Porta Capuana, quando il fascino supera il degrado

Costruita sotto Ferrante d’Aragona circa quindici anni dopo l’arco di Castelnuovo, Porta Capuana è stata, dal tempo in cui fu edificata, il punto attraverso il quale si accedeva al centro della città provenendo da est. E’ un vero e proprio arco di trionfo e prende il nome dall’essere orientata in direzione della città di Capua, proprio accanto la Chiesa di Santa Caterina a Formiello.

Raffaele De Cesare ne scrive infatti: “E’ messa all’estremo della città, da cui parte la strada che conduce alla Puglia; si disse Capuana e fu prima denominata Campana, giacchè per essa si andava a Capua nella Campania, quando non era ancora aperta la strada di Foria. E’ tutta di marmo bianco meno il riquadro nel mezzo del fregio. Magnifica, oltremodo, nel suo elevato, unisce alla bella proporzione i più eleganti dettagli, con le migliori opere di scalpello. E’ lavoro, secondo gli scrittori di cose patrie, di Giuliano da Maiano, fiorentino, che mo in Napoli nel 1447…”.

Da Scipione Volpicella apprendiamo che le due torri che la cingono sono dette Onore e Virtù, che i santi posti nelle nicchie agli estremi dell’architrave sono San Gennaro e Sant’Agnello, antichi protettori della città, e che “tra le due nicchie doveva essere scoperto il fregio di una scultura rappresentante la coronazione di Re Ferrante…”. La scultura, secondo Roberto Pane, dovette essere sostituita quando Carlo V entrò trionfalmente a Napoli nel 1535. Il motivo decorativo della Porta collega con nastri una serie di trofei illustranti scudi, armi d’età classica ed armature. Così pure appare il cornicione, sormontato da tre merloni in marmo alti circa due metri, con incisi scudi, gigli, elmi e fiaccole; solo il merlone centrale, più largo degli altri due, introduce nel tema lo stemma aragonese sorretto da genietti alati.

Le torri hanno un diametro di quattordici metri e sono alte circa venti. Dal lato interno si estendono in due edifici intercomunicanti che si affacciano sulla piazza con finestre e portoncini. Compare anche all’interno un quadrante con lo stemma di Ferrante d’Aragona stavolta affiancato da due stemmi cittadini.

Immagine tratta dal Poliorama Pittoresco è stata concessa da Vincenzo D’Amico

Degna di interesse è la tavola ritraente la Porta che ci ha lasciato Raffaele Liberatore nel 1836. In essa vediamo la struttura sormontata da una edicola che fino a quell’anno conteneva un affresco di Mattia Preti raffigurante San Michele, San Gennaro, Sant’Agnello e San Rocco nell’atto di pregare la Vergine e che dal 1837 ne tenne uno nuovo, opera di Gennaro Maldarelli, rappresentante l’Immacolata. L’edicola fu eretta dopo la peste del 1656, demolita e rifatta dopo il colera del 1836, fu abbattuta nei primi decenni del Novecento.

La porta ebbe un ruolo di primaria importanza in tutta la storia di Napoli in età moderna: di fatti fu teatro dell’ingresso di Carlo VIII nel 1495, di Consalvo de Cordova nel 1503, di Don Pedro de Toledo nel 1532, di Carlo V nel 1535. Nel Settecento fu varcata da Carlo di Borbone, evento così descritto dal Volpicella: “Il dì 10 del maggio l’anno 1734 vedevasi Porta Capuana guarnita d’arazzi ed ingombra di grande e lieto popolo. Due righe dell’urbana milizia avevano cominciamento ai lati di quella, e s’internavano nella città. Erano forse valiche tre ore dopo il mezzodì, e s’udiva un tratto suonar le campane di tutte le chiese, sparare le artiglierie di tutti i castelli. A ciò s’aggiungeva tiri di masti, suoni di concertati strumenti, popolari acclamazioni. entrava per la porta la cavalleria spagnuola assai bellamente ordinata. Gentiluomini, cortigiani, generali, baroni, che avevano in dosso vesti ricchissime, seguitavano sopra stupendi cavalli. Tra costoro appariva il real tesoriere, che gittava al popolo mezze doble e quartigli di Spagna d’argento. Indi tra il marchese di Arienzo capitano delle guardie del corpo, il conte di Santo Stefano maggior maggiordomo e il principe Corsini cavallerizzo maggiore, si vedea cavalcare un leggiadro giovane di dieciotto anni. Vestiva un giustacuore di drappo d’oro ed argento, guernito di bottoni di diamanti, con gli ordini del Tosone e di Santo Spirito, ed aveva in capo un picciol cappello piumato, adorno nel lato sinistro di nastri rossi e bianchi con un prezioso gioiello di splendidi e grossi diamanti. Gli venivano dietro tutte le guardie del corpo, che avevano alle spalle i moschetti e le sciable nude alle mani. Chi era questo giovanetto che entrava in Napoli per la Porta Capuana con si gran pompa e con tanta general contentezza? Era Carlo Borbone, distruttore del grave governo viceregnale e della napolitana soggezione alla Spagna”.

Come la Porta del Sole a Madrid e Porta del Popolo a Roma, Porta Capuana per Napoli è sicuramente un approdo ideale, consente di inoltrarsi nei quartieri popolari in un sito le cui potenzialità turistiche sono però mortificate dall’abbandono istituzionale; nonostante ciò la sensibilità del turista non si farà sfuggire una di quelle costruzioni che meglio incarnano la lunga storia napoletana.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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Un pensiero su “Porta Capuana, quando il fascino supera il degrado

  • 5 Novembre 2016 in 9:18
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    Il comune dovrebbe fare di più per quest’area

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