Nerone

Le notizie che abbiamo di Nerone vengono da tre storici, ovvero Publio Cornelio Tacito, Gaio Svetonio Tranquillo e Lucio Cassio Dione. Nessuno dei tre era coevo dell’imperatore, a parte Tacito che era bambino, e tutti quanti usarono probabilmente come fonti altri tre storici del periodo, come Plinio il Vecchio, Cluvio Rufo e Fabio Rustico, le cui opere non ci sono pervenute che in pochi frammenti.

Inoltre, particolare rilevante, Tacito apparteneva al ceto senatoriale, che vedeva Nerone come fumo negli occhi in quanto aveva ridimensionato le prerogative del senato, riducendolo ad una pura camera di rappresentanza, senza alcun effettivo potere.

Per quanto riguarda invece Svetonio e Dione, la loro tendenza era quella di cercare di stupire il lettore con dicerie e pettegolezzi fatti passare per aneddoti e fatti comprovati. Resta quindi il dubbio circa determinati eccessi, quantunque vi sia una certa convergenza tra le fonti letterarie e quelle “oggettive” come la monetazione, le epigrafi e i reperti archeologici circa i fatti più rilevanti del suo regno, considerati positivamente a dispetto della sua fama negativa.

Nato dal politico romano Gneo Domizio Enobarbo e da Giulia Agrippina Augusta, nota come Agrippina Minore, nobildonna e poi imperatrice romana; quando aveva due anni Nerone vide sua madre condannata all’esilio dal fratello di lei, l’imperatore Caligola, con l’accusa di aver complottato contro di lui. Visto che il padre non voleva occuparsi di lui, venne affidato alle cure di una zia, Domizia Lepida. Morto il padre e confiscato l’intero patrimonio da Caligola, Nerone si ritrovò all’età di 3 anni abbandonato dai genitori e improvvisamente impoverito. Nella casa della zia, furono un barbiere ed un ballerino ad occuparsi di lui, due uomini appartenenti ad una classe inferiore che ebbero una grossa influenza sulla crescita del piccolo. Soprattutto il ballerino ebbe molto ascendente su Nerone, cosa che fece sviluppare il lui una grande passione per l’arte e la musica, passione che non l’abbandonò mai e che lo fece diventare un talentuoso suonatore di cetra, mentre la sua passione per il teatro e le corse delle bighe che lo facevano esibire anche in prima persona (cosa impensabile per un nobile), gli guadagnavano il disprezzo e l’irrisione dell’aristocrazia senatoria ed equestre.

Quando Caligola finì ucciso da una congiura di palazzo e venne fatto imperatore suo zio Claudio, Agrippina venne graziata e fatta tornare dall’esilio, sicché poté assicurare al piccolo Nerone un’ottima educazione.

Sua madre era infatti una donna dal carattere forte ed era determinata a raggiungere l’apice del potere, anche grazie a suo figlio. Era già stata sorella di un imperatore e ora, irretendo suo zio Claudio dopo la morte della moglie Messalina, divenne anche la moglie di un imperatore, in vista di diventare futura madre di un imperatore.

Nel periodo della sua fanciullezza Nerone crebbe quindi potendo avere i migliori tutori. La smania di grandezza di sua madre, molto abile nel tramare, gli assicurò incarichi pubblici di rilievo fin dall’età della pubertà. Sempre vigile, indirizzava il futuro del figlio in vista del suo finale obiettivo: fare di lui il successore dell’imperatore. Ci riuscì, infine, facendosi prima sposare da Claudio nel 49 e inducendolo successivamente ad adottare Nerone, cosa che lo fece diventare primo in ordine di successione, davanti a Britannico, più giovane di 3 anni, il figlio che Claudio ebbe da Messalina. Per legittimare al meglio questo passaggio di ruolo, Nerone fu fatto poi sposare con Ottavia, sorella maggiore di Britannico, anch’essa figlia di Claudio e Messalina.

Quando Agrippina sposò Claudio, Nerone aveva 11 anni, andò a vivere a palazzo e gli venne affidato come tutore Lucio Anneo Seneca, il noto filosofo stoico.

Divenuto imperatore nel 54 a 17 anni, subito dopo la morte del prozio, presumibilmente avvelenato con dei funghi proprio da Agrippina, Nerone all’inizio si comportò come l’imperatore che il popolo desiderava, grazie soprattutto ai consigli di Seneca: buono di carattere, rispettoso nei confronti di tutti indipendentemente dal loro status sociale, modesto quando gli si volevano tributare onori, riguardoso nei confronti dell’autorità senatoria, estremamente generoso e munifico con la plebe e, almeno all’inizio, estremamente dipendente da sua madre, alla quale affidò per un periodo i più importanti affari di stato. Nella monetazione del primo periodo del suo regno, infatti, Nerone viene addirittura raffigurato assieme all’effige di Agrippina.

Dopo non molto tempo, però, il suo comportamento si fece decisamente più cinico e violento. Temendo che le simpatie della corte e del popolo per il fratellastro Britannico mettessero a rischio il suo predominio, lo fece avvelenare durante un pranzo a palazzo. Iniziando poi a sentire troppo stringente il controllo che la madre aveva su di lui, fece in modo di liberarsi anche di lei, riuscendovi dopo diversi tentativi andati a vuoto compreso, nuovamente, l’avvelenamento.

Al tempo Nerone, neo matricida, aveva 22 anni. Si vociferava pure che tra i due ci fosse un rapporto morboso tendente all’incesto, con la madre che gli si offrì carnalmente più volte pur di distoglierlo dall’interesse per Poppea Sabina, da Agrippina considerata una donna avida e pericolosa perché avrebbe potuto metterla in ombra.

La sua personalità cambiò drammaticamente nel corso degli anni successivi. Invaghitosi appunto di Poppea, ritenuta una delle donne più belle di Roma, fece assassinare nell’anno 61 la prima moglie, Ottavia, ma nemmeno a Poppea andò meglio dato che 4 anni dopo, sebbene incinta, venne uccisa da Nerone in uno scatto d’ira con calci in pancia: la sua sola colpa fu di aver criticato le sue supposte qualità artistiche.

Le trovate stravaganti di Nerone, gli fecero poi compiere un’azione decisamente inusitata: oppresso dai sensi di colpa per la morte di Poppea, fece cercare una persona che le assomigliasse quanto più possibile e il risultato fu un giovane liberto di nome Sporo, che Nerone fece castrare dai suoi chirurghi, dopodiché lo fece abbigliare e truccare come Poppea per renderlo più simile a lei, e lo sposò tra lo stupore generale, dandogli anche il titolo di Augusta.

Nel 64 scoppiò a Roma un terribile incendio che distrusse gran parte della città. Si disse che, osservando l’incendio, per il quale si ritiene sia stato responsabile, Nerone intonasse dei canti accompagnandosi con la sua lira (o la cetra a seconda delle versioni). Come comodo capro espiatorio, l’imperatore diede la colpa dell’incendio ai cristiani, considerati una setta eversiva che era guardata con sospetto da gran parte del popolo, e venne scatenata quindi una feroce persecuzione nei loro confronti.

Nella parte della città lasciata vuota dall’incendio, Nerone si fece costruire un’immensa villa, chiamata Domus Aurea, che drenò le casse dello stato assieme alla grande e razionale ristrutturazione dell’urbe di cui si fece promotore, oltre all’organizzazione di ludi e spettacoli, tra i quali i Giochi Neroniani, dove si esibiva egli stesso nelle vesti di musico e poeta, con disonore dell’aristocrazia e apprezzamento della plebe.

Quello che divenne a tutti gli effetti un cieco furore, lo indusse a scatenare un giro di vite che portò alla morte di diversi personaggi importanti a lui vicini, come il suo maestro Seneca e Petronio con l’accusa di lesa maestà dopo che fu scoperta una congiura contro di lui, organizzata dal senatore Gaio Calpurnio Pisone. In più, la condanna a morte per lesa maestà, dava diritto all’imperatore di requisire e fare propri tutti i beni dei condannati, motivo validissimo anche da solo per poter condannare a morte i cittadini più ricchi con qualche scusa, così da rimpinguare le esauste casse dello stato.

Questo comportamento, divenuto decisamente intollerabile ai più, scatenò una serie di rivolte contro l’imperatore, con il senato che nel frattempo restava immobile in una posizione attendista, per timore di nuove repressioni e per saltare poi sul carro del vincitore o probabile vincitore. Il colpo fatale venne dalla rivolta della Spagna, dove c’era il legato imperiale Servio Sulpicio Galba, che mosse le sue legioni contro Roma. Il senato, sentendosi ora più sicuro, dichiarò dunque Nerone nemico dello stato, cosa che lo metteva alla legale mercè di chicchessia, e anche la guardia pretoriana, ovvero la guardia scelta incaricata di proteggere l’imperatore, giurò fedeltà a Galba. Abbandonato da tutti, Nerone cercò di fuggire ma, ritenendo alla fine di non avere più speranze e non avendo la forza di uccidersi da solo, si fece uccidere con un colpo di spada dal suo liberto Epafrodito.

Svetonio riporta che al momento di morire pronunciò come sua ultima frase “Quali artifex pereo” ovvero “Quale artista muore con me”. Era il 9 giugno dell’anno 68, Nerone non aveva ancora 31 anni. Con lui finì la dinastia giulio-claudia.

 

Autore articolo: Fabio Meardi

Bibliografia:

B. H. Warmington, Nerone. Realtà e leggenda
M. Fini, Nerone. Duemila anni di calunnie
P. Vandenberg, Nerone
E. Champlin, Nerone
M. Grant, Gli imperatori romani. Storia e segreti

 

 

Fabio Meardi, Laureato in Storia, con indirizzo in Storia Medievale, e in Psicologia, con indirizzo in Psicologia Clinica, lavora come insegnante di sostegno nelle scuole superiori, formatore e psicologo.

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