Borrelli il padre della biomeccanica

Il napoletano Giovanni Alfonso Borelli è considerato il padre della biomeccanica perché, con eccellenti risultati, estese alla biologia i rigorosi metodi analitici sviluppati da Galileo nel campo della meccanica.

Borelli nacque a Napoli nel 1608 da un’umile popolana napoletana e dal soldato spagnolo Miguel Alonzo di stanza a Castel Nuovo che, nel 1614, fu processato per aver favorito la fuga del Campanella. La pena capitale gli fu commutata nell’esilio a Roma dove si trasferì con tutta la famiglia. Nell’urbe il giovane Giovanni Alfonso Borelli poté studiare scienza ed algebra alla Sapienza di Roma ed ebbe come insegnante il prestigioso frate Benedetto Castelli, che era stato allievo di Galileo, e come compagno di studi Evangelista Torricelli, che in seguito inventò il barometro.

Borelli si specializzò in matematica e la insegnò a Messina e poi a Pisa. Qui ebbe l’opportunità di incontrare Galileo nel 1640. Tra i due nacque una profonda sinergia e, sedici anni dopo, Galileo lo raccomandò come suo sostituto all’Università di Pisa. Qui Borelli incontrò pure Marcello Malpighi, biologo e medico, scopritore di globuli rossi e fondatore della disciplina che studia i tessuti organici, l’istologia. Malpiga convinse Borrelli a focalizzare la sua attenzione sull’analisi del corpo umano ed insieme fondarono l’Accademia degli Investiganti nel 1657. Sebbene avesse il patronato di importanti nobili, l’accademia rimase attiva solo per un decennio ma fu un momento di grande fervore intellettuale per Borrelli.

Egli iniziò ad indagare il movimento degli animali e stese l’opera che lo rese famoso come padre della biomeccanica: i due volumi del De Motu Animalium.

A poco a poco la sua attenzione si focalizzò sulla morfologia degli uccelli fino a fabbricare delle vere e proprie ali artificiali. Consapevole di come i muscoli si muovano attraverso impulsi e di come il cuore eserciti una funzione simile a quella di un pistone grazie all’elasticità arteriosa, Borrelli sperimentò il volo degli uccelli tentando di riprodurlo con le macchine. L’esperimento però lo portò alla definitiva convinzione che l’uomo non avrebbe mai potuto volare perché le braccia umane non avevano raggiunto il potere sufficiente per muoversi nel modo e coi tempi necessari. Ciò era dovuto, spiegò, al fatto che i muscoli coinvolti nell’azione costituivano meno di un centesimo del peso totale del corpo umano, mentre negli uccelli erano un sesto e potevano generare una forza equivalente a diecimila volte la loro massa. Queste conclusioni resero inutili tutte le invenzioni fatte fino ad allora in quell’ambito, comprese anche quelle di Leonardo da Vinci.

Borelli fu il primo a capire che le leve del sistema muscoloscheletrico amplificano il movimento piuttosto che la forza, così che i muscoli devono produrre forze molto più grandi di quelli che resistono al movimento. Ma questa non fu l’unica scoperta di Borelli. Una delle più curiose è una sorta di attrezzatura individuale di respirazione subacquea, una vera e propria moderna tuta da sub.

Tuttavia il suo problema principale era il carattere, difficile, severo e superbo. Fu questa la ragione per cui spesso si alienò la protezione di nobili. Neppure riusciva condividere il suo lavoro con gli altri membri della comunità scientifica mantenendosi sempre schivo.

Probabilmente si occupò anche di politica e ciò gli costò un nuovo esilio. Durante un secondo soggiorno messinese, infatti, Borelli frequentò la casa del Visconte Ruffo ricettacolo di cospiratori poi protagonisti della congiura del 1674. Borelli fu tra gli accusati di ribellione e dovette raggiungere ancora Roma.

La sua fine fu triste, immersa nella povertà e nella malattia, come semplice insegnante di scuola in un convento che gli fornì alloggio.

Il suo lavoro fu pubblicato un anno dopo la sua morte, nel 1679, per volere dell’ex-regina Cristina di Svezia, che, convertitasi al cattolicesimo, aveva abdicato in favore del cugino Carlo Gustavo e temendo per la sua vita, costantemente minacciata dai protestanti, era fuggita Roma dove aveva trovato proprio in Borelli un fidato amico.

Il successo dell’opera fu così clamoroso che ispirò un gran numero di scienziati, microscopisti e inventori, ed oggi il più alto riconoscimento conferito dall’American Society of Biomechanics porta il suo nome.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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