L’importanza strategica dell’Abruzzo medievale

La grande storia dell’Abruzzo medievale è ricca di fascino. Vi invitiamo a conoscerla attraverso le sue chiese , il Museo dell’Abruzzo Bizantino ed Altomedievale e questa interessante pagina dello storico Ludovico Gatto, ordinario di Storia medievale nell’Università di Roma (Momenti di storia del medioevo abruzzese, L’Aquila 1986)

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[…] Sulla particolare posizione strategica impersonata dall’Abruzzo credo non si sia abbastanza insistito. È per tale posizione, infatti, che ai Normanni interessò di assicurarsene il dominio e per lo stesso motivo, i pontefici di Roma cercarono di mantenersi in contatto con una situazione di cui non intendevano perdere le possibili evoluzioni e di cui avevano il controllo, convinti dell’importanza di assumersi un ruolo e di mantenerlo, anche a costo di fare concessioni, a prima vista, sembrate poco utili o addirittura dannose agli interessi generali della Chiesa. Sempre in forza della sua posizione di frontiera l’Abruzzo accettò, sebbene senza entusiasmo, o per meglio esprimerci, subendola senza credervi fino in fondo, la dominazione siciliana destinata a sconvolgere precedenti equilibri, allora abbastanza consolidati. Dalla medesima collocazione nacque, altresì, l’interesse degli Hohenstaufen per l’Abruzzo, sempre più predisposto a rivelarsi pedina importante di un’ampia azione di conquista cui si palesarono interessate, oltre alle istituzioni germaniche anche le lontane insegne imperiali d’Oriente.

[…] Sia Federico II che Corrado IV individuarono nell’Abruzzo la sua natura precipua di posto di frontiera del regno con i centri del nord e con la Chiesa e per questo la considerarono una terra da proteggere e sviluppare e da far vivere con relativa liberalità.

[…] Se gli svevi portarono un significativo progresso in varie località abruzzesi e napoletane, non si può dire che avessero avuto la possibilità di definire i molteplici problemi settentrionali del Regno, comuni a Napoli e alle terre di confine, divenuti invece più concreti e risolvibili con l’avvento della monarchia angioina. Come si sa, l’intento più deciso di Carlo I, fu, forse, quello di rendere il Regno veramente occidentalizzato e sganciato quanto possibile, da una vocazione legata soprattutto ai problemi del Mediterraneo. In questa dimensione va collocato, tra l’altro, il provvedimento, in forza del quale la capitale fu trasportata da Palermo a Napoli, cioè quasi mille chilometri più a nord… balzo che equivalse ad avvicinare sensibilmente il Mezzogiorno oltre alla Chiesa, a Firenze, ai Comuni, all’Impero e al regno francese di Luigi IX e di Filippo III l’Ardito, all’Inghilterra di Enrico III e di Edoardo I. In questa prospettiva, Napoli vide esaltato il suo ruolo con l’acquisizione dei compiti di una capitale il cui rilievo rimase inalterato per circa sei secoli e l’Abruzzo conobbe una più spiccata e caratterizzata funzione di collegamento con il settentrione della penisola, già assunta dal XII secolo, ma articolatamente rappresentata con l’avvento al trono di una monarchia come l’angioina, decisa a fare del regno di Sicilia, il regno di Napoli.

[…] Dall’età longobarda in poi, dunque, le terre d’Abruzzo finiranno con l’assumere una funzione di
collegamento fra nord a sud, fra potenze lontane, magari opposte tra loro e disponibili ad incontri sul litorale adriatico, nel chietino, nel sulmontino, o, più tardi, nell’aquilano. Con le sue strade, per esempio la via di Sulmona che, scavalcando l’altopiano delle Cinquemiglia a Roccaraso, unì le terre del Volturno, del casertano e del napoletano, al pescarese, al teramano ed alle Marche; con i suoi monasteri: da San Clemente a Casauria, a Santo Stefano in Rivo Maris, da santa Maria in Arabona a Bominaco, da San Giovanni in Venere a San Liberatore a Maiella, da San Bartolomeo a Carpineto a San Benedetto in Perillis, l’Abruzzo incarnò per tanti aspetti, una sorta di passaggio obbligato – un crocevia potremmo azzardare – che garantì per centinaia di anni una osmosi fra le terre umbro-marchigiane, le romagnole, le toscane e le altre del nord, Roma e gli stati pontifici, Napoli, Capua, Benevento e la Puglia. Come tutti i posti di frontiera, allora, l’Abruzzo fu ricco di vicende, di trasformazioni, di situazioni originali ed intricate, adatte a porre in risalto tendenze e preferenze che condussero a mutamenti anche sensibili e radicali.

 

 

 

 

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