Ponte Milvio nell’antichità

Due ponti furono celebri nella Roma antica: il Sublicio, reso famoso dal valore di Orazio Coclite che respinse da solo gli etruschi di Porsenna mentre i romani abbattevano il ponte alle sue spalle, ed il Ponte Milvio protagonista di numerose vicende.

Qui, ad Mulvium usque pontem, nel 547, secondo Tito Livio, il popolo accolse i legati Veturio Filone, Licinio Varo e Cecilio Metello che recavano l’annunzio della vittoria riportata dai consoli Gaio Claudio Nerone e Marco Livio SaIinatore sopra i cartaginesi, colla morte di Asdrubale, sulle rive del Metauro.

Questo nome forse derivò dalla gente Mulvia o da quel colle che Stazio chiamava Milvius agger. All’epoca probabilmente era di legno perché, secondo Aurelio Vittore, Marco Emilio Scauro il vecchio, che fu censore nel 645, lastricò la via Emilia e pontem Mulvium fecit. Trent’anni dopo, nella guerra di Lepido, il Milvium pontem fu occupato dagli uomini di Silla.

Sallustio e Cicerone ci informano che, nel 690, qui furono arrestati gli ambasciatori degli Allobrogi, invece Tacito ci parla di questo ponte come di un luogo di trastullo dove la gioventù licenziosa passava le intere notte in gozzoviglie e piaceri. Persino Nerone vi si recava a cercare di placare la sua libidine, ma ciò che ha reso celebre Ponte Milvio fu senza dubbio la battaglia vinta da Costantino contro Massenzio il 28 ottobre del 312 d.C.

Marco Aurelio Valerio Massenzio, uscito dalle Mura Aureliane, dispose le sue schiere in località Saxa Rubra, circa 195.000 uomini della Prefettura d’Italia. Qui fece demolire il ponte e ne rifece uno di barche che potesse essere rimosso tempestivamente.

Costantino giunse alle porte di Roma lungo la Via Flaminia, al XII milium, con 100.000 uomini della Prefettura della Gallia. Nella notte, accampatosi a Malborghetto, come narra Lattanzio, Cristo gli era apparso in sogno, “esortandolo ad apporre quel simbolo sugli scudi dei soldati con quei segni celesti di Dio e ad iniziare quindi la battaglia”. Costantino, la mattina dopo, non solo fece imprimere il monogramma di Cristo sui vessilli delle sue legioni, ma con quel simbolo istituì il Labarum, lo stendardo che avrebbe sostituito l’aquila romana di Giove e che tutti i soldati da allora avrebbero dovuto onorare.

Convinto che la battaglia non coinvolgesse solo forze terrene, Costantino ingaggiò i primi scontri contro quell’esercito più numeroso. Tutto sembrò in bilico, nessuna delle due forze parve inizialmente prevalere poi il futuro imperatore fu accecato da un segno luminoso che apparve in cielo ed una scritta fiammeggiante, la celebre In hoc signo vinces, che lo infervorò e lo guidò all’attacco. La carica di cavalleria guidata da Costantino in persona, aggirando i fianchi dell’esercito nemico, scrisse le sorti di quella giornata. La fanteria venne travolta, si diede ad una fuga rovinosa sospinta fin sulle rive del Tevere, tentò l’attraversamento del ponte di barche che però cedette sotto il suo peso. Tantissimi annegarono e tra essi lo stesso Massenzio. I soldati di Costantino il giorno dopo ne trovarono il corpo e gli tagliarono la testa per portarla in parata e confermare a tutti la morte del “tyrannus”.

Su questo ponte si scrisse il principio della storia cristiana dell’Impero romano. Senza forzature, si può affermare che proprio quì furono gettate le basi dell’Editto di Milano del 313 col quale, dopo le persecuzioni dioclezianee, fu finalmente concessa “…et Christianis et omnibus liberam potestatem sequendi religionem quam quisque voluisset…” (“ai Cristiani ed a tutti la facoltà di praticare quella religione che ciascuno avesse voluto”).

 

Autore Articolo: Angelo D’Ambra

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