I tribunali per reati politici di Francesco IV

Francesco IV di Modena a lungo fu vicino ai liberali. Si guadagnò la fiducia dei loro capi, l’avvocato Enrico Misley ed il giovane Ciro Menotti. Probabilmente pensò di potersi guadagnare coi rivoluzionari un territorio più ampio a spese dello Stato Pontificio, tuttavia mutò radicalmente il suo atteggiamento, forse quando seppe che, in Francia, Luigi Filippo d’Orleans s’andava accordando con l’Austria per ottenere il riconoscimento del suo trono. Allora tradì i carbonari, denunciò i loro nomi agli autriaci e, nella notte fra il 3 ed il 4 febbraio 1831, proprio alla vigilia del giorno stabilito per l’inizio della rivolta, fece arrestare Menotti mentre era con una essantina di carbonari a preparare armi e bandiere nella sua abitazione. La rivolta scoppiò lo stesso nelle Romagne e Francesco IV, spaventato, fuggì mettendosi in salvo nella fortezza di Mantova. I rivoltosi proclamarono lo Stato delle Province Unite Italiane, ma da Vienna giunsero le truppe austriache a dar manforte a quelle pontificie reprimendo la mobilitazione. Francesco IV tornò a Modena il 26 maggio 1831. Ciro Menotti, che l’aveva seguito in prigionia a Mantova, fu fatto impiccare. Stessa sorte conobbe pure il notaio Vincenzo Borrelli che aveva rogato l’atto di destituzione del duca. Da allora Francesco IV fu un sovrano tirannico e oscurantista. Un aneddoto racconta che, a chi gli chiedeva la grazia per tanti giovani di “bell’ingegno” spediti ai ferri, rispose: “Bell’ingegno? Io voglio sudditi feceli e devoti. Di begli ingegni ne ho piene le galere!”. E ad una donna che l’implorava per la salvezza del marito domandando la giustizia del perdono, replicò: “Signora, il principe, quando fa giustizia, ha già fatto una grazia!”. Ecco un suo editto, del 18 aprile 1832, col quale si istituiscono tribunali eccezionali per i reati politici (F. A. Gualtiero, Gli ultimi rivolgimenti italiani).

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FRANCESCO IV PER LA GRAZIA DI DIO DUCA DI MODENA, REGGIO, MASSA E CARRARA EC. EC., ARCIDUCA D’AUSTRIA, PRINCIPE REALE D’UNGHERIA E DI BOEMIA.

 

Avendoci Iddio, nella sua misericordia, fatta la grazia che la iniqua trama testé ordita contro la nostra persona, per opera della propaganda rivoluzionaria da un ristretto numero de’ suoi aderenti, parte nostri sudditi e parte forestieri, sia stata felicemente scoperta in modo che non ebbe il suo premeditato effetto; e non pertanto, essendo noi fermi nel non volere palesare né compromettere le persone, che, previa la promessa ottenuta di tenerle secrete, ci fornirono tutti i dati per conoscere la intera trama, il suo scopo, i mezzi che usar volevansi per riuscirvi, il tempo fissato per l’esecuzione, le persone congiurate, i nomi di vari, fra i consapevoli della congiura, e di altri strettamente legati di rapporti ed amicizia coi medesimi, non che i luoghi di riunione nello Stato, e negli Stati limitrofi, le persone de’ nostri sudditi fuorusciti che vi presero maggior parte, le introduzioni d’armi, e il reclutamento tentato con poco successo nella campagna perché trovata a noi attaccata:

Considerato che il delitto di cui si tratta è diretto quasi interamente contro la nostra persona e vita:

