Come Genova combatteva la peste

Davanti al timore della peste, la Repubblica di Genova provò a mettere in atto tutte le risorse e le competenze. Il suo territorio, confinato tra monti e mare, poteva essere raggiunto dal contagio, così il governo della Repubblica escogitò una serie di misure sanitarie parecchie avanzate per quella che era la scienza medica dell’epoca.

In pieno Seicento a Genova esisteva, infatti, un Magistrato dei Conservatori della Sanità che raccoglieva perennemente notizie sulla diffusione di morbi pestilenziali nei paesi confinanti, studiava e prescriveva i provvedimenti igienico-sanitarii del caso.

Al contempo, disseminati largamente in tutto il territorio della repubblica, dei Commissari di Sanità si premuravano di vigilare sull’esecuzione degli ordini trasmessi dal Magistrato.

Due Commissari generali di Sanità, scelti dal Magistrato di Genova fra persone di sua fiducia, detenevano poi funzioni ispettive, uno per la Riviera di Levante e l’altro per quella di Ponente. Entrambi dovevano ispezionare i territori e farsi garanti della corretta applicazione dei provvedimenti del Magistrato dei Conservatori della Sanità, informandolo con continue relazioni sull’andamento dei contagi nel territorio di loro competenza.

Le circolari, le grida, le patenti di sanità del Magistrato di Genova erano trasmesse da staffette e venivano inviate in tre esemplari, uno per la Riviera di Ponente, uno quella di Levante e l’altro per i paesi al di là dei monti. Le stesse staffette si occupavano di riportare a genova le relazioni dei commissari.

I poteri del Magistrato di Sanità erano enormi. Egli poteva attuare tutte le disposizioni possibili per impedire che il morbo entrasse nei territori della Repubblica, poteva anche disporre che a qualunque nave, grande o piccola, barca o feluca, proveniente da paesi notoriamente infetti, fosse negato l’approdo. Per fare osservare simili misure poteva disporre anche di soldati armati di archibugi e spingarde. Chi infrangeva certe misure rischiava la prigione.

Era così possibile un capillare controllo del territorio e permettere l’immediata individuazione di casi e centri di contagio. Tuttavia ciò non bastò a sottrarre Genova dalla peste del 1656-57.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

Bibliografia: P. Calcagno, Pestilenze e controllo del territorio nella Repubblica di Genova

 

 

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