I piemontesi, “les muscles des l’Italie”

Sapevate che, nel XIX secolo, i piemontesi, vennero definiti “les muscles des l’Italie” ovvero i “muscoli d’Italia”? Chi coniò quella definizione fu Jean-Baptiste-Philibert Vaillant, generale francese e Maresciallo di Francia, che fu il Comandante in Capo dell’esercito francese nella Campagne d’Italie di Napoleone III, e firmò nel 1859, col maresciallo austriaco H. H. Hess, l’armistizio di Villafranca.

La definizione va contestualizzata in quegli anni, quando prima la partecipazione alla Guerra di Crimea poi guerra all’Austria con l’intervento della Francia, avevano proiettato lo Stato Sardo sulla scena europea. In quel periodo i giornali d’Europa seguivano le vicende che accadevano nella Penisola e, guardando al progetto ambizioso di Cavour, definivano ammirati il Piemonte “la Prussia d’Italia”. Lo spiega, in un suo passo, Alessandro Barbero: «Il periodo di incantamento fu un momento magico, […] ma purtroppo durò pochissimo. Finì nel 1866, il vero annus horribilis della nostra Storia, quando la doppia catastrofe di Custoza e di Lissa aprì gli occhi a tutti sulla fragilità del nuovo Stato…». Ma torniamo ai muscoli d’Italia e a Jean-Baptiste-Philibert Vaillant.

La Campagna d’Italia (ossia la Seconda Guerra di Indipendenza) si concluse bruscamente l’11 luglio 1859 con l’Armistizio di Villafranca. Bisognava, però, arrivare alla pace e dunque fu convocata, per l’8 agosto 1859, la Conferenza di Zurigo. L’Austria aveva abbandonato i territori lombardi e lì restò provvisoriamente l’esercito francese come forza d’occupazione, posta sempre agli ordini del generale Vaillant, fino alla conclusione della Conferenza, tre mesi dopo. 

A Zurigo, l’Austria si considerava vinta dalla Francia, ma non dal Piemonte; quindi respingeva assolutamente la possibilità che esso si sedesse al tavolo delle trattative. Fu soltanto grazie al peso della Francia e alle sue forti pressioni sull’Austria che quest’ultima tollerò la presenza dello Stato Sardo, anche se rifiutò di trattare con il Piemonte, in qualsiasi modo. E così, finalmente, a quel tavolo si sedettero il Conte di Bourqueney e il Marchese di Banneville, in rappresentanza dell’Impero francese, il Barone di Meysembug e il Conte Karoly, in rappresentanza dell’Impero Austro-Ungarico, e il Cavaliere Luigi Des Ambrois de Nevâche, in rappresentanza del Regno di Sardegna. La conferenza durò tre mesi, fino al 10 novembre, quando, dopo la firma del trattato di pace con il quale l’Austria cedette la Lombardia alla Francia e quest’ultima la girò al Piemonte, le truppe piemontesi furono autorizzate a permanere. Ecco come ci racconta quei fatti il diplomatico Henri d’Ideville nelle sue memorie: «Mentre i plenipotenziari delle tre Nazioni erano riuniti a Zurigo, l’imperatore aveva lasciato in Italia un Corpo di occupazione il cui Comandante, il maresciallo Jean-Baptiste Philibert Vaillant, aveva posto il suo Quartier Generale a Milano, dentro villa Bonaparte, antica residenza del vicerè d’Italia. Egli, cercava di agire con molto tatto, allo scopo di mantenere i migliori rapporti possibili con la municipalità lombarda. Poiché Austria e Piemonte non si parlavano, egli fungeva da intermediario super partes tra il Governo di Vienna e quello di Torino, per superare tutti gli ostacoli che le ostilità avevano creato. […] Io volli rendergli visita, e il vecchio Maresciallo mi accolse, dicendomi: “Nonostante tutto, adesso le cose vanno bene; i Piemontesi scalpitano per avere Milano e la Lombardia: ma devono avere un po’ di pazienza. La nostra occupazione, non sarà eterna, e ciascuno avrà il proprio turno. Fateci caso, però! I Piemontesi sono freddi, ma nel contempo sono energici e disciplinati. Ricordatevi di ciò che vi dico, mio giovane amico. Credetemi: io ho abitato a Roma e in Italia, una cinquantina d’anni fa. Gli uomini non cambiano; io conosco gli Italiani, e li valuto secondo il loro valore. A mio giudizio, i Piemontesi saranno sempre i muscoli dell’Italia. Senza muscoli, il corpo è inerte, e la pur migliore testa è impossibilitata ad agire”. («Pour moi, les Piémontais seront toujours les muscles de l’Italie: sans muscles, le corps est inerte, la plus belle tête ne peut agir»)».

 

 

 

 

Autore articolo: Paolo Benevelli

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