Per questo massimamente vogliamo declinare da una formale procedura contro quelli, che dietro gli avuti dati ci furono fatti conoscere come in parte capi, in parte consoci della congiura, e in parte forse soltanto legati in intimità coi congiurati; e quindi gravemente indiziati di una qualche cognizione della medesima; e mettere gli uni in libertà sotto garanzia, e gli altri come persone sospette e certamente contrarie al nostro governo allontanarli esigliandoli dai nostri Stati, come già abbiamo ordinato al nostro ministro di Buon Governo: e riservandoci nullameno di procedere contro altri all’opportunità, ed a tenore dei dati che si potranno raccogliere in seguito a loro carico: Quanto poi all’avvenire, veduto che l’antiveggente astuzia dei padri delle rivoluzioni passate e dei presenti disordini preparò già da gran tempo la via all’impunità dei delitti politici, cominciando, sotto l’ipocrito manto di una ingannevole filantropia, ad indebolire le pene, e sottoponendo i più gravi misfatti alle medesime lunghe trafile per cui la procedura fa passare ogni delitto minore: Veduto che per la sottile malizia de’ loro seguaci, cioè de moderni cosi detti liberali, mentre che tutto si opera per lo più nascosamente, per viva voce, o per segni non contestabili nelle forme ordinarie, ormai esse pure da antichi e nuovi pregiudizi e da false dottrine snaturate a segno, che più non servono a conoscere la verità ed a punire tali delitti; si provoca poi da loro altamente ad una che chiamano regolare procedura, ed anzi questa si pretende sotto la speciosa più che ben diffinita parola di Giustizia, sapendo abbastanza che, pel vizio inerente alle richieste formalità, al favore di prove non sufficienti, e di mancanze o non contestualità de testimoni al delitto, o di delitto non consumato, o di non provata abbastanza intenzione a delinquere, saranno essi assoluti, ed assoggettati a mitissime pene straordinarie: Veduto che la loro pertinace ostinazione nel volere coll’atterramento dell’altare e del trono la sovversione della società, merita bene che per essi, come pei comuni nemici, le leggi ritornino a quell’antica severità, della quale, illudendo i creduli, le avevano eglino stessi spogliate, e che queste percorrano nella loro esecuzione una via più spedita e sicura: Veduto in fine che un sovrano oggigiorno, non usando de’ suoi poteri di applicare nuove leggi tendenti ad impedire i sempre nuovi disordini, si trova tuttodi nel bivio o di lasciare tali enormi e per la società micidiali delitti impuniti, o di far gridare contro la pretesa ingiustizia per la singolare esclusione dalle ordinarie forme di criminale procedura, tanto care ai loro inventori; e che volendo la tranquilla prosperità de’ suoi amati sudditi per suo scopo, deve anche volerne i mezzi più a questa conducenti, essendo egli responsabile in faccia a Dio se tollera il trionfo menato dalla irreligione e dalla scelleratezza, perchè Dio gli diede la facoltà e gl’impose l’obbligo di punirle: Dopo matura considerazione ai casi ed alle circostanze, abbiamo in ordine ai delitti politici stabilito (fino a tanto che siano da Noi decretate le opportune modificazioni al Codice delle nostre Leggi, delle quali ora ci occupiamo) di adottare le seguenti massime, le quali qui rendiamo note al pubblico per norma di ognuno. 1° Chi colto venisse dalla Forza armata in flagranti, ossia nell’atto di commettere, od essere per commettere, in via di fatto un delitto di lesa maestà, ribellione, sollevazione ec., non avrà che ad imputare a sè medesimo ed a fatto proprio, se cadrà vittima della Forza stessa vendicatrice de sovrani lesi diritti, la quale per l’avvenire avrà l’ordine in simili casi di non vedere nei rivoltosi e delinquenti che il nemico comune, e però come tali di agire contro di loro senza riguardo alcuno. 2° Chi sarà arrestato di costoro dietro prove od indizi ostensibili e contestabili in modo di subire una giudiziaria procedura, sarà giudicato, e se riconosciuto reo, condannato da una Commissione Militare, la quale sarà d’ora innanzi il solo Tribunale competente ai delitti di Fellonia, e la quale verrà da Noi nominata all’uopo, e ciò conseguentemente mediante processo sommario, e pronta esecuzione. 3° Dandosi poi finalmente il caso che per segrete denunzie e testimonj senza eccezione, a cui si dovette assicurare di non mai comprometterli nè con palesare ai tribunali il loro nome, nè molto meno con confronti, si venga ad avere in coscienza una morale certezza del commesso delitto, allora, anzichè violare il segreto, o compromettere chi in Noi fidandosi avrà fatte o farà veridiche rivelazioni, in via di Polizia ci contenteremo di fissare al delinquente una pena straordinaria, assai più mite però dell’ordinaria, alla quale sarà poi quasi sempre unito l’esiglio. Il che se è giusto, perchè una persona gravemente indiziata rea, o complice, o sciente e non denunziante di simili delitti di lesa maestà, deve sempre considerarsi come pericolosa allo Stato, talchè avvi motivo più che sufficiente nel ben pubblico per privarla del diritto di continuare a vivere nello Stato medesimo; deve poi d’altra parte imputarsi alla difficoltà delle circostanze, e più di tutto alla malignità della Setta che si ha da combattere, omai illudente ogni legge, la scelta di tali mezzi, compendiosi, e temuti vivamente dai soli malvagi.

Saranno inoltre costoro, a tenore dei casi, assoggettati a pene d’arresto ed afflittive, a multe, privazioni d’impiego, soldo o pensione, a dar cauzione di loro buona condotta politica; e tutto ciò coerentemente a spiegati principi, senza forma di processo, ma in via di pena correzionale, o di misura di Polizia.

Andiamo persuasi che i buoni e fedeli nostri sudditi, i quali formano la gran maggioranza di questa popolazione, vedranno con piacere come da Noi si cerchi con queste misure di ben distinguere dal loro numero i rei e mal pensanti, onde garantire ai primi la tranquillità e la sicurezza collo svelare e punire o allontanare i secondi; e soltanto potrà averne rincrescimento chi si trovi nella sua cattiva coscienza colpito da disposizioni tendenti al pronto meritato castigo, e alla scoperta delle ree macchinazioni, che nelle tenebre si vorrebbero impunemente eseguire.

Dato in Modena dal Nostro Ducal Palazzo, questo giorno 18 aprile 1832.

 

FRANCESCO.

GAETANO GAMORRA Seg. di Gab.

 

 

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