Agostino Mosca e l’attentato a Giuseppe Bonaparte

Agostino Mosca fu il protagonista del più celebre tentativo d’assassinio di Giuseppe Bonaparte, re di Napoli. Il piano, probabilmente ordito dalla regina spodestata, Maria Carolina d’Asburgo, e dal Principe di Canosa, prevedeva un agguato alla carrozza reale nei pressi di Gragnano.
Mosca fu sorpreso sul Faito, in attesa del passaggio di Giuseppe Bonaparte. Aveva in tasca una lettera della regina ed un’altra della Marchesa di Villatranfo, sua dama. L’attentato non si consumò ma egli fu condannato a morte e giustiziato a Piazza Mercato.
Dal Diario Napoletano del 1 luglio 1807 leggiamo: “La sentenza contro Mosca fu di dover uscire dal castello con una veste di pena addosso e una torcia accesa in mano. Al largo del Gesù nuovo doveva amputarseli il braccio, e condursi poi al supplizio sostenendo con la torcia l’altro, per dover con quella accendere egli stesso il rogo, ove dovesse vivo gittarsi. Ma non così poi si è eseguita; e si dice per le premure in contrario dei Bianchi, i quali girarono tutto l’altr’ieri per ottenere che così non si eseguisse, dicendo, che non si fidavano essi di assistere un uomo che dovea per necessità morire disperato. La sentenza dunque sento essersi eseguita in questo modo. Uscì il paziente col suo uniforme di colonnello di Ferdinando IV e cappello con coccarda rossa, innanzi alla chiesa del Gesù gli fu posta la veste ed attaccata la torcia al braccio, che non avrebbe altrimenti sostenuta. Condotto al Mercato, ove il rogo era preparato; fu semplicemente afforcato coi stessi abiti e cappello; se il cadavere sia stato bruciato non lo so. Si dice che sia morto con coraggio, essendosi prima stordito bevendo molto spirito di vino. Si dice aver detto che lasciava molti compagni come l’antico Scevola; e si dice finalmente che nello steccato avesse ritrattata la sua confessione, mercé la quale altre diciotto persone erano arrestate; avendo detto di aver ciò fatto per salvarsi. Tra questi arrestati perché da lui denunziati dicesi esservi il consigliere Vollaro”.
Segue il giudizio reso dalla commissione militare e l’ultima confessione di Mosca.

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Giuseppe Napoleone
per la grazia di Dio, re di Napoli e di Sicilia
a tutti i presenti e futuri, salute.

