Sud, non ci fu nessun genocidio

Purtroppo negli ultimi anni la riscoperta della storia e dell’identità del Sud è sfociata spesso in un revisionismo spicciolo che ha già generato clamorose bufale da quella delle “Due Sicilie terza potenza mondiale” al “lager di Fenestrelle” sino all’esaltazione di un bidet di Maria Carolina come simbolo del progresso civile nel Reame di Napoli ed a mostre su Carlo di Borbone piene di strafalcioni sulla sua ascesa al trono di Spagna o sugli usi civici. Il libro “Carnefici” di Pino Aprile si inserisce in questo filone e scegliamo di parlarne come esempio di quel revisionismo che non ci piace e che non fa bene al Sud perché non documentato ed astioso. I due più grandi difetti di questa pubblicazione infatti sono l’assenza di fonti adeguate e l’intreccio continuo di lamentele e rancori.

“Carnefici” di Pino Aprile si basa su asserzioni non supportate da un apparato documentale. Mancano cioè riferimenti sufficienti e chiari a fonti archivistiche, nonchè biografiche – perlopiù l’autore cita libri della sua stessa vulgata -, che confermino la veridicità delle sue affermazioni. Alla fine viene fuori un guazzabuglio di date e dati incongruenti e non verificati estrapolati dai libri più disparati, accostati in maniera disinvolta, cui si sommano supposizioni, congetture e moltiplicazioni che Aprile non si sforza neppure di dimostrare – né potrebbe farlo. Ci si chiede come è possibile che rileggendo le bozze lo stesso Aprile non si sia accorto delle numerose volte in cui cade in contraddizione con quanto egli stesso scrive. Confonde arrestati, inquisiti, fucilati, soldati sbandati, balza da riflessioni sulla “nazionalità” all’inno fischiato durante le partite di pallone, dà vita ad un enorme discorso a ruota libera e si lascia andare in conteggi surreali, “quello dice che mancano tot persone, quell’altro che ne mancano tot, però un documento ci dice che ne mancano altri tot e che prima erano tot per cui se facciamo questo più quello meno questo e meno quest’altro…”. In fin dei conti chi e quanti mancano all’appello? Manco Aprile lo sa. Paradossalmente potrebbero persino essere le “vittime dei briganti” cui lo Stato, ricordiamo, elargiva veri e propri rimborsi. Senza certezze l’autore arriva presto a buttare numeri a caso e passa da 7.000 a 20.000, da 100.000 a 500.000 fino ad un milione. Anzicchè levarci da dosso le esagerazioni, gli ideologismi, la retorica dei risorgimentalisti, ci aggiungiamo quelle di senso opposto perchè, c’è poco altro da dire, quando uno legge “Carnefici” sembra che stia leggendo dei “milioni di morti” che la storiografia ufficiale imputa all’esercito borbonico con l’aggravante, però, che nel libro di Aprile c’è qui e lì qualche spruzzata di complottismo, l’idea di una grande macchinazione tra Stato, esercito e sette che camuffano i dati e fanno scomparire fogli e persino cadaveri.

Mai la popolazione – scrive Aprile – era diminuita in tutto il secolo precedente, e questa è una delle tante affermazioni piazzate nel discorso e non dimostrate anzi addirittura sconfessata da lui stesso in altri punti del libro. Chiunque si sia occupato seriamente del problema demografico sa che il modo in cui tali rilevazioni furono eseguite presenta parecchie lacune scientifiche. La tecnica dei “fuochi” e del rilevamento di anime a base parrocchiale, infatti, non offre alcuna garanzia di attendibilità e così nel Regno delle Due Sicilie nel 1854 scompaiono dai censimenti oltre 100.000 abitanti rispetto al 1852 e, nonostante la forte epidemia di colera, nel 1855, vengono segnalati 100.000 abitanti in più. Sono aumenti e diminuzioni privi di giustificazioni documentate e dunque imputabili ad errori nei sistemi di rilevazione. Tali dati ed osservazioni sono tratti dal volume “La questione Meridionale” di Aldo di Biasio che fa anche notare come la cifra cali costantemente a partire dal 1859 al 1861. Parliamo di un contesto storico completamente distante dal nostro, con un’altissima mortalità infantile ed una speranza di vita che, sino al 1871, era di soli 33 anni (V. Daniele – P. Malanima, Il divario Nord-Sud in Italia 1861-2011). Tutti gli studi demografici però concordano nell’affermare che la popolazione del Mezzogiorno presenta dal 1861 una sostanziale stazionarietà: le statistiche SVIMEZ segnalano che la popolazione presente al Sud sul totale nazionale era il 37,1% nel 1861 ed ancora nel 1951 era del 37.2% con punte di valore più alto raggiunto nel 1881 con il 37.5% (SVIMEZ, Statistiche sul Mezzogiorno d’Italia 1861-1953).

