I Cavalieri di San Lazzaro

Ci si immagina che gli affetti da lebbra in povertà, ai margini dei centri abitati a vivere di stenti ed a patire indicibili sofferenze fisiche e la tristezza dell’isolamento. Certamente si stenta a concepirli come combattenti ed invece i lebbrosi costituirono addirittura un ordine militare in Terra Santa, l’Ordine di San Lazzaro.

Fondato dai crociati intorno al 1119 in un lebbrosario appena fuori le mura di Gerusalemme, allo scopo di assicurare assistenza agli ammalati, in onore del “mendicante di nome Lazzaro, coperto di piaghe bramoso si sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricc citato nei Vangeli, l’Ordine accumulò proprietà e laute rendite. Al tempo dell’assedio di Gerusalemme da parte di Saladino nel 1187, sembra che l’ordine occupasse l’intera area al di fuori delle mura a nord-ovest, dalla Torre di David fino alla Porta di Santo Stefano. Tra i loro possedimenti c’erano un mulino alla Porta di David, un vicino ospedale per lebbrosi, una chiesa dedicata a San Lazzaro e a nord una piccola porta nelle mura della città, un nosocomio separato per gli uomini, una grande cisterna (lacus Legerii) e un luogo di sepoltura. Prendersi cura dei lebbrosi era visto come un atto di grande carità che avrebbe fatto guadagnare credito per la vita in cielo. Non sorprende, quindi, che l’Ordine di San Lazzaro nella metà del XII secolo aprì case a Tiberiade, Ascalona, Acri, Cesarea e Beirut. Ciò che sorprende è, invece, la sua organizzazione militare.

Questi monaci guerrieri, spesso ex templari o ospitalieri che avevano contratto la lebbra, dovevano difendere i lazzaretti e, chiaramente, affrontare gli effetti della degenerazione della malattia, quindi il peggiorameto costante della propria condizione fisica ed il deterioramento della propria capacità di combattimento. Li ritroviamo invece nella battaglia di Hattin, nella battaglia di Gaza del 1244, nella battaglia di Ramla del 1253 e ad Acri nel 1291. C’è forse ragione di pensare che l’Ordine non fosse solo composto da lebbrosi.

La prima traccia dell’esistenza dell’Ordine è un privilegio di Guglielmo, patriarca gerosolimitano del XII secolo: “Guglielmo per la Dio grazia patriarca della santa chiesa di Gerusalemme a tutti i presenti e futuri figliuoli della santa madre Chiesa salute e benedizione; alla vostra dilezione, o carissimi, rendiam noto che un certo monaco armeno, chiamato Abramo, concedette in nostra presenza ALLA CASA DEI LEPROSI DI S. LAZZARO una cisterna che gli era stata data dal signor Varmondo, patriarca, nostro predecessore, ad uso dei poveri: sì veramente che conservasse, vita natural durante, l’uso della stessa cisterna, e da detta casa gli fosse somministrata la vivanda ed il vestito, e dopo la sua morte la cisterna rimanesse alla prefata casa in possedimento perpetuo”. A questo periodo è databile pure un documento attestante il nome di Bartolomeo quale primo maestro dell’ordine, destinatario della donazione di una vigna. Bartolomeo fu seguito poi da Itterio e da Ugo di San Paolo, i cui nomi risultano in altre pergamene di re Fulco di Gerusalemme, sua moglie Melisenda e suo figlio Baldovino IV.

I fratelli indossavano una croce verde sui loro mantelli e seguivano la regola di sant’Agostino. Come i templari e gli ospitalieri, anche i cavalieri di San Lazzaro acquistarono proprietà e godettero di laute rendite. Tutti i beni e le rendine dell’Ordine furono esentati da Niccolò III, Clemente IV e Paolo II. Ricevettero molti benefici da Luigi VII, da San Luigi IX, da Enrico I, Enrico II e Riccardo Cuor di Leone. L’imperatore Federico II concesse ampi privilegi, cospicui donativi accordarono il conte di Tripoli e i signori di Beirut e Cesarea. Nel 1255 ottennero il riconoscimento papale con la bolla Cum a Nobis Petitur di Alessandro IV.

