Caravaggio al Palazzo Zevallos Stigliano

Palazzo Zevallos Stigliano si trova al civico 185 a Napoli in Via Toledo. E’ un tesoro seicentesco nel cuore della città, ma con segni stupendi delle ristrutturazioni di fine Ottocento. Di proprietà di Intesa San Paolo, conserva il Martirio di sant’Orsola di Caravaggio e tante altre opere di Solimena, De Mura, Gemito, Morelli, Gigante.. in incantevoli stanze dai ricchi fregi.

Palazzo Zevallos Stigliano attrae l’occhio del passante per la sua austera imponenza, ma soprattutto per quelle insegne cartonate che invitano ad entrarvi per ammirare il “Martirio di Sant’Orsola”. Il palazzo è infatti un museo e fa parte della rete delle “Gallerie d’Italia” che Intesa Sanpaolo ha costruito unendo i vari musei-edifici storici di sua proprietà ubicati nelle diverse città d’Italia.

Edificato a partire dal 1635 per volontà del mercante spagnolo Giovanni Zevallos, il palazzo fu ceduto al fiammingo Giovanni Vandeneynden che vi adibì una prima pregevole collezione d’arte. Sul finire del Seicento un nuovo cambio di proprietà porto il Palazzo ai Colonna, principi di Stigliano, che commissionarono a Luca Giordano decorazioni interne oggi perdute. Nei secoli successive le molte ripartizioni tra i diversi proprietari e i numerosi rifacimento donarono all’edificio una nuova facciata e nuovi affreschi e stucchi interni. Acquisito nel 1920 dalla Banca Commerciale Italiana, il palazzo fu trasformato dall’architetto Platania che fece del grande cortile interno seicentesco un salone per il pubblico in stile liberty su cui si affacciavano balconate e lucernario dai tipici tratti della Belle Epoque.

Chi oggi vi entra si imbatte tra le varie opere nel “Ratto di Elena” di Luca Giordano, nell’Agar e Ismaele di Francesco Solimena, nelle quattro allegorie della pietà di Francesco De Mura. Colpiscono le vedute napoletane e romane di Van Wittel e la rassegna di opere della scuola di Posillipo e di quella di Resina che culminano con la collezione di terracotte, bronzi e disegni di Vincenzo Gemito. L’opera che tuttavia riscuote maggiore successo è il “Martirio di Sant’Orsola”.

Michelangelo Merisi la realizzò nel 1610 a Napoli, poco prima della sua morte, ed è l’ultima sua pittura. Gli fu commissionata dal banchiere genovese Marcantonio Doria. In origine altrove collocata, è oggi a Napoli perchè i Doria, principi d’Angri e duchi di Eboli, la spostarono dalla loro tenuta d’Eboli, dove permane una copia, al palazzo di Via Toledo. Di dimensioni più grandi rispetto alla maggior parte delle storie rappresentate da Caravaggio, è anche l’unica sua opera a non avere al centro un tema biblico.

Sant’Orsola, protettrice della nobile famiglia, è raffigurata nel momento in cui la freccia, scoccata dall’arco di Attila, la trafigge. Il drappeggio conferisce all’immagine un grande impatto drammatico e contribuisce a valorizzare il gioco di ombre tipico della pittura caravaggesca. Attila appare in abiti secenteschi come tutti i protagonisti dell’opera e pare che proprio Caravaggio sia impresso nelle fattezze di colui che guarda alle spalle della Santa con la bocca aperta per lo stupore suscitato dal gesto efferato.

Sant’Orsola, a testa bassa, guarda la ferita e la cinge con le mani mentre il sangue zampilla dal suo petto. Suggestiva questa immagine che immortala la calma del martirio.

Al termine di un impegnativo restauro, realizzato tra il 2003 e il 2004, la tela fu esposta in importanti mostre in Italia e all’estero (alla National Gallery di Londra, al Museu National de Catalunya di Barcellona, al Rijksmuseum di Amsterdam…) ed è posta oggi allo sguardo di centinaia di visitatori che giungono a Napoli.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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