Continuità fra impero d’Austria e III Reich in Venezia Giulia

Dopo l’armistizio italiano dell’8 settembre e l’occupazione tedesca di gran parte dell’Italia, l’area del nord-est fu accorpata dal III Reich nella cosiddetta Operationszone Adriatisches Kustenland (OZAK). Su questo i saggi imprescindibili sono quelli di Enzo Collotti, Il Litorale Adriatico nel Nuovo Ordine Europeo (1943-1945) (Milano, Vangelista Editore, 1974) e quello più recente dello storico Giorgio Liuzzi, Violenza e repressione nazista nel Litorale Adriatico (1943-1945), uscito nel 2015 per la casa editrice Irsml Friuli Venezia Giulia. Ad essi si è fatto anzitutto (anche se non esclusivamente) riferimento in questo breve articolo divulgativo.

Dopo l’8 settembre il III Reich attuò il progetto, già anteriore, di creazione di due “Länder” dipendenti da Berlino; l’uno comprendente il Trentino e l’Alto Adige, l’altro il Friuli e la Venezia Giulia. Il 10 settembre, la Cancelleria del Reich decideva ufficialmente la costituzione dell’Alpenvorland con capitale Bolzano e dell’Adriatisches Küstenland con capitale Trieste, rispettivamente affidati al Gauleiter del Tirolo Franz Hofer, ed al Gauleiter della Carinzia Friedrich Rainer. In tal modo, il 15 ottobre 1943 nasceva ufficialmente l’Adriatisches Küstenland che comprendeva Udine, Trieste, Gorizia, Pola, Fiume inclusi i territori di Buccari, Ciabar, Casta e Veglia.
Gli eventi di questa regione, il “Litorale Adriatico”, furono decisamente intricati per la rivalità esistente fra tre diversi progetti politici: i tentativi del governo fascista della RSI di tutelare la storica italianità della regione; le mire naziste di annessione di tutto il nord-est italiano con germanizzazione sistematica; le ambizioni imperialistiche dei partigiani jugoslavi.

Il possesso della Venezia Giulia, anzi dell’intera Italia orientale, rientrava nell’antico progetto tedesco di ampliare i propri confini fino all’Adriatico, considerato parte del loro “spazio vitale”. La creazione dell’Adriatisches Kunstenland rispondeva dunque ad esigenze che affondavano le proprie radici nella storia del nazionalismo germanico. Il concetto sottostante alla costituzione di questa regione militare ed amministrativa assieme era ripresa dal passato dell’Austria imperiale, quando il vecchio Litorale assorbiva la Venezia Giulia, collegata ai territori di popolamento austriaco per il tramite della Carinzia.

L’esistenza di un piano dello stesso Adolf Hitler (non si dimentichi che egli era un austriaco di nascita, origine e formazione), ispirato al passato dominio asburgico su tali regioni italiane, è attestato dalle lettere scambiate, già nel 1941, fra il “Führer” ed Horthy, dittatore d’Ungheria ed ex ammiraglio asburgico. Questa corrispondenza epistolare riferisce della volontà di Horthy di espandere i territori ungheresi in Jugoslavia ed Italia, giungendo sino a comprendere Fiume. Hitler esprimeva il suo assenso di massima, ritenendo giusto ripristinare i confini dell’Ungheria quali era sotto l’impero asburgico (ciò che fu in parte concesso annettendole la Vojvodina e la Transilvania), ed assieme ammettendo la propria aspirazione di reintegrare i territori già appartenuti al dominio germanico sotto gli Asburgo, fra cui anche quelli di un paese allora alleato come l’Italia.

Una prova ulteriore di ciò risiede in quanto affermato da Goebbels nel suo Diario intimo del 23 settembre 1943: «Col Führer ho affrontato una questione seria ed importante domandandogli fin dove intenda estendere il territorio del Reich. Secondo la sua idea, noi dovremmo avanzare fino ai confini del Veneto, ed il Veneto stesso dovrebbe essere incluso del Reich».

Il Gauleiter del “Litorale austriaco”, il nazista Rainer nel memoriale redatto nel novembre 1945 nel carcere confermò come la volontà annessionistica della Venezia Giulia, del Friuli, del Trentino-Alto Adige e del Veneto fosse data dall’aspirazione a ricostruire la frontiera meridionale del “Reich” germanico quale esisteva nel secolo XIX.

L’annessione del nord-est italiano corrispondeva d’altronde al generale progetto nazista d’accorpare tutte le terre abitate da gruppi germanofoni, anche piccoli o piccolissimi. Il pangermanesimo di Hitler era erede anche in questo di quello del romanticismo germanico ottocentesco. La popolazione di lingua tedesca sotto l’Austria era sempre stata in Venezia Giulia una minoranza minima, costituita per lo più da funzionari o militari che si erano trasferiti temporaneamente per ragioni di servizio. Tuttavia la presenza di pochissime famiglie di origine germanica residenti a Trieste anche negli anni ’40 e le minuscole isole tedesche della val Canale e del Tarvisiano, nel Friulano erano sufficienti agli occhi dei nazionalisti pangermanisti per legittimare le proprie pretese su di una regione a stragrande maggioranza italiana.