Sarebbe meglio andarci piano, la forzatura nel leggere i dati o i “non dati” per piegarli ad una propria tesi maturata aprirori, non è la strada giusta per ridare al Sud la sua dignità, ma Pino Aprile è convinto, le prove non le ha, ma non fa niente e allora corregge tutti i genealogisti d’Italia ed asserisce: “il Sud diventa una terra in cui: 1. Non ci fu famiglia che non ebbe un fucilato, a norma di legge di occupazione, ovvero per abuso, 2. Né famiglia che non ebbe almeno un brigante (decine di migliaia), 3. Non ci fu famiglia che non ebbe almeno un recluso o un inviato a domicilio coatto, 4. Né famiglia che non ebbe militare deportato nei campi di concentramento del Nord”. Da studi certi e documentati possiamo dire che nella nostra famiglia nessuna di queste 4 tipologie figura, dunque qualcosa non va o nelle considerazioni di Aprile oppure i massoni hanno fatto scomparire le carte sulla nostra famiglia! Ed ancora un’altra: lo sapete che “prima la geografia e le mappe erano viste da Sud (con il Nord in basso…)” ? Parola di Pino Aprile, tutte le carte geografiche “di prima” che hanno il Sud al solito posto, cioè al Sud, sono false! Poi cita uno studioso che conosciamo ed apprezziamo, Edoardo Spagnuolo, che però sostiene che “il campo di definizione dei lutti che colpiscono il Sud per la repressione sabauda possa essere compreso tra i diecimila e i ventimila individui… Personalmente penso che il numero reale possa essere prossimo ai quindicimila…” e allora Pino Aprile lo corregge: Spagnuolo non ha i dati che ha lui, quali sono non si sa. La Marmora? Molfese? Un conto qui, un conto lì, li mette assieme, li corregge, li moltiplica deliberatamente per i mesi e gli anni che desidera, e si passa da 7.000 a 20.000; i libri d’epoca non parlano di genocidio, nessuna delle fonti che cita lo fa, ma lui continua imperterrito e si passa da 20.000 a 100.000. Il genocidio c’è stato, dice, ma ci avviamo alla fine del libro senza le prove di niente ed una cifra che è salita a 500.000… non si sa cosa, fucilati? Incarcerati? Incarcerati e fucilati? Deportati? Deportati, incarcerati e fucilati? Ed in che arco di tempo? E su un totale di quanti abitanti giacchè nel primo capitolo per Aprile erano 7.177.000, in quelli successivi diventano 9.000.000?

La storia si fa coi documenti non sulle illazioni ed i documenti parlano chiaro: non ci fu nessun genocidio. Tuttavia ciò che rende più difficile continuare la lettura è l’acredine e la lamentela ininterrotta “contro il Nord” come unico collante tra le argomentazioni più disparate di uno stesso capitolo. La rivalutazione della storia del Sud preunitario non ha bisogno di operazioni simili che anzi indeboliscono e ridicolizzano. Il processo di unificazione nazionale ebbe anche il volto dell’aggressione e della spoliazione, ormai scientificamente documentato. Fu una guerra, da cui nel giro di venti anni nacque un sistema economico duale con cui ancora facciamo i conti, e le vittime di quella guerra hanno bisogno di rispetto e non di genocidi inventati.

 

Autore: Angelo D’Ambra

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2 pensieri riguardo “Sud, non ci fu nessun genocidio

  • 12 Luglio 2016 in 14:35
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    PINO APRILE E LE MIE PUBBLICAZIONI SUL 1860
    Il noto giornalista Pino Aprile, che non ho il piacere di conoscere personalmente, nella sua ultima pubblicazione, “I carnefici”, ha ritenuto opportuno citare più volte, e in maniera lusinghiera, le mie vecchie pubblicazioni sul 1860. Non posso che esserne grato.
    Tuttavia non vorrei che qualcuno possa pensare che da parte mia ci sia una pur minima condivisione delle idee espresse in questo testo e dell’ambiente che gravita intorno a pubblicazioni di questo tipo.

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  • 12 Luglio 2016 in 15:01
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    Persino il Prof. Spagnuolo, tra le fonti di “Carnefici”, prende le distanze da questo libro di Aprile.
    Io ho letto la recensione della rivista “Storia in rete” che pure lo critica. Il grande storico di brigantaggio Franco Molfese dice che ci furono 5-6000 morti e questa secondo me è la verità a cui sommare le vittime dei briganti, tenendo fuori inquisiti e carcerati che non c’entrano nulla. Non ci fu genocidio.
    Bisognerebbe smetterla con certe esagerazioni che alimentano odio, c’è gente che scrive che i Bersaglieri sono peggio delle SS!!!

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