Oggi primo del mese di luglio 1807, la Commissione Militare creata in virtù del decreto de’14 luglio 1806, e nominata da S. E. il sig. maresciallo Jourdan, governatore di Napoli, in data de’23 maggio 1807.
La detta Commissione composta, conforme al detto decreto, de’Signori Espert, colonnello del 102° reggimento di fanteria di linea; Graziani, maggiore del 2° reggimento di fanteria leggiera napoletana; Muller, capitano del 4.° reggimento di cacciatori a cavallo; Babaliatti, capitano del 102° reggimento di fanteria di linea; Robert,tenente del 4.° reggimento di cacciatori a cavallo; Modot e Bourgcois, tenenti del 102° reggimento di fanteria di linea.
Il Sig. Rabaliatti, uno de‘giudici sunnominati, designato dal Sig. Presidente per adempire le funzioni di Relatore, assistito dal Sig. Pietro Demaissent, sergente maggiore del 102° reggimento di fanteria di linea, Cancelliere, dal Relatore nominato, i quali ne’termini della legge de’13 Brumale dell’anno V non sono nè parenti, nè congiunti, nè fra loro, nè dell’accusato nel grado proibito dalle leggi.
La detta Commissione, convocata per ordine del Sig. Espert colonnello Presidente, s’è riunita nel Castel-Nuovo, luogo ordinario delle sue sessioni, per giudicare il nominato Agostino Mosca, sedicente colonnello al servizio dall’ex-Re Ferdinando, prevenuto d’esser passato al nemico nel mese di luglio 1806, d’aver preso l’armi contro lo Stato, d’aver ricevuto dall’ex-Regina Carolina e dalla marchesa di Villatranfo la missione d’attentare alla vita di S. M. il Re Giuseppe Napoleone, ed a tal effetto aver ricevuto delle istruzioni dall’abate Scagliotti, agente del nemico, residente a Capri, d’essere sbarcato gli 11 giugno a mezzanotte nel luogo detto la Scaricatura, sopra la spiaggia di Sorrento,d’essersi appostato il 13 sulla montagna di Sant’Angelo, per dove aveva saputo che il Re doveva passare, col disegno di consumare il detto assassinio, d’essere stato preso sulla detta montagna, armato di schioppo carico a palla, e con giberna corredata di 50 cartucce.
La sessione essendo aperta, il Presidente ha fatto portare dal Cancelliere, e depositare innanzi a lui sulla ruota una copia del decreto sopracitato del 14 luglio 1806, che costituisce la Commissione. Avendo poi domandato al relatore la lettura del processo verbale di formazione, di tutt’i documenti tanto a carico, che a discarico dell’accusato, nel numero delle carte che sono state lette, si son trovate le seguenti, i cui caratteri sono stati debitamente verificati nelle forme dalle leggi del Regno prescritte, cioè:
1. Una commissione di comandante d’un bastimento armato in corso data al prevenuto in nome dell‘ex-Re Ferdinando, e contrassegnata dall’ammiraglio Sidney Smith.
2. Un ordine di Sidney Smith a tutt’i comandanti inglesi di terra e di mare di rispettare, e di proteggere la persona, ed il bastimento del detto Mosca.
3. Una lettera data dei 28 febbrajo 1807, scritta per intero e firmata dall’ex-Regina Carolina, del tenore seguente:
“Agostino Mosca, voi farete con zelo ed attività tutto quello, che al buon‘ servizio del Re avete promesso; e riuscendoci, potete contare sulla mia protezione. Li 23 febbrajo 1807. – CAROLINA”.
4. Una lettera in data, del 30 aprile 1807 scritta interamente, e segnata dalla marchesa di Villatranfo, residente a Palermo presso dell’ex-Regina Carolina, del seguente tenore:
“Palermo, 30 aprile 1807. Vi prego ad esser obbediente a‘giusti voleri di D. Vincenzo Scagliotti, e v’assicuro ch’io e lui vi abbiam levato da una gran vergogna; esso è venuto a Capri con voi, per consigliarvi ad eseguir presto gli ordini, che vi diede la nostra cara Sovrana, fino dal mese di febrajo, e voi prometteste d’eseguire. Voi sapete già quanto ella è generosa; vi manterrà la parola di farvi colonnello, e vi darà beni in quantità, se vi fidate liberare la vostra patria dall’usurpatore; ricordatevi quanto ho fatto per voi, e pensate a farvi onore. Non maltrattate Giuseppe; ricordatevi di vostro figlio Antonio,che vi chiede la santa benedizione, non altro: mi dico vostra affezionatissima per sempre MARCHESA DI VILLATRANFO — A S. S. Illustriss. il sig. comandante D.Agostino Mosca. Messina”.
5. Alcune istruzioni in data degli 11 giugno 1807 non firmate, ma tutte scritte di proprio pugno dell’abate Scagliotti.
Questa lettura terminata, il Presidente ha ordinato alla guardia di condurre l’accusato, il quale è stato tradotto libero e senza ceppi innanzi alla Commissione.
Interrogato del suo nome, cognome, età, patria, domicilio, e professione.
Ha risposto chiamarsi Agostino Mosca, di 42 anni, nativo di Gragnano,provincia di Salerno, domiciliato da 10 anni a Castellammare, qualificandosi colonnello al servizio dell’ex-Re Ferdinando, e comandante un bastimento armato in corso.
Il Presidente dopo aver fatto sapere all’accusato i fatti che lo rendevano reo, gli ha presentato:
1. Le carte di Sopra nominate, ch’egli ha riconosciuto, essere le medesime, che gli sono state prese addosso nel momento del suo arresto.
2. Un braccialetto di capelli similmente trovatogli sopra, ch’ egli ha riconosciuto, e dichiarato essergli stato dato nel1‘ isola di Ventotene dal principe di Canosa, figlio, nel momento della sua partenza per il continente, come un dono che l’ex-Regina gl’inviava, tessuto de’ di lei proprii capelli.
3. Un fucile Carico a palla, ed una giberna con 50 cartucce, ch’ esso ha riconosciuto esser lo stesso fucile e la stessa giberna, ch’egli aveva al momento dell’arresto.
