Gualtieri di Brienne, duca d’Atene e signore di Firenze

Nel gennaio del 1342, Firenze, lacerata dalle fazioni interne e stanca della guerra con Pisa per il controllo su Lucca, richiamò a sè Gualtieri di Brienne, duca d’Atene, e, con una elezione fatta nel Consiglio del Capitano del Popolo, lo nominò suo difensore.
Gualtieri, che conosceva bene la città perchè vi era stato anni prima in qualità di vicario di Carlo d’Angiò, duca di Calabria, era stato contattato alcuni mesi prima da un gruppo di mercanti fiorentini per conto del governo ed aveva accettato l’incarico propostogli.
La guerra che vedeva coinvolta Firenze contro Pisa era insorta nel 1341. I fiorentini avevano acquistato da Mastino della Scala, signore di Verona, la città di Lucca ed il suo territorio, con tutti i castelli dipendenti, tranne quelli sottoposti ai Malaspina. Pisa, guidata da Ranieri Novello della Gherardesca ed intenzionata ad ostacolare l’ascesa della rivale, dal finire di agosto del 1341 aveva cinto d’assedio la guarnigione inviata dai fiorentini a presidiare Lucca.
Gli atti ufficiali parlano di “excellens d.d. Guarterius Athenarum dux, ac protector et defensor Florentie, nec non capitaneus ad ugerram Communis”. Con tale auorità il duca non portò avanti la guerra, ma negoziò la pace con Pisa rinunciando a Lucca nell’ottobre di quell’anno. Non mancò poi di aprire immediate relazioni d’amicizia con Filippo VI, re di Francia, e Roberto d’Angiò, re di Napoli, di cui aveva sposato la nipote Margherita. A quanto si sa, sia Siena che Perugia restarono fredde davanti alle sue ambasciate per chiedere l’amicizia dei fiorentini, e così pure Venezia. I veneziani esigevano dai fiorentini il pagamento di una parte delle spese di guerra sostentute contro gli scaligeri, loro alleati. Firenze provò a sottrarsi all’impegno ma infine accettò, ottenendo solo una proroga di dieci anni del termine di pagamento. Gualtieri chiese a sua volta una ulteriore dilazione al pagamento della prima rata del debito, ma non vi riuscì. Nel frattempo in città il duca d’Atene iniziava ad essere osteggiato.
Guelfi e ghibellini, che avevano accettato di affidare il governo ad un podestà straniero per un anno, iniziavano a non tollerare il risanamento della finanza pubblica che questi stava perseguendo con determinazione. Gualtieri impose drastiche misure economiche correttive, tese a rimediare al forte debito pubblico, istituendo l’“estimo” e le “prestanze” forzate, delle somme di denaro che i più ricchi dovevano corrispondere in prestito al governo a condizioni molto svantaggiose. Le sue misure furono, in effetti, molto efficaci per il risanamento della finanza fiorentina messa in ginocchio dalla guerra con i pisani e dai fallimenti dei banchi Bardi e Peruzzi, tuttavia esse risultavano insostenibili ai mercanti locali.
Il clima di diffusa e crescente insoddisfazione portò infatti, nel corso dei primi mesi del 1343, alla congiura di Antonio di Baldianccio Adimari, scoperta da Gualtieri e repressa con l’incarcerazione del responsabile. L’ostilità nei suoi confronti però non cessò e nel giro di qualche mese, Gualtieri dovette scappare da Firenze.
La mattina del 26 luglio 1343 i suoi oppositori finsero una zuffa nel Mercato Vecchio in modo da permettere la chiamata alle armi della popolazione e ne approfittarono invece per neutralizzare i soldati del duca d’Atene e costringerlo a barricarsi nel Palazzo dei Priori. Fra il 27 e il 28 giunsero a sostegno degli insorti alcuni contingenti di armati da Siena, San Miniato e Prato, mentre Gualtieri di Brienne continuava la sua caparbia resistenza. Il 1° agosto però il duca cedette e nei giorni seguenti riuscì a scappare ed a rifugiarsi in Francia.
Nel 1344 fu pure messa una taglia di 10.000 fiorini d’oro sulla sua testa. Allo stesso tempo si ordinò che nel Palazzo del Potestà, come era uso nei confronti dei traditori, venissero effigiati di mano del Giottino, a perpetua infamia, il duca ed i principali suoi consiglieri, ovvero Cerrettieri Visdomini, Ranieri da San Gimignano e suo fratello Giotto, Guglielmo e Gabriele d’Assisi e Meliaduso d’Ascoli; e sotto ai ritratti di ciascuno furono poste scritte infamanti in versi.

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: A. De Vincentiis, Storia e stile, 1343/1861. L’immagine del tiranno di Firenze; C. Cipolla, Venezia e Gualtieri VI di Brienne

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