Francesco Laparelli, l’ingegnere che fondò La Valletta

Francesco Laparelli, l’ingegnere che gettò le fondamenta de La Valletta, nacque in Toscana, a Cortona, il 5 aprile del 1521.

Fin dalla gioventù si interessò di scienze militari e architettura. Il suo estro emerse negli anni della Guerra di Siena, quando il Duca Cosimo de’ Medici volle far fartificare Cortona per meglio difendere la frontiera con lo Stato di Siena.

I primi lavori furono affidati al milanese Gabriele Serbelloni, cugino del Marchese di Marignano. Serbelloni conobbe Laparelli che, forte di ampie conoscenze in architettura civile e militare, acquisì la sua stima. Quando, nel 1554, Serbelloni dovette lasciare i lavori di Cortona perchè divenuto Generale d’Artiglieria, l’opera fu lasciata al Laparelli che condusse tutto a termine maturando esperienze e raccogliendo consensi. La Fortezza del Girifalco testimonia l’imponenza dei lavori di fortificazione realizzati. Per lo zelo con cui eseguì i suoi doveri, Francesco fu premiato dal Duca che, a guerra finita, volle ascrivere la famiglia Laparelli alla cittadinanza fiorentina. Negli stessi anni Laparelli disegnò anche il campanile del Duomo di Cortona.

Di lì a poco Giovanni Angelo Medici, cugino del Serbelloni, divenne papa col nome di Pio IV. Il nuovo pontefice fece di Gabriele Serbelloni un cavaliere gerosolimitano, Priore d’Ungheria e Capitano Generale della Guardia Pontificia, mentre Giovanni Antonio Serbelloni, Marchese di Marignando, divenne Cardinale. Laparelli godè della riconoscenza dell’amico e fu fatto capitano di una compagnia pontificia di duecento uomini di stanza a Civitavecchia.

Della città, l’ingegnere fortificò le mura e il porto. La governò sino al 19 settembre del 1560 quando fu chiamato a Roma. Il pontefice urgeva di architetti capaci di guidare i lavori di fortificazione del Borgo e di Castel Sant’Angelo e si rivolse a Michelangelo Buonarroti. Fu il genio toscano a suggerire al papa il nome di Laparelli che a Roma lavorò al pentagono bastionato di Castel Sant’Angelo, alla cinta bastionata del borgo presso il Vaticano ed anche ai lavori alla gran cupola di San Pietro. Apprezzato per la sua operosità, Laparelli sopravvisiono alle fortezze principali romane e guidò taluni lavori di ristrutturazione. Era il 1565 e Solimano II s’apprestava ad assediare Malta.

Il sultano attuava un piano dettato dall’odio verso la cristianità ma anche dalla vendetta. Otto anni prima, Fra Leone Strozzi, Gran Priore di Capua, aveva affondato la nave che portava la figlia del sultano, moglie di Rustaly Pasha. Costei pregò il padre di scacciare i Cavalieri di Malta e così Solimano II ideò l’impresa.

Tra i soccorsi inviati da Papa Pio IV, una volta ottenuto il benestare di Cosimo de Medici, signore di Toscana, ci fu anche l’ingegnere Laparelli perchè portasse le sue conoscenze architettoniche alla difesa dell’isola. Quando però il capitano pontificio arrivò a Malta, trovò l’isola liberata.

Fu allora ricevuto dal Gran Maestro Jean de La Vallette che aveva maturato una nuova ambiziosa idea: la fondazione di una nuova città sull’isola. Laparelli fu condotto in visita in tutta Malta, al Forte di San Michele, alle Porte, al Borgo, nei luoghi in cui erano stati poste le batterie turche e fu chiesto il suo parese su come rinforzare le difese cristiane davanti al sospetto di un secondo imminente attacco musulmano. Ascoltò l’idea di La Vallette e si disse che una nuova città poteva sorgere su Monte Sant’Elmo. Dopo cinque giorni, aveva preso misure, disegnato schizzi, studiato il terreno e presentò così richiesta di 5000 guastatori da disporre a tagliare monti e rocce e 5000 fanti a guardia della città vecchia. la nuova città sarebbe stata inespugnabile, più grande, meglio ventilata. Il capitano Laparelli si mise subito all’opera, carico di entusiasmo, e spostò le pietre trovate nei campi tracciando le cortine, i fossi, i quattro baluardi.

Superate titubanze, invidie e diffidenza, nell’arpile del 1566 potevano finalmente iniziare i lavori. Si celebrò la messa sotto un padiglione eretto sul posto, poi si tenne una processione. La città fu battezzata La Valletta in onore del Gran Maestro che l’aveva tanto voluta. La porta principale fu chiamata Porta San Giorgio, i quattro baluardi San Pietro e Paolo, San Giacomo, San Giovanni, San Michele.

