Il cardinal nepote
Quella del cardinal nepote fu una figura che contraddistinse a lungo la vita della Roma pontificia. Si trattava di un cardinale promosso da un papa che era suo zio o, più in generale, suo parente.
Anche Urbano VIII ebbe fama di favorire tanto i suoi congiunti. La famiglia Barberini, originaria di Firenze, aveva nel suo stemma le api perciò Pasquino disse di lui: “Questo d’Urban si scriva al monumento: ingrassò l’api e scorticò l’armento”. In egual modo il misterioso rimatore condannò Innocenzo X che lasciava spadroneggiare a corte sua cognata Olimpia Panfili: “Per chi vuol qualche grazia dal sovrano, aspra e luna è la via del Vaticano, ma, se è persona accorta, corre da donna Olimpia a manie piene e ciò che vuole egli ottiene”.
La pratica della creazione di nipoti cardinali ebbe origine nel Medioevo e raggiunse l’apice nel XVI secolo. A partire dal Papato di Avignone e fino alla bolla contro il nepotismo redatta da Papa Innocenzo XII, un papato che non avesse un “cardinal nepote” fu una vera e propria eccezione alla regola. Tutti i papi del Rinascimento, infatti, scelsero un parente per il Collegio cardinalizio.
Persino molti papi furono essi stessi cardinal nepoti prima di ascendere al soglio pontificio. Ricordiamo Alessandro IV, Adriano V, Gregorio XI, Bonifacio IX, Innocenzio VII, Eugenio IV, Paolo II, Alessandro VI, Pio III, Giulio II, Leone X, Clemente VII, Benedetto XIII e Pio VII… Pure un santo fu “cardinal nepote”: Carlo Borromeo.
Il primo di essi fu Lotario, cugino di Benedetto VIII che nominò anche cardinali suo fratello Giovanni, il futuro papa Giovanni XIX, e suo cugino Teofilatto, futuro papa Benedetto IX. Papa Clemente VI, in pieno Trecento, creò più cardinali nepoti di qualsiasi altro pontefice, compresi sei nello stesso giorno, il 20 settembre 1342. La cosa divenne regola quando il Quinto Concilio Lateranense dichiarò – erail 1514 – che la cura dei propri familiari era cosa encomiabile. Così la creazione di cardinali nepoti divenne pratica giustificata.
Tra il 1566 ed il 1692, un “cardinal nepote” ricoprì sempre la carica di Sovrintendente dello Stato ecclesiastico, ufficio creato da Papa Pio V. Un sovrintendente dello Stato ecclesiastico doveva gestire gli affari temporali dello Stato Pontificio e le relazioni esterne della Santa Sede. Aveva dunque grandi responsabilità e poteri, fu gioco forza per i diversi pontefici affidare l’incarico ad un proprio familiare. Questo ufficiò declinò col declino stesso della figura dei cardinali nipoti.
Leone X, il fiorentino Giovanni de’ Medici, fu molto tenero coi suoi familiari, a molti concesse onori e denari. Sapeva però bene come giudicarli, così, quando fece capitani di Santa Chiesa e della Repubblica di Firenze suo fratello e suo nipote, senza farsi troppe illusioni disse al suo segretario: “Al bisogno ce ne vorranno poi degli alri per guidare sul serio i soldati”.
Nel 1621, il cardinale nepote di papa Gregorio XV, Ludovico Ludovisi fu probabilmente tra i più ricchi e potenti. Sovrintendente generale dello Stato ecclesiastico, accumulò una vasta gamma di benefici che andavano dal vescovado di Bologna al possesso di ben ventitré abbazie, dall’incarico di vice-cancelliere a quello di gran ciambellano. Tutto ciò gli fruttò più di 200.000 scudi l’anno!
La figura del cardinale nepote iniziò ad essere combattuta con la bolla “Romanum decet pontificem” del 22 giugno 1692. Innocenzo XII impose ai suoi successori la limitazione di un solo cardinale della famiglia, eliminando varie sinecure tradizionalmente riservate ai cardinali nipoti, e fissando il tetto dello stipendio o dote del nipote di un papa a 12.000 scudi. Sebbene altri tre papi ricorsero ai “cardinal nepoti”, ormai questa figura era destinata al declino.
Autore articolo: Angelo D’Ambra