Con certezza ne furono membri Raimondo di Tripoli e Eustachio di Cesarea. Li sostennero re Folco e la regina Melisenda, così come Amalrico I, padre del lebbroso Baldovino IV. Dopo la caduta di Acri, l’Ordine di San Lazzaro spostò la sua sede a Cipro e abbandonò tutte le attività militari. Furono particolarmente aiutati da papa Clemente IV che, nel 1265, emise una bolla che ordinava a tutti i prelati della chiesa di disporre il trasferimento di tutti i lebbrosi negli ospedali gestiti dai Cavalieri di San Lazzaro. Il pontefice aveva da tempo a cuore la sorte di questi ammalati e già prima di diventare papa, mentre era ancora vescovo di Le Puy, aveva scritto una serie di regolamenti per i lebbrosari.

Dopo la caduta del Regno di Gerusalemme gran parte dei cavalieri riparò nel Regno di Napoli, altri in Francia, l’ordine cposì si divise in due rami.

A Capua, una Chiesa di San Lazzaro fu fondata nel 1228, con un annesso ospedale, per volere di Lazzaro di Raimo. La città, nodo stradale d’obbligo per chiunque tornasse dalla Palestina, vide sfilare numerosi pellegrini affetti da lebbra e fu così che, su iniziativa di Lazzaro di Raimo vide sorgere il primo lazzaretto d’Italia. La struttura sorse fuori dal perimetro cittadino e se ne è tramandato l’atto di fondazione: “In nomine Salvatoris Christi anno MCCXXVIII. Regnante Imperatore Federico, die 2 mensiis Martii. Io Giovanne Curiale sono stato pregato per parte dell’onesto huomo, e nobile Lazaro di Raimo, gentiluomo della città di Capua, presente Pier delle Vigne Giudice a contratto, come l’honesto huomo Lazaro di Raimo have fonnato una Cappella nominata Santo Labaro, la quale detta Cappella, ut supra, detto fondatore l’have fatta consacrare per il Reverendissimo Vescovo di Nocera Valerio Ursino, et in detto Altare di detta Cappella, ut supra, ci è la reliquia di S. Stefano, e di S. Raimo, e delle reliquie di S. Paolo, et l’honesto huomo ut supra l’have dotata di docati ducento cinquanta l’anno sopra molte case dentro di Capua, et vole detto Fondatore, che detta cappella sia commenda di S. Labaro, et allo Spidale che ci sia lo Priore con tre Commendatori colla Croce Verde, e abbiano docati ducento l’anno, et li cinquanta docati siano dello Spidale delli poveri Lazzarosi, quale detto Spidale sta iusta con la Cappella. Item detto Fondatore, ut supra vole, che detti Commendatori, e Priori siano gentiluomini approbati de legitimo matrimonio et abbiano l’entrata di detta Cappella et detti Commendatori nobili habbiano a pigliare l’Ordine di S.Pietro il primo el secondo, et siano fatti Cavalieri in arme da Re o reali. Et l’Arcivescovo di Capua debbia dire la Messa Pontificale presente quello, che si vole fare cavaliere di S. Labaro, et detto Cavaliero se vole mettere a piedi l’Altare, come ha fenito la Messa si stenna in terra con un panno negro lungo, il quale si deve dire l’Ufficio doppio, ed ordinato dei morti. Come è fenito detto Ufficio il Reverendissimo Arcivescovo fa levar suso detto Commendatore, e li metta la Croce Verde con trionfi, e suoni, e il detto Arcivescovo debbia aprire il Messale, et detto Cavaliere debbia far giuramento di osservare castità, et obbedienza, et favorire li poveri gentiluomini, et donne vedove, et favorire li lazzaruti, et andare contro l’Infedeli, et detto Commendatore di S. Lazaro è tenuto di dire cento Pater Noster et Ave Maria, et comunicarsi tutte le Pasche et feste delli Apostoli. Item detto Fondatore vole, che quando è la festa di S. Labaro ci siano le Vespere, e messa solenne, et detto Priore è tenuto al primo di Raimo un pesce d’un rotolo, e quando la Candelora detto Priore è tenuto dare una cannela di cira d’una libra al primo di casa di Raimo, e dell’herediscennenti. Scritto per mano di me notaro Giovanne Curiale, ersottoscritti testimoni, et signo signavi. Locus + Sigilli Io Pier delle Vigne Giodice a contratto, il quale sono stato nominato ut sopra. Io Pietro delle Bigne Giodice a contratto, il quale sono stato nominato ut supra. Io Nicola Bossa sono tesimonio. Io Basilio Longo sono testimonio. Ego Thomasius de Capua testis sum“.