Da subito ci furono criticità. Mancavano oro, mancava denaro, mancava argento per pagare gli operai e si coniarono monete di rame. Il re di Francia concesse centoquarantamila lire, il re di Spagna trentamila scudi, il re del Portogallo trentamila cruzados, il Duca di Toscana quindicimila scudi, i commendatori di tutto l’Ordine si spogliarono delle loro rendite e lo stesso fecero molti vescovi. Solimano, del resto, faceva ancora paura. Tutti pensavano che una grande armata, prima o poi, si sarebbe presentata nelle acque di Malta. Filippo II vi mandò persino la sua flotta, con ben diciottomila uomini e trecento cavalieri, comandati da Gianandrea Doria, ma invece i turchi si abbatterono sull’Ungheria. Il sultano morì, l’Ungheria fu salva, ma la minaccia non sparì. Alla costruzione della nuova città, il nuovo pontefice Pio V assegnò cinquemila scudi al mese. Intanto erano trascorsi due anni ed i lavori erano lontano dall’essere conclusi.

Quando la sua presenza non fu più così necessaria, ottenne di poter ritornare in Italia. Il suo rientro fu accompagnato da una lettera di raccomandazione del Gran Maestro a Pio V in cui si legge: “Il presente Capitan Francesco Laparelli, dopo aver condotta questa Fotezza con molta sua laude, ma non senza incessabil fatica, ed assidua diligenza in molto buon termine; vedendo mancati i sospetti dell’Armata Turchesca, mi ha domandato licenza per venire a rivedere la sua famiglia; & si come io non ho potuto negargliela dopo tanti mesi che n’è assente, così ho voluto accompagnarlo co’ la presente a V. Santità, alla quale verra a basciar i Santissimi piedi; essendo egli tanto degno della buoa gratia e favor di lei, r haver mostrato la singolarità dell’ingegno, e sufficienza sua in opera di tale importanza a tutta la Cristianit. E se ben son certissimo, che V. Santità tenendo per tanto proprio questo comun servizio, lo vedrà più che volentieri per la benigissima sua natura; la supplico nondimeno caldissimamente, e con la humiltà che devo, sia servita farli conoscere quanto si sia mossa a favorirlo di più per il special conto che tiene di questa Religione, & consequentemente di tutti quelli, che si adoprano per essa; con la quale io ne restarò a V. Santità con quell’obbligo maggiore che si possa; tanto è il desiderio, ch’io tengo, e con molta ragione, che questo raro huomo sia accarezzato come meritano le gran virtù e valor suo, di che ne ha fatto così larga esperienza in questa fortificazione, che V. Santità ne resterà satisfattissima; la quale si degnarà comandargli, che debbia ritornar quanto prima a metterla in la debita perfettione; perchè la sua tardanza ne saria di troppo gran mancamento…”.

Giunto in Italia ricevette subito diverse richieste, anzitutto la proposta di occuparsi delle fortificazioni della Repubblica di Ragusa. I ragusei gli offrirono mille zecchini d’oro l’anno, ma Laparelli rifiutò. Arrivò il 1568, l’anno della morte di Jean de La Vallette. Fu sepolto nella sua La Valletta, con tutti gli onori, nella cattedrale di San Giovanni. Gli successe Pietro del Monte, Priore di Capua e conterraneo di Francesco Laparelli, nonchè cugino di Papa Giulio III. Laparelli tornò allora a Malta immergendosi nuovamente nei lavori per la costruzione della città, operando modifiche e aprendo Porta di Monte, volta verso Castel Sant’Angelo. I lavori subirono un’accellerata, ancorp iù quando arrivarono sull’isola voci di una nuova aggressione ottomana che invece si abbattè su Cipro.

Laporelli volle impugnare la spada contro i musulmani e prestare soccorso ai ciprioti. Raggiunse la Sicilia e qui si imbarcò su una galea della squadra pontificia comandata da Marcantonio II Colonna, Duca di Palliano, Gran Contestabile del Regno, sotto il cui comando erano anche le quattro galee di Malta. Tutte si unirono alla flotta spagnola comandata da Gianandrea Doria nel porto di Suda a Creta. Fu qui, in un porto sicuro in mano alla Repubblica di Venezia, che Laporelli fu colpito dalla peste. Morì il 26 ottobre del 1570.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Fonte foto: dalla rete

Bibliografia: F. De Venuti, Vita del capitano Francesco Laparelli da Cortona

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