I cavalieri normanni di Montefusco

Il castello di Montefusco svolse un ruolo cruciale nella contesta tra Ruggero e Rainulfo e i suoi cavalieri furono protagonisti della sanguinosa battaglia di Rignano Garganico, presso Siponto.

Il decennio tra il 1130 e il 1140, allorché i cavalieri di antica origine normanna controllavano quasi l’intero sud d’Italia, fu terribile per gran parte del territorio meridionale. Una feroce guerra fratricida contrappose infatti Ruggero II, figlio del conte di Sicilia, Ruggero I, a suo cognato Rainulfo, conte di Avellino, Alife e molti altri castelli.

Ruggero, profittando della scomparsa di suo nipote Guglielmo d’Altavilla, duca di Puglia e Calabria, morto senza eredi, cercò di subentrargli nel controllo di questi territori. A tal fine nel Natale del 1130 si fece eleggere a Palermo sovrano del regno di Sicilia, con l’assenso dell’antipapa Anacleto II. Questo fatto scatenò l’inevitabile reazione del papa legittimo, Innocenzo II, dell’imperatore germanico e di numerosi signori meridionali che appoggiarono Rainulfo contro le mire egemoniche di Ruggero. Seguì un conflitto decennale che venne risolto solo quando perirono due dei principali protagonisti dello scontro.

Il territorio corrispondente all’attuale provincia di Avellino, che parteggiava tendenzialmente per Rainulfo, divenne uno dei luoghi nevralgici dello scontro, anche per la sua vicinanza a Benevento, città che, nei periodi in cui non era controllata dai seguaci di Anacleto, divenne una sorta di quartier generale degli oppositori di Ruggero. Il sovrano però riuscì a estendere il suo controllo su due aree strategiche di questo territorio.

Riuscì a piazzare uno dei comandanti della sua armata, Gilberto I di Balvano, nei castelli di Lacedonia, di Rocca Sant’Antimo (attuale Rocchetta Sant’Antonio), di Monteverde, di Cisterna, di Armaterra e di Vitalba (castelli abbandonati o distrutti nel corso del XIV secolo) e stabilì, nello stesso tempo, un altro dei suoi fedelissimi, Ruggero, nel castello di Morra.

Questo territorio aveva una valenza strategica cruciale per il controllo delle vie che da Benevento e generalmente dal Tirreno conducevano in Puglia e Basilicata. In prossimità di Morra vi era inoltre il castello di Guardia Lombardi che era stato incamerato dal demanio regio, in virtù della sua posizione strategica, quale via di passaggio obbligata per chi da Benevento volesse raggiungere Melfi, e per gli importantissimi allevamenti che già allora caratterizzavano il territorio circostante.

Ruggero II, inoltre, riuscì fin da subito a stabilire una sua roccaforte nei pressi della stessa Avellino, installando una cospicua guarnigione militare nel bastione inattaccabile di Montefusco. Questo castello svolse un ruolo cruciale nella contesta tra Ruggero e Rainulfo. Ai cavalieri di Montefusco, infatti, il sovrano aveva dato ordine di attaccare senza posa Benevento e allo stesso tempo di costituire un argine invalicabile per il controllo del territorio irpino da parte di Rainulfo.

I militi montefuscani avrebbero dimostrato una fedeltà e una combattività straordinaria al servizio del sovrano. Attaccarono a più riprese Benevento e soprattutto si mostrarono sempre prontissimi ad accorrere tra le file dell’armata di Ruggero, ogni qual volta il sovrano gliene fece richiesta.

Sappiamo che un gran numero di cavalieri di Montefusco e dei castelli vicini era presente tra le file dell’armata sovrana, allorché il 30 ottobre 1137 Ruggero ebbe uno scontro memorabile nella piana di Rignano Garganico, presso Siponto, con l’armata del suo rivale.

La battaglia si risolse in una completa disfatta per l’armate reale, con migliaia di cavalieri che lasciarono la vita. Le cronache del tempo ci restituiscono i nomi di Iterno, cavaliere di Montefusco, e di Sarolo, cavaliere del vicino castello di Tufo, che, combattendo tra le file dell’armata di Ruggero II, morirono a Rignano. Tutto lascia pensare che anche altri cavalieri montefuscani dovettero perire nello scontro.

L’armata di Ruggero, sconfitta, abbandonò precipitosamente il campo di battaglia. I corpi dilaniati dei suoi cavalieri deceduti rimasero insepolti nella piana. Sulla sorte che toccò ad uno di questi cavalieri siamo pienamente informati. Parliamo di Iterno.

Sua moglie Proserpina, figlia di Umberto, signore di Atripalda, restò profondamente addolorata per la perdita ma anche perché il cadavere giaceva sul campo di battaglia senza speranza che gli fosse assicurata una sepoltura cristiana. Si rivolse allora al priore di Montevergine, Alberto, pregandolo di inviare alcuni religiosi in Puglia per raccogliere le spoglie mortali del marito e darne onorevole sepoltura nella chiesa del monastero. In cambio donò ai monaci una vigna situata nelle pertinenze del castello di Montefusco. La sua richiesta fu accolta. I monaci, giunti a Rignano Garganico, si aggirarono tra tanti corpi in avanzato stato di decomposizione e, avvolti da un fetore rivoltante, riuscirono a riconoscere il cadavere che cercavano. Lo liberarono dalle pesanti armature, gli impartirono le benedizioni previste “post mortem”, lo deposero su un carro, ricoprendolo presumibilmente di paglia, e lo trasportarono a Montevergine, “ibique magno cum honore et orationibus sepelierunt” (Codice diplomatico verginiano, V. III, p 179). Purtroppo il sepolcro è andato perduto.

 

 

Autore articolo: Edoardo Spagnuolo

 

Bibliografia: La versione originale del presente testo è stata pubblicata in “Lo scudo e la spada. Quaderni di divulgazione storica”, n. 1 – febbraio 2018, in due articoli intitolati “Il sacrificio dei cavalieri di Montefusco al servizio del Regno di Sicilia. La battaglia di Rignano Garganico” e “La disperazione di Proserpina. Una vicenda legata alla battaglia di Rignano”.

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