Il Rainer inoltre aveva il piano di agire verso i friulani in modo analogo a come l’Austria imperiale aveva fatto nei confronti dei ladini dell’Alto Adige, linguisticamente e culturalmente assai simili. Nonostante il Friuli rientri certamente, sotto ogni aspetto a cominciare da quello linguistico e culturale, nell’area italiana, secondo il Rainer i suoi abitanti sarebbero stati “razzialmente” distinti dagli italiani, ciò che nella sua ottica nazista era prodromo ad una separazione del Friuli dal resto dell’Italia ed ad una germanizzazione dei friulani.

Anche la scelta del personale amministrativo rifletté la volontà del III Reich di ricollegarsi all’impero d’Austria, poiché gli incarichi cruciali della nuova amministrazione vennero attribuiti a funzionari che, in maggioranza, provenivano dalla “carriera” del vecchio mondo asburgico e che erano al contempo dei convinti nazisti. Lo stesso Friedrich Rainer era nato in Carinzia sotto il dominio imperiale e proveniva da una famiglia convintamente filoasburgica. Anche il comandante delle SS e della polizia del Litorale, che aveva in condizioni di guerra poteri amplissimi e la supervisione della repressione di tutti i nemici della Germania, era un austriaco, l’SS Gruppenführer und Generalleutnant der Polizei Odilo Globocnick. Questi era nato a Trieste nel 1904 in una famiglia austriaca (il cui cognome, poi modificato forzatamente da un sacerdote slavo, era Globotschnig), il cui padre era un impiegato imperiale.

La stessa propaganda diffusa dal regime d’occupazione nazista rievocava apertamente il passato dominio degli Asburgo, sostenendo che vi fosse una continuità fra l’amministrazione imperiale e quella nazionalsocialista. La giustificazione posta per cercare di dare legittimità alla conquista della Venezia Giulia era l’idea che essa appartenesse alla Mitteleuropa. Al contempo si cercava di convincere i potenti ed influenti gruppi finanziari e commerciali di Trieste che l’annessione al III Reich avrebbe portato a benefici economici, facendo della città il porto e naturale sbocco adriatico dell’entroterra della Deutschland dell’Europa centrale.

Nonostante la Germania e la Repubblica Sociale Italiana fossero in teoria alleate, l’amministrazione tedesca condusse nel cosiddetto Litorale una campagna contro gli italiani. Essa infatti cercò propagandisticamente di accusare gli italiani, quindi il fascismo stesso, di aver creato i contrasti nazionali esistenti, opponendo anche qui il mito fallace dell’Austria felix e sostenendo che il rinato dominio germanico avrebbe saputo sanare le tensioni etniche. La sorte del nord-est italiano nel “Nuovo ordine” hitleriano sarebbe stata la germanizzazione. Pare probabile, ad esempio, che si volessero insediare a Trieste coloni tedeschi in gran numero, quale testa di ponte per una germanizzazione della città. Il Rainer nelle sue analisi della situazione etnica in Venezia Giulia e nei progetti pertinenti dimostrava una netta ostilità nei confronti degli italiani, laddove si dimostrava molto più amichevole nei confronti di sloveni e croati. Anche qui si ritrova la ripresa della politica dell’impero d’Austria, favorevole agli slavi nei territori giulio-veneti in funzione anti-italiana. Un funzionario della RSI in visita nei territori occupati da Hitler riferiva a Salò che «Grazie alla politica […] praticata dai tedeschi sloveni e croati trovano il modo di manifestare tangibilmente il loro odio secolare contro gli italiani. […] Armati per combattere i partigiani comunisti, essi svolgono al contrario tutta la loro attività nel combattere gli italiani perché tali».

In termini generali, appare evidente che il III Reich nel nord-est italiano operasse sulla base di schemi ideologici largamente ispirati ai vecchi programmi dell’impero d’Austria. I principi di geopolitica con l’inclusione della Venezia Giulia nella Mitteleuropea, la precisa volontà propagandistica dei nazisti di ricollegarsi al passato del dominio imperial-regio, l’utilizzo preferenziale di personale militare ed amministrativo austriaco ed in buona misura formato da ex funzionari imperiali, il piano di germanizzare la regione ed il sostegno ai nazionalismi slavi attestano inequivocabilmente la continuità storica ed ideologica fra le mire di Hitler e dei nazisti e la dominazione  asburgica.

 

 

 

Autore articolo: Marco Vigna

Marco Vigna è laureato in storia summa cum laude, dottore di ricerca in storia (Philosophiae doctor) ed autore di pubblicazioni nel campo di storia medievale.

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