Vittorio Amedeo II nella Guerra di Successione Spagnola

Il 29 settembre del 1703 ripresero le ostilità tra il Ducato di Savoia ed il Regno di Francia. Quando il re Sole ordinò al duca di Vendome il disarmo delle truppe piemontesi del generale Castellamonte accampate a San Benedetto del Po, Vittorio Amedeo II rispose facendo arrestare l’ambasciatore francese a Torino, sospettato di numerosi atti di spionaggio, poi chiamò alle armi i dodici reggimenti del Battaglione Piemonte ed il 7 ottobre dichiarò guerra a Francia e Spagna. Così i Savoia entrarono nella Guerra di Successione Spagnola, dopo aver combattuto gli austriaci a Chiari e Luzzara. Fu un cambio di schieramento che trovava le sue ragioni più profonde nella questione dei diritti su Milano: Luigi XIV, battendo gli Asburgo, avrebbe tenuto per sè il ducato lombardo o avrebbe accettato le pretese sabaude? Quando fu chiaro che una vittoria borbonica avrebbe comportato l’accerchiamento del Piemonte, Vittorio Amedeo II iniziò ad ascoltare le profferte della coalizione antifrancese, accettando ripetuti abboccamenti con l’ambasciatore austriaco Aversberg.

Apertosi il conflitto, l’esercito francese di stanza in Lombardia iniziò immediatamente la sua marcia su Torino, ma venuto a mancare l’appoggio del contingente che avrebbe dovuto confluire dalla Savoia, rinunciò all’impresa e si dispose su una linea lungo Asti, Casale e Novara. Le difese sabaude si arroccarono nella pianura vercellese tra Dora e Sesia, mentre in soccorso giungevano i reggimenti imperiali dello Sahrenberg. Con queste manovre si giunse alla primavera del 1704 quando i francesi passarono all’attacco per isolare Torino.

Il Vendome occupò l’area a nord del Po, con Susa, Vercelli, Ivrea e la Rocca di Verrua, il La Feuillade prese Nizza e le Alpi marittime, il Tessé prese la Savoia. Fu il corpo di spedizione austriaco guidato dal Pincipe Eguenio di Savoia che, sfondando in Lombardia, costrinse la Francia ad alleggerire la pressione su Torino facendo respirare i piemontesi. Presto però le truppe francesi del generale La Feuillade ritornarono alla carica e raggiunsero la periferia torinese, mettendo campo alla Venaria Reale. Era l’8 agosto del 1705.

La città fu investita da un massiccio fuoco di artiglierie, ma resistette, agguerrita più del previsto, e costrinse La Feuillade a ritirarsi in attesa di rinforzi. A questa mossa, Vittorio Amedeo II uscì col suo esercito dalla città ed occupò Asti, disturbando ripetutamente i francesi, ma subendo la perdita del Castello di Montmelian e poi ancora di Nizza nel 1706. Intimorita, Torino rinforzò allora le sue difese.

Duecentoventisei cannoni, ventotto mortai e cinquemila uomini furono disposti ad attendere i francesi che comparvero davanti alle mura cittadine il 12 maggio 1706 con quarantaquattromila soldati ed oltre duecento pezzi d’artiglieria. L’Assedio di Torino incominciò col lavoro di quarantotto ingegneri militari e l’iniziativa degli zappatori francesi che presero a scavare trincee e gallerie sotterranee. Mentre la città tremava sotto il pesante bombardamento dell’artiglieria, patendo le ferite di più di ottomila colpi di cannone e mortaio al giorno, furono completati gli scavi.

Torino era sotto il comando dell’austriaco Daun, la cittadella era in mano al generale La Roche d’Allery, la popolazione era rincuorata all’esempio religioso di padre Sebastiano Valfré, mentre la famiglia ducale s’era rifugiata a Vercelli e Vittorio Amedeo II era uscito con quattromila cavalleggeri per andare incontro all’esercito del cugino Eugenio nei prati di Carmagnola. I due principi si incontrarono il 29 agosto, in quelle stesse ore Pietro Micca, un muratore di Sagliano che da trecidi mesi serviva nella compagnia dei minatori, da tutti chiamato Pasapertut per la sveltezza dei suoi movimenti, sacrificò la sua vita facendo scoppiare una mina in uno dei corridoi sotterranei della cittadella. La deflagrazione travolse i nemici.

Si combattè ancora il 31 agosto sui bastioni della cittadella ed un nuovo attacco si rinnovò il 4 settembre ma la vittoria ormai poteva dirsi vicina, l’attacco concordato tra Vittorio Amedeo ed Eugenio ebbe successo. Sorse l’alba del 7 settembre, verso le 10 gli austro-piemontesi attaccarono le linee francesi dando vita ad una battaglia violenta e rapida. Il duca d’Orleans non riuscì ad arginare la manovra di Vittorio AMedeo, falli il tenttivo della cavalleria francese di irrompere nel mezzo dello schieramento, infine, l’entrata sul campo del presidio della città condotto dal generale Daun segnò il crollo del nemico. Alle tre pomeridiane il duca d’Orleans e La Feullade erano già sulla strada di Francia in mezzo ai resti del loro esercito in rotta. L’assedio, dopo 117 giorni, aveva finalmente termine.

La vittoria fornì l’occasione ai Savoia di ingrandire i loro domini assorbendo parecchi centri della Val di Susa, tra cui Bardonecchia, Fenestrelle, Exilles, Oulx, Cesana, Chiomonte, ma anche Monferrato, la Lomellina, la Valesia.

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: G. Colli, Storia di Torino; F. Cognasco, Storia di Torino

historiaregni

Historia Regni è un portale telematico dedicato alla storia, anzitutto quella italiana. Nasce su iniziativa di Angelo D’Ambra, è senza scopo di lucro e si avvale di collaborazioni gratuite. Le foto presenti sono state, in parte, prese da internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, non avranno che da segnalarlo al nostro indirizzo email info@historiaregni.it e si provvederà alla rimozione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *