Anita Garibaldi, l’eroina del Risorgimento

Quando Giuseppe Garibaldi arrivò a Rio de Janeiro era appena iniziata l’insurrezione generale contro l’imperatore Pedro II ed il Nizzardo vi si donò con grande impeto, immergendosi in una sanguinosa guerra di corsa. L’abbordaggio di navi nemiche e gli scontri si ripeterono per quattro anni. La sua flotta fu al massimo composta da quattro lancioni che riuscirono a fronteggiare un’armata venti volte superiore. La più importante impresa fu forse quando, riuscì a trascinare i suoi lancioni con duecento buio dal lago Dos Patos fino all’Oceano, trovandosi però travolto in un ciclone che fece naufragare il suo Rio Pardo presso la foce dell’Aranquà e morire sedici italiani. Garibaldi, salvo, si lanciò coi superstiti all’arrembaggio di tre navi nemiche, prendendole tutte ed entrando così da trionfatore nella laguna. Fu qui che vide per la prima volta la sua Anita.

Anita era una giovinetta diciottenne accorsa a salutare il liberatore e pronta con lui a prendere parte alla lotta rivoluzionaria.

A Montevideo fu una madre affettuosa per Menotti, Teresita e Ricciotti. Con essi Garibaldi la mandò al sicuro da sua madre, a Nizza, ma tutti la ricordavano nei fatti d’arme di Pelotas, Santa Vittoria e San José; tutti la ricordavano presente quando, per un giorno intero, il Rio Pardo, resistette a ventidue navi imperiali. Garibaldi così ne evocò la memoria: “Già la tolda nostra era coperta di cadaveri e di mutilati, crivellati i fianchi del rio Pardo e distrutti gli attrezzi dell’alberatura. Si era decisi di pugnare sino alla morte, e tale decisione era corroborata dall’aspetto imponente dell’amazzone brasiliana, Anita, che non solo non volle sbarcare, ma prese parte gloriosa nell’arduo conflitto”. A Santa Vittoria, Anita aveva combattuto a cavallo come tutti gli uomini, a Coritybanos pure, e una palla le aveva forato il cappello ed una seconda le aveva ucciso il cavallo obbligandola alla resa. Fatta prigioniera, era riuscita a scappare. Allora cosa aspettarsi da una donna così se non che prendesse parte alla campagna italiane del marito?

I due si erano sposati il 26 marzo del 1842 a Montevideo, nella chiesa scomparsa di San Francesco d’Assisi. Lei era divenuta vedova, dopo un matrimonio contratto in giovanissima età

Dall’ottobre 1848 al marzo del seguente anno, fu a fianco di Garibaldi a Bologna, Ravenna, Macerata, Rieti, sino al giorno in cui il generale riuscì a convincerla a tornare a Nizza. Fu cosa inutile: il 3 giugno, saputo che a Roma si combatteva per la repubblica, eluse le spie francesi ed austriache e partì per tornare in Italia. Giunse a destinazione il 14 giugno. Scrisse Garibaldi: “La mia buona Anita, ad onta delle mie raccomandazioni per farla rimanere, aveva deciso di accompagnarmi. L’osservazione che io avrei da affrontare una vita tremenda di disagi, di privazioni e di pericoli fra mezzo a tanti nemici, era stata piuttosto di stimolo alla coraggiosa donna, ed invano feci osservare ad essa il trovarsi in stato di gravidanza. Giunta ad una priam casa, pregò una donna di reciderle i capelli, si vestì da uomo e montò a cavallo”.

Anita seguì la sfiancante ritirata del marito, inseguito da francesi, austriaci e borbonici fino all’ospitale riparo di San Marino e poi a Cesenatico dove salparono per Venezia. La donna era ormai divorata dalla febbre. Navi austriache rendevano difficoltoso lo sbarco. C’era da scappare e farlo in fretta. I garibaldini si dispersero.

Nelle valli di Comacchio la debole Anita non riuscì più a resistere, perse conoscenza; venne poi trasportata su una piccola barca, adagiata su un materasso e condotta presso la fattoria Guiccioli in località Mandriole di Ravenna, dove spirò il 4 agosto 1849.

Il marito la pianse e ne serbò il ricordo e l’esempio: “Nel posare la mia donna in letto, mi sembrò di scoprire nel suo volto l’espressione della morte. Le presi il polso, più non batteva! Avevo davanti a me la madre dei miei figli, cadavere. Io piansi amaramente la perdita della mia Anita! Di colei che mi fu compagna inseparabile nelle più avventurose circostanze della mai vita!”.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: C. Calci, Garibaldi e i suoi tempi; A. Scirocco, Garibaldi. Battaglie, amori, ideali di un cittadino del mondo

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