Murat attraversa il Vienna, varca il Tagliamento, prende Gradisca e poi, qualche giorno dopo, al comando del 19° cacciatori, respinge il nemico al di là di Gorizia con una carica furibonda.
Dopo la firma dei preliminari di Leoben, Murat è a Milano; Napoleone ha fissato il suo quartier generale al castello di Mombello. Qui a Murat è affidato l’incarico, prontamente eseguito, di liberare la Valtellina, Chiavenna e Bormio.
Nel novembre del 1797 è a Rastadt, e nel febbraio dell’anno dopo è a Roma dove respinge le bande insurrezionali su Roma, mette al sacco il Castello dei Papi, conquista la città. L’indomani entra in Velletri.

Si appresta però il 1798 e Napoleone già pensa all’Egitto.

Murat non figura nelle prime liste dei generali scelti per la spedizione in Oriente. Egli figura solo nella nota ufficiale del 5 marzo del 1798 poi una disposizione dello stesso giorno gli ordina di  raggiungere Genova e di imbarcarsi coi generali Baraguay d’Hiliers, Vial e Veaux. Qualche memorialista suggerisce che Bonaparte abbia inserito Murat nella lista dei generali d’Egitto solo su ordine del Direttorio ovvero grazie alle insistenze di Madame Bonaparte. Fatto sta che Murat è partecipe della presa di Malta. In una lettera al padre si legge: “Siamo padroni di Malta. La bandiera tricolore sventola sui bastioni della piazza. Partiremo di qui tra due o tre giorni. Non so bene per dove. Ma penso sia per l’Egitto. Non godo ottima salute… Però non ho sofferto, durante la traversata, il mal di mare”. Murat deve mettere da parte ogni malanno e servire Bonaparte, ne è consapevole e il primo luglio la costa egiziana è in vista. Sbarcano ed ecco già la sua prima missione: con pochi uomini deve mantenere il collegamento tra le truppe di Kleber e quelle di Menou. Il generale Bertrand racconta che Bonaparte, dopo aver esaminato dall’alto, vicino alla colonna di Pompeo, le mura d’Alessandria, si siede col dorso volto alla città, divertendosi a battere il suolo con il suo frustino, indifferente in apparenza a tutto quanto avviene. Si alza solo quando un ufficiale giunge a dirgli che Murat è entrato nella piazza e il nemico si ritira verso il faro.

Presa Alessandria, l’esercito francese si mette in marcia sul Cairo, attraverso il deserto di Damankour, mentre una flottiglia rimonta il Nilo, carica di viveri e di munizioni. Murat guida una piccola divisione di cavalleria di appena 300 uomini. E’ incaricato di comandare una riserva di 2600 uomini destinata a coprire la retroguardia delle colonne. Costoro soffrono ancor più di tutti gli attacchi dei beduini ma di Murat in questa fase della spedizione si sa ben poco. Si narra di amori e schiave ma, con certezza, lo ritroviamo nello scontro di Salahiek tra Lassalle e i 1700 mamelucchi di Ibrahim-Bey.

Senza attendere i fanti, con solo sessanta ufficiali montati, Lassalle si getta sul nemico. Il clima è rovente, i cavalli appesantiti dalle vettovaglie ed oppressi dal porta mantello, ogni francese deve tener testa a 4 o 5 nemici. Stanno per essere sopraffatti allorchè giunge Leclerc con due squadroni di dragoni seguito da Murat. Il nemico è messo in fuga.
Arrivano però pessime notizie, la flotta francese è completamente distrutta da Nelson. L’esercito è abbattuto e scoraggiato, non resta a Napoleone che allontanare i malcontenti ed organizzare l’Egitto in governatorati. A Murat tocca la provincia di Keliub. Ed è qui che il nostro spiega tutta al sua attività in combattimenti incessanti contro gli egiziani tanto da essere ricompensato da una lettera di Napoleone del 29 agosto del 1798: “Sono assai soddisfatto, cittadino generale, della condotta che avete tenuto nella vostra provincia”.
In settembre, Murat è al Cairo per la festa del I vendemmiaio anno VII (27 settembre 1798) e, durante la cerimonia, comanda un lato del quadrato formato dalle truppe sulla piazza Esbekyeh, lato composto dalla IV brigata, dall’artiglieria, dai granatieri e dalle guardie a piedi. Ma una nuova azione è già in preparazione e tra il 27 ed il 28 settembre, attraversato il Nilo, è preso il Dondeh così come Mitel-Gazoum. Più di 10.000 uomini, 40 cavalli e capre ed asini sono catturati da Murat. Feriti: quattro. Perdite: nessuna.