Interrogato quando, ed in che occasione, egli era sbarcato sul continente.
Ha risposto, che il principe di Canosa, figlio, avendo ricevuto sicuri avvisi dell’arrivo di S. M. a Castellammare, aveva creduto favorevole l‘ occasione per far eseguire gli ordini ricevuti da Palermo, d’ inviare sul Continente chi attentasse alla vita di S. M.; ch’esso Mosca, consapevole di tai progetti, s’era affrettato d’ imbarcarsi anticipatamente per prevenire S. M., ed ottener così il perdono, e la grazia d’ entrar al suo servizio.
Interrogato perché mai, s’egli era vero che avesse l’intenzione di presentarsi a S. M., aveva preferito di aspettarlo sulla montagna,insieme coi suoi compagni armati,muniti di cartucce, e vestiti d’uniforme siciliano,con coccarda rossa,in voce di portarsi al palazzo di S.M. a Castellammare, dove avrebbe potuto con più facilità aver accesso presso del Re;
Ha risposto non avere nulla da aggiungere, ed ha persistito nella sua prima risposta.
Udito il relatore nel suo rapporto, e nelle sue conclusioni, e l’ accusato ne’ suoi capi di difesa,tanto per sè, che per il suo Avvocato, i quali han dichiarato non aver più niente da aggiungere; e fatta la verificazione de’ documenti giustificativi;
Il Presidente ha domandato a’ membri della Commissione, se avevano delle osservazioni da fare; sulla loro risposta negativa il Presidente ha ordinato all’ accusato di ritirarsi: questo è stato ricondotto dalla scorta in prigione. Il cancelliere, e gli uditori si son ritirati in seguito dell’invito del Presidente.
La Commissione Militare deliberando a porte chiuse, il Presidente ha proposto la quistione seguente:
Il nominato Agostino Mosca, qualificato come sopra, accusato d’ esser passato al nemico, d’ aver portato l’ armi contro lo Stato, d’ aver ricevuto la missione d’attentar alla vita di S. M. il Re Giuseppe Napoleone, d‘ essere stato trovato latore delle carte suddette, e d’ essere stato preso armato di un fucile carico a palla, e munito di 50 cartucce, sopra la montagna di Monte Sant’ Angelo, è colpevole?
Raccolti i voti, cominciando dal grado inferiore, avendo il Presidente pronunziato il suo parere in ultimo luogo;
La commissione militare dichiara all’unanimità, che il nominato Mosca è reo dei delitti, onde viene accusato.
Per lo che il Presidente ha raccolto di nuovo i voti nella di sopra indicata per l’applicazione della pena.
La commissione militare, facendo giustizia alle conclusioni del relatore, ha condannato e condanna all’ unanimità il nominato Agostino Mosca, sedicente colonnello al servizio dell’ex-Re Ferdinando, alla pena di morte, conforme all’ articolo 20 del decreto degli 8 agosto 1806, così conccpito:
“Tutti gl‘ individui convinti di delitti contro la pubblica sicurezza, commessi a mano armata nelle campagne, o nelle strade pubbliche, i capi d’attruppamenti sediziosi, o armati, gli autori di movimenti popolari, i rei di reclutamento, di spionaggio, d‘ assassinio di militari francesi, di corrispondenza criminosa col nemico, O in suo favore, saranno puniti di morte.”
Condanna in conseguenza il nominato Agostino Mosca a fare pubblica ritrattazione avanti la chiesa del Gesù Nuovo, vestito d’ una camicia rossa, con torcia accesa nella mandritta, ed ad essere quindi condotto sulla piazza del Mercato per essere impiccato ad una forca piantata sulla detta piazza: ordina inoltre che dopo l’esecuzione della detta sentenza il suo cadavere sia consegnato alle fiamme, e le sue ceneri sparse al vento.
Ordina la stampa, la pubblicazione, e la distribuzione del presente giudizio, al numero di 300 copie, nelle due lingue.
Ingiugne al relatore di legger subito il presente giudizio al condannato, in presenza della guardia radunata sull’armi, e di farlo inoltre eseguire fra le 24 ore.
Ordina, che una spedizione del presente giudizio sia mandata al sig. maresciallo Jourdan, governatore di Napoli, a cura del presidente e del relatore.
Fatto, chiuso, e giudicato, senza discontinuare, in pubblica sessione lo stesso giorno, mese ed anno, come sopra, ed i membri della commissione han sottoscritta col relatore, e col cancelliere la minuta del presente giudizio.
Sottoscritti, BOURGEOIS, RoBERT, MODOT, RABALIATTI, MULLER, GRAZIANI, ESPERT, Colonnello, Presidente; e DEMAISSENT, Cancelliere

Ultima confessione di Mosca

“Io qui sottoscritto Agostino Mosca, per discarico di mia coscienza, volendo dire la verità, dichiaro con giuramento innanzi a Dio essere io stato incaricato dall’ex-Regina Carolina, dalla marchesa di Villa Tranfo, e dal Principino di Canosa di rendermi in Castellammare, di riunire in quei luoghi il maggior numero di cospiratori, e di amici della Corte di Palermo per appostare il Re,ed ammazzarlo. Il luogo indicatomi come il più opportuno era il Ponte della Persica, dove era facile mettersi un’ imboscata, giacché il Re vi doveva in ogni conto passare nel ritorno che avrebbe fatto da Castellammare a Napoli. Era io stato assicurato, che un tale assassinio formava lo scopo principale della vasta cospirazione, ch’erasi ordita nella Capitale. Mi era stato promesso da Carolina, e confermato dalla marchesa Trento e dal principino di Canosa, che sarei stato creato colonnello in attività di un reggimento di linea, se avessi compiuta la impresa di cui mi era compromesso.”
Io Agostino Mosca dichiaro con giuramento quanto sopra.

 

 

 

 

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