E’ quì che ebbe sede il Gran Maestro dell’Ordine, cosa poi confermata da Pio IV.

Nel corso dei secoli all’ospedale di Capua erano già state assoggettate altre case dell’ordine in Italia, anzitutto l’ospedale di San Giovanni dei Lebbrosi di Palermo e quello di Sant’Agata di Messina, ma anche le case di Troia, Foggia, Campobasso, Benevento, Telese, Morcone, Bitonto, Serra Capriola, San Severo e Lucera.

Le disposizioni contenute nell’atto fondativo valsero a garantire all’Ordine grande prestigio al punto che le famiglie più nobili se ne contesero l’onore di esserne a capo, i De Benuto, i D’Azzia, i Carafa, i Castiglione. Manca, infatti, un ordine cronologico dei Gran Maestri ma risultano nel 1327, frate Alfonso d’Azzia, nel 1347 frate Giacomo d’Azzia, nel 1426 Giacomo de Benuto, nel 1468 Giacomo d’Azzia, nel 1519 Giacomantonio d’Azzia, nel 1523 Alfonso d’Azzia, nel 1558 Muzio d’Azzia, nel 1565 Giannotto Castiglione.

Anche re Roberto d’Angiò, il 2 aprile del 1311, scrisse ai suoi ufficiali affinchè aiutassero i cavalieri del Gran Maestro Simone d’Acqua Mundula in questo compito. Nel Cinquecento, Andrea Carafa, luogotenente generale del Regno di Napoli, in sostituzione temporanea del viceré Carlo di Lannoy, confermò l’impegno. Il Gran Maestro, per volontà di Pio IV, fu pure costituito giudice ordinario di tutte le cause dei suoi subalterni.  Tutte le chiese, le cappelle, gli oratori e gli ospedali dedicati al santo furono posti sotto la podestà del Gran Mestro. Giovanni XXII e Pio IV accordarono all’Ordine anche un’ampia esenzione della giurisdizione dei vescovi.

Col passare dei secoli la diffusione della lebbra scemò, i lebbrosari divennero comuni ospedali e così anche l’Ordine andò perdendo il suo ruolo. Il ramo italiano per volere di Papa Gregorio XIII fu accorpato, nel 1572, all’Ordine di San Maurizio sotto la Real Casa di Savoia, quello francese, nel 1608, si fuse con l’Ordine di Nostra Signore di Monte Carmelo. Quando l’Ordine si accorpò a quello di San Maurizio l’ospedale di Capua si ridusse a commenca concistoriale, affidata ad abati commendatari. L’edificio andò distrutto nel 1799 e la chiesa che appare oggi è una ricostruzione.

 

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Fonte foto: dalla rete

Bibliografia: Regi Magistrali Provvedimenti relativi all’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, Torino 1855; D.Jannotta, Notizie storiche della chiesa e spedale di San Lazzaro di Capua, Napoli 1762

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