Il condottiero Filippo Scolari

La famiglia dello Scolari appartenne ad un ramo dei Buondelmonti di Firenze passato campo guelfo a quello ghibellino. Così iniziò la sua rovina politica e finanziaria e nel Trecento gli Scolari dovettero abbandonare Firenze raggiungendo Tizzano. Fu qui che nacque Filippo Scolari in un contesto familiare assai povero e lontano dagli splendori di Firenze.

Così, appena quindicenne, fu inviato in Germania per seguire il mercante Luca del Pecchia. Fattosi apprezzare dal cardinale Demetrio Széchy, referendario del Re d’Ungheria e Arcivescovo di Strigonia, riuscì ad entrare nelle simpatie di re Sigismondo che gli donò il Castello di Simontornya e gli affidò le miniere del regno. Al seguito di Sigismono d’Ungheria, Filippo Scolari prese le armi contro i turchi di Bosnia ed al termine della guerra si ritrovò uomo di fiducia del sovrano. Fu lui a consigliare a Sigismondo di far decapitare Stefano Konth, voivoda della Transilvania, accusato di tradimento, e quando il re, sfuggito alla prigionia dei baroni ribelli, dichiarò guerra al rivale, Ladislao di Durazzo, re di Napoli, proprio Filippo Scolari si mise a capo del suo esercito e recuperò gran parte dei territori perduti. L’esercito durazzesco fu sconfitto sul fiume Raab, Scolari conquistò il Castello di Visprino ed Esztergom, battè pure Tommaso Sanseverino costringendolo a ritornare a Zara. In premio della sua fedeltà, Re Sigismondo gli donò il Castello di Temesvar e il titolo nobiliare ed ereditario di Conte di Spano. Così riuscì pure a contrarre matrimonio con la nobilissima Barbara d’Ozora. “Per la sua ricchezza – scrisse Enea Silvio PiccolominiRe Sigismondo soleva dire, che se fosse costretto ad abbandonare i suoi stati, ciò farebbe anche senza vestito, purchè avere lo Spano, quale bastone di appoggio”.

Scolari si ritrovò a combattere contro i turchi sul fiume Istro, riconquistò i territori della Bosnia e parte della Serbia e divenne Cavaliere dell’Ordine del Drago. Le cronache di Francesco di Vettorio così ce lo presentano: “Vidono i padri nostri Filippo Scolari, ispano tra gli Ungheri (che uomo, immortale Iddio!), ed il quale, per sue ammirabili virtù, per tutti i gradi militari in fino a supremo arrivò. Ventitrè volte venne in battaglia giudicata contro a Turchi, e tutte le volte ne riportò gloriosa vittoria. Fu Lionardo Bruni, il quale affermò da Giulio Cesare insino è suoi tempi nessuno trovare, il quale giudicasse in militare disciplina doversi preporre a Filippo Ispano. Leggiamo, molta profonda essere istata di Annibale e tra primi suoi fatti si commenta la località, con la quale lui da tutte parti ossesso, potesse uscire dalle mani di Fabio Massimo. Lodasi assai Mitridate in simile ispezie di virtù. Ma in che parte fu inferiore l’ammirabile astuzia di Filippo, massime a Belgrado, quando fengendo sommo timore, allettò e condusse i nemici in luogo, che non soii vasi di sassi pieni, da alto luogo per precipizi e scondescese ripe rovinati, tante migliaia uccise, quanto non è il duplicato numero delle porte di Firenze. Ingegno, senza fallo, istupendo! che con cosa che più tosto potessi muovere riso che paura, in maniera fussino infrante le ostili ischiere, che facilmente di poi con poco numero de’ suoi tutte l’uccidessi”.

Vinse anche contro Venezia, che dovette cedergli Aquileia e Udine. Dopo l’elezione di Re Sigismondo a Imperatore del Sacro Romano Impero, venne nominato ambasciatore straordinario e inviato in Italia presso il papa e poi ebbe la missione di far partecipare al Concilio di Costanza l’antipapa Giovanni XXIII. Probabilmente fu durante questo viaggio che egli venne ritratto da Andrea del Castagno nel celebre affresco che lo mostra con la spada sguainata e l’iscrizione: “Dominuns Filippus Hispanus de Scolaris relator victoriae contra Turcos”.

Fu per suo invito che molti membri della sua famiglia si stabilirono in Ungheria. Suo fratello Matteo Scolari fu nominato “despota di Rascia” e Carmiano degli Scolari e Giovanni Buondelmonti furon fatti Arcivescovi di Kolocsa e Andrea degli Scolari fu fatto Vescovo di Varadino. Soprattutto gli si deve l’aver promosso le arti nei suoi domini grazie al contributo di artisti italiani come l’architetto Manetto Ammanatini, detto il Grasso legnaiuolo, ed il pittore Masolino da Panicale. Tuttavia il Conte di Spano volle essere ricordato anche in patria e così a lui si deve la costruzione della Rotonda di Santa Maria degli Angeli a Firenze per mano di Filippo Brunelleschi.

Ancora, in avanzata età, volle combattere contro i turchi per Sigismondo poco prima di spirare. Il Poggio ne scrive: “Nonostante la grave infermità egli seppe in breve riunire le forze necessarie e giungere con marcie sollecite in prossimità del nemico ai confini della Rascia. Allora gli vennero incontro gli ambasciatori dello Imperatore de’ Turchi, domandandoli pace e patti, o veramente tregua a tempo, dicendo, essersi contro alli cristiani levati estimando lui essere morto, del quale vivo paura avevano. Recusò lo Spano, ed il dì propose della battaglia, nel quale lo aspettassino. E non mancò; chè, messe in punto ed assettate le squadre, assaltando li nemici, li ruppe; ed avendo uccisione grande fatta, più di venti miglia ne furono morti; nondimeno non fu senza sangue la vittoria, essendo molti dei suoi stati morti… Ma l’età e la malferma salute non consentivano più allo Spano simili gravi disagi e violente emozioni; di guisa che perduta quasi la favella, fu a Lippa condotto dove morì (27 dicembre 1426)…”.

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

Bibliografia: L. Holik Barabas, Filippo Scolari

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