San Gennaro e Napoli

San Gennaro e Napoli, un binomio indissolubile e conosciuto in tutto il mondo.Anche le preghiere in lingua napoletana recitate per impetrare il miracolo dello scioglimento del sangue nei giorni cruciali in cui il busto è esposto alla devozione dei fedeli esaltano la bellezza di questo legame: “Iesci e fance grazia, Santo bello, gran campione de Gesù Cristo, Santone nuosto, primmo cavaliere de la santa Chiesa, santo e ricco de li done della Santissima Trinità e de la Mmaculata Cuncezione. Evviva Gesù, evviva Maria e chi l’ha criato e fatto santo. Santo Martere de la nostra Santa Fede, accrisci la nostra Santa Fede, e dà lume a chi nun crede… oh! guappone de la nostra Santa Fede, fa’ ‘a faccia tosta cu la Santissima Trinità, presentele li tuoje martirii e fance ‘e ggrazie!”.

Di San Gennaro sappiamo con sicurezza, per documenti e memorie monumentali, che fu Vescovo di Benevento, arrestato e decapitato a Pozzuoli, presso la Solfatara, il 19 settembre del 205, sotto Diocleziano. Dopo la sua morte, i fedeli, secondo gli Atti del martirio, deposero il suo corpo di nascosto a Fuorigrotta, in zona Marciano. A distanza di circa un secolo, i suoi resti furono traslati a Napoli nella catacomba extramurana ai piedi dei Colli Aminei, al di sotto dell’attuale Basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio presso il Tondo di Capodimonte. Nell’831 le reliquie di San Gennaro furono trafugate con la forza e portate a Benevento per opera del principe longobardo Sicone. Poi furon portate a Montevergine, infine, nel 1497, tornarono a Napoli ricongiungendosi alla sua testa che non aveva mai lasciato la città. Nel 1663 San Gennaro fu proclamato Patrono principale del Regno di Napoli.

La più antica narrazione dell’arresto del santo e del suo martirio proviene dagli Atti Bolognesi, così chiamati perchè conservati nella Biblioteca Universitaria di Bologna. Il codice n. 1473 del 1180 richiama presumibilmente più antichi documenti ormai persi. Dalla ricognizione delle ossa effettuata nel 1964 per disposizione del Cardinale Castaldo dal professor Gaetano Lambertini dell’Università di Napoli, risulta che il santo aveva una statura di circa 1,80 metri e fu martirizzato in un’età compresa tra i 35 ed i 40 anni.

Della miracolosa liquefazione del suo sangue però si ha notizia solo a partire dal 1389. Nel 1902 il professor Sperindeo ed il professor Raffaele Ianuario della Regia Università di Napoli, alla presenza di numerosi testimoni della comunità scientifica, compirono l’analisi spettroscopica del sangue che diede risultato positivo per ambedue le ampolle che conservano il liquido. Dunque è ufficiale che esse contengano sangue.

Tre sono le festività in cui si espongono insieme il busto e le reliquie del sangue di San Gennaro per il prodigio della liquefazione: la prima domenica di maggio, dopo la processione del sabato, per ricordare le traslazioni avvenute nei secoli; la festività del 19 settembre commemorativa del martirio; la solennità del 16 dicembre, detta del Patrocinio di San Gennaro, che ricorda il catastrofico terremoto contemporaneo all’eruzione vesuviana del 1631 che durò circa un mese e causò quattromila vittime.

Quell’anno, la lava in due ore, travolgendo ogni ostacolo raggiunse a Napoli circa un palmo di altezza. Il popolo si raccolse attorno al Cardinale Francesco Buoncompagno che scalzo portava in processione le sante reliquie. Sulla porta interna del Duomo, presso il finestrone, si vide d’un tratto San Gennaro in un alone di luce benedire il popolo. La processione continuò tra il grande stupore e arrivata a Porta Capuana, mentre il Cardinale con le ampole faceva il segno della croce in direzione del Vesuvio, furono osservate le nubi di cenere volgersi verso il mare. A ricordo dell’avvenimento i napoletani stabilirono di elevare un obelisco nella piazza poi intitolata al Cardinale Sisto Riario Sforza e di edificare, per riconoscenza, la Chiesa di San Gennaro a Torre del Greco.

Per custodire degnamente le ossa del patrono, quando queste furono traslate a Napoli da Montevergine, il 13 gennaio 1497, la famiglia Carafa fece edificare sotto la tribuna del Duomo una cappella che presenta diverse raffigurazioni di San Gennaro. Nel Cinquecento un voto fatto per fermare la peste portò alla nascita della Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro, un monumento di straordinaria bellezza che prese a custodire le reliquie del capo e del sangue del Santo e statue bronzee dei compatroni. Dalla Cappella è possibile poi accedere agli ambienti del Museo che raccolgono una serie di collezioni d’arte comprendenti gioielli, statue, busti, tessuti pregiati e dipinti dal valore stimato superiore a quello del tesoro della corona inglese.

 

 

Autore articolo e foto: Angelo D’Ambra

 

 

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