Pesaro dagli Sforza ai Della Rovere

Federico di Montefeltro consigliò Galeazzo Malatesta, nel 1445, di vendere agli Sforza la signoria di Pesaro per 20.000 fiorini. Francesco Sforza accettò d’investirne il fratello Alessandro, marito di Costanza Varano, nipote di Galeazzo, per placare le ire di Papa Eugenio IV. Il 2 aprile del 1447, Papa Niccolò V concedette allo Sforza la Signoria di Pesaro per 750 fiorini annui. Morto Alessandro, il potere passò a suo figlio Costanzo, il 3 aprile del 1473.

Questi fu un valoroso uomo d’armi e, seguendo le orme paterne, prese parte a molte guerre del suo tempo, il che non gli impedì di essere anche un mecenate e mite reggente della città, che a lui deve la costruzione della rocca. Alla sua morte, gli succedette nel dominio dei feudi il figlio Giovanni, il 19 luglio del 1483. Giovanni Sforza, ancora minorenne, fu posto sotto la reggenza della madre Camilla Marzano d’Aragona, donna colta e forte ma non così tanto da poter sfuggire alle mire dei Borgia.

Alla morte di Maddalena Gonzaga, sua prima moglie, Giovanni sposò nel 1493 Lucrezia Borgia, che al momento delle nozze aveva solo 14 anni. Il loro matrimonio durò solo quattro anni, perché Alessandro VI, progettando un secondo matrimonio più vantaggioso per il proprio casato, fece annullare il vincolo, costringendo Giovanni a dichiararsi impotente ed a giurare che il matrimonio non era stato consumato. Papa Alessandro VI, ansioso di creare un regno per il figlio Cesare, procedette pure a proclamare decaduti gli Sforza da Pesaro. Nel 1500 l’esercito pontificio si portò fuori le mura della città, guidato da Cesare Borgia, e il piccolo Giovanni, assediato dai suoi stessi concittadini, si ritirò nella rocca per poi fuggire a Venezia.

L’esercito del Borgia incendiò il Registro municipale, la Cancelleria Criminale e gli Estimi, accampandosi in città fino all’8 luglio del 1501 quando Agabito dei Giarldini, su incarico di Cesare Borgia, assunse il Vicariato di Pesaro. Il dominio del Duca di Valentino durò però solo tre anni, morto Alessandro VI tramontarono anche le fortune di suo figlio e Giovanni tornò a Pesaro vendicandosi di chi l’aveva tradito. In tali circostanze, l’esercito fedele al Valentino, chiusosi nella Rocca, cannoneggiò la città distruggendo il campanile del Duomo, ritenuto all’epoca uno dei più belli d’Italia. Con le stesse modalità fu pure abbattuto il campanile della Chiesa di San Francesco. I segni di questa guerra restarono a lungo impressi sulla città.

Vittima della vendetta di Giovanni Sforza fu anche l’umanista Pandolfo Collenuccio che aveva patteggiato per Cesare Borgia. Il Collenuccio, rifugiatosi a Ferrara da Ercole I d’Este, suocero di Lucrezia Borgia, venne attirato a Pesaro con la promessa che sarebbe stato risparmiato, invece fu imprigionato, torturato e infine giustiziato senza processo. Per mantenere vivo il ricordo dei fatti Giovanni Sforza ordinò che ogni anno fosse festeggiato il 3 settembre, data del suo rientro a Pesaro, con solenni cerimonie al Duomo ed in Piazza, disponendo anche una corrida perchè il toro rappresentasse il Borgia. Il 27 luglio del 1510, Giovanni Sforza morì e suo figlio Costantino II, figlio di Ginevra Tiepolo. Costantino aveva soli quattro mesi ed assunse il potere sotto la reggenza di suo zio Galeazzo.

Appena due anni dopo, anche Giovanni morì ed il nuovo papa, Giulio II, non rinnovò la signoria agli Sforza, ma la destinò a suo nipote Francesco Maria della Rovere, Duca di Urbino.

Nel loro travagliato e breve governo, durato appena sett’antanni, gli Sforza cambiarono il volto di Pesaro, costruirono la Rocca Costanza, fortificarono il ponte sul Foglia, eressero l’avancorpo del Palazzo Ducale e fondarono un ospedale.

Si chiudeva il sipario sulla Signoria degli Sforza a Pesaro con la morte di Giovanni nel 1510. Invano suo figlio Galeazzo tentò di riottenere da Roma l’investitura della città. Papa Giulio II non ne volle sapere. Il pontefice favorì suo nipote Francesco Maria della Rovere, già Duca di Urbino, famoso condottiero nelle file pontificie e veneziane.