Non c’è pace. Le manovre inglesi su Alessandria inquietano Napoleone, tanto da deciderlo ad spostare Murat sul litorale. Questi esegue e conquista Damanhour: è lui in persona a determinare il successo con una carica rapida ed audace, alla baionetta. Di ritorno al Cairo, è incaricato della polizia dei nomadi razziatori, sempre turbolenti e Napoleone gli concede piena proprietà della casa che abita, ma i piani cambiano repentinamente.

Napoleone decide una spedizione in Siria per annientare le forze che Ahmed Djezzar aduna al fine di invadere l’Egitto. La spedizione comprende le quattro divisioni di fanteria dei generali Kleber, Reynier, Bon e Lannes. La cavalleria, di 900 cavalli, è composta da distaccamenti prelevati da tutti i reggimenti. Ha pure 6 pezzi d’artiglieria a cavallo. Il comando è affidato a Murat.
Il corpo di spedizione attraversa il deserto. Murat è sotto gli ordini di Kleber la cui divisione forma l’avanguardia. Il 3 marzo, in vista di Giaffa, una carica fortunata mette in fuga il nemico. Il ruolo di Murat si riduce durante le giornate dell’assedio di San Giovanni d’Acri, ma ritorna in auge quando è spedito, con 200 uomini di cavalleria, due pezzi d’artiglieria e 500 uomini di fanteria leggera, a Safev. Si impadronisce del castello e mette in fuga più di 3000 cavalieri arabi.

Di nuovo in Egitto, il 30 maggio è nella provincia di Bahirey per operare di concerto col generale Destaing a debellare gli arabi. Murat fa il suo dovere, insegue Mourad, si impadronisce del suo luogotenente. Le operazioni si fermano quando arriva la notizia che l’esercito turco è sbarcato ad Aboukir.

L’esercito turco si schiera su due linee, non si appoggia al mare e Murat ne approfitta. Scrive Napoleone nelle sue Memorie: “Il generale Murat fa avanzare lungo la spiaggia, alle due ali, due colonne di cavalleria di 4 squadroni, aventi ciascuna tre pezzi di artiglieria leggera. Queste due colonne aggirando la prima linea turca si portano tra questa e la seconda. Allorchè gli obici prendono a colpire alle spalle la fanteria della prima linea, i Turchi cominciano a sbandarsi. Lannes e Destaing colgono il momento favorevole e caricano. Il nemico discende allora nel piano dove la cavalleria di Murat gli sbarra la strada: i fuggiaschi non hanno altra risorsa che buttarsi in mare… Murat avviluppa, in seguito, il centro, comandando: ‘per squadroni a destra e a sinistra’; la riserva di fanteria, sotto gli ordini del generale Lanusse, s’avanza a passo di carica…; chiuse tra la fanteria e la cavalleria, le truppe turche del centro cercano di sfuggire a destra e a sinistra, ma vengono cacciate in mare come quelle delle ali. In un’ora 5400 uomini perisono fra i flutti; 1400 sono uccisi o feriti; 1200 s’arrendono prigionieri, 18 bocche da fuoco e 50 bandiere restano nelle mani dei francesi”.

Bonaparte vuole completare l’opera. Attacca la seconda linea nemica. Colloca una batteria in modo da prendere d’infilata l’ala sinistra per obbligarla a ritirarsi sul centro, sguarnendo ancor più il fianco dalla parte del mare. Murat si lancia alla carica. Sciabolando piomba sul nemico, fino alla tenda del generalissimo Seid Mustafa Pascià. Gli intima di arrendersi. Il Seraschiere risponde tirandogli un colpo di pistola che lo ferisce alla mascella. Murat gli taglia due dita della mano destra. Il nemico si arrende.

Napoleone scrive al Direttorio: “Il successo della battaglia, che avrà tanta influenza per la gloria della Repubblica, è dovuto, principalmente, al generale Murat; domando per questo generale, il grado di generale di divisione; la sua brigata di cavalleria ha fatto l’impossibile”.
Meno di un mese dopo, Murat raggiunge con Napoleone la Francia. Qui le cose sono cambiate. Due partiti combattono per la .Repubblica e Napoleone ora mira in alto.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Fonti librarie:

M. Mazzucchelli, Gioacchino Murat, 1932
G. Doria, Murat Re di Napoli, 1966
R. De Lorenzo, Murat, 2011
A. Dumas, Murat, 2005

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