Il Della Rovere, pagando ogni anno a Roma una tazza d’argento del peso d’una libbra, unì Pesaro al Ducato d’Urbino con l’amministrazione dello Stato Vecchio e dello Stato Nuovo. Lo Stato Vecchio comprendeva Urbino, Gubbio, Cagli, San Leo, la Provincia di Massa, Castel Durante, Sant’Angelo in Vado, Mercatello e Fenigli, mentre lo Stato Nuovo comprendeva Pesaro, Sinigaglia, Fossombrone, Pergola, Mondolfo, San Costanzo, Tomba, Montesecco, Orciano, Barchi, Fratte e Montebello.

conservò Pesaro sino al 1516 quando, in seguito alla morte dello zio, un nuovo papa, Leone X, preferì affidare la città a suo nipote Lorenzo de Medici. Drammaticamente dal porto di Pesaro dovettero fuggire moglie e figlio del Della Rovere, su una fusta inviata dal Duca di Mantova. Ciò che ne derivò fu una lunga e silenziosa guerra tra le due famiglie che si protrasse sino al 1521, anno della morte di Leone X. Lorenzo de Medici era già spirato da due anni ed un drappello d’armigeri al soldo del Della Rovere si apprestò alle mura di Pesaro circondandola, poi un corteo con quaranta militi capeggiati proprio dal Duca di Urbino entrò attraverso Porta Curina. L’anno dopo, il nuovo papa, Adriano VI, ridonò Pesaro a Francesco Maria della Rovere.

Alla sua morte, il 20 ottobre del 1538, gli succedette suo figlio Guidobaldo II che amò talmente tanto Pesaro da donarle la propria insegna: “Vi dono la mia rovere e voglio che essa sia posta nell’arme della comunità con quattro mani che abbraccino e stringano la rovere e sotto le mani un motto che dica: Perpetua et firma fidelitas, e voglio essere chiamato signore e padre vostro” (L. Bertuccioli, Mutamenti governativi nella città di Pesaro).

L’avvento dei Della Rovere e l’unione di Pesaro col Ducato di Urbino portarono prosperità e floridezza. Pesaro divenne sede centrale del Ducato e vi convennero numerosi artisti, poeti, letterati, uomini d’ingegno che favorirono il nascere di manifatture e lo sviluppo del commercio. La città divenne un centro noto pr la produzione di maiolica, i laterizi, la lana e la seta e si dette anche un nuovo volto urbanistico con le nuove mura pentagonali costruite da Pier Francesco da Viterbo. Gli imponenti lavori si protrassero per svariati anni e modificarono le difese della città, prima imperniate su Rocca Costanza, creando una serie di grandi bastioni pentagonali di terra, incamiciati poi di muro, rinforzati da cavalieri posti alla mezzeria delle cortine. Proprio sotto Guidobaldo II i cittadini di Pesaro videro erigere la Basilica di San Giovanni e Palazzo Montani-Antaldi. Nello stesso periodo si ebbe anche la ristrutturazione della piazza e l’ampliamento del Palazzo Ducale.

Questa trasformazione ebbe però dei costi molto alti. Francesco Maria II, che subentrò al padre nel 1578, dovette da subito affrontarli. La condizione finanziaria di Pesaro era tremenda. La città non era ridotta alla miseria, ma la dispendiosa vita di Guidobaldo aveva quasi prosciugato le casse cittadine. Francesco Maria II si ritrovò costretto a ridurre le spese di corte, al contempo, per evitare sommosse, il signore scelse pure di eliminare alcuni dazi. Ciononostante si preoccupò della costruzione di un nuovo porto in sostituzione di quello antico, ormai praticamente interrato. Francesco Maria II, educato alla corte di Spagna e forte dell’amicizia personale con Filippo II, trasformò col suo rigore Pesaro in una piccola Madrid e ciò volle dire anche con un esasperato cerimonialismo.

Un’altro problema che attanagliava il Duca di Urbino era quello della discendenza. Vedovo di Lucrezia d’Este, privo di figli, rischiava di vedere estinta la sua dinastia. Chiese, dunque, al papa Clemente VIII l’autorizzazione per convolare a nuove nozze e sposò la quattordicenne Livia Della Rovere, facente parte di un ramo collaterale della famiglia. A quattro anni dal matrimonio nacque Federico Ubaldo che appena raggiunta la maggiore età fu posto alla guida di Pesaro con l’abdicazione di suo padre. Federico Ubaldo però morì prematuramente, ufficialmente in seguito ad un attacco epilettico, obbligando il padre a ritornare alla guida della città.

Pesaro fu così retta da Francesco Maria II della Rovere sino alla sua morte, l’ 8 aprile del 1631. Fu l’ultimo dei Della Rovere, con lui terminò la signoria perchè Roma iniziò ad amministrare direttamente la città e l’intero ducato.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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Un pensiero su “Pesaro dagli Sforza ai Della Rovere

  • 4 Febbraio 2022 in 18:50
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    Una bella ricostruzione storica. Complimenti.

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