Il grande sacrificio di Magenta

La Battaglia di Magenta fu combattuta il 4 giugno del 1859 dagli eserciti di Francia e del Regno di Sardegna contro l’Impero Austriaco. Gli austriaci subirono la perdita di 64 ufficiali e 1370 morti, 4360 furono i feriti e tra essi i generali Reichach, Dierfeld, Liebzeltern, Wetzlar e Bandina, che morì poi in seguito alla ferite. I francesi contarono 564 morti, tra cui i generali Espinasse e Cler ed i colonnelli Da Souneville, Dronhot, De Chabriere e Charlier, e 3.045 feriti. Presentiamo la ricostruzione degli eventi tratta dal libro La principessa Belgioioso di Raffaello Barbiera.

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Una battaglia orrenda; una strage, il cui pensiero fa fremere… Uno sterminio; e ai feriti mancavano i soccorsi. Non vi erano ambulanze; la Croce Rossa non era spuntata ancora; e nulla la suppliva in quella Magenta, oscuro villaggio lombardo, divenuto d’improvviso famoso sulla terra per la vittoria di Napoleone III, di Mac-Mahon, de suoi soldati, mercè l’ajuto del nostro Manfredo Fanti liberatori di Milano!…
Il 4 giugno 1859! Giorno di lacrime in mille e mille famiglie dell’Impero austriaco e della Francia; giorno di ebbrezza pei Lombardi.
Napoleone III aveva fissato quel giorno er impadronirsi della riva sinistra del icino…. Dov’è il secondo corpo d’esercito di Mac-Mahon?… Seguìto dall’esercito di Vittorio Emanuele II, deve por. tarsi a Turbigo sopra Boffalora e Magenta; mentre la divisione dei granatieri della guardia deve occupare la testa del Ponte San Martino e il terzo corpo d’esercito, quello del maresciallo Canrobert (magnifico tipo di soldato, deve avanzarsi sulla riva destra per passare il Ticino nello stesso punto. Questi morti, votati al cimento, son pronti; son pronti i soldati francesi allo squillar delle trombe, al rullar dei tamburi: e lampeggiano le sciabole brandite e i fucili, all’aurora che sorge placida e maestosa, quasi benedizione solenne a tanti sposi della gloria e della morte. L’imperatore dei Francesi è là, al Ponte San Martino, circondato dai granatieri della guardia; egli comanda tutto l’esercito suo, e frena a stento un impeto: è pallido. Pensa ei forse a Napoleone I che, in altre battaglie, si scagliò contro lo stesso nemico?… L’ungherese generale d’artiglieria Gyulai, dal viso di gatto, sembra tranquillo: a lui è affidato dall’imperatore Francesco Giuseppe II il comando di tutte le armi austriache: ed egli spera ben di tagliare l’esercito francese del Ponte San Martino, isolando così tutti i nemici che passeranno il fiume. Ma il generale Re gnaud di Saint-Jean d’Agély, comandante in capo della guardia, slancia la brigata Wimpffen contro Boffalora; e tutti i generali che agiscono a suoi ordini e i soldati si lanciano al conflitto, che non volge loro propizio. Ecco il generale Clerc… Mentre guida gli zuavi della guardia alla carica sopra Ponte Vecchio, cade ferito a morte; il generale Wimpffen è ferito al volto; il generale di divisione Mellinet ha due cavalli uccisi sotto di sè, ma persiste e sostiene per quattro ore gli attacchi dell’austriaco, finchè arriva il maresciallo Canrobert colla brigata Picard; e giun. gon, rapide come folgori, le divisioni Vi noy, Renault, Trochu. Il villaggio di Ponte Vecchio è preso e ripreso sette volte. MacMahon, il predestinato della vittoria, s’avanza con le due colonne, ch’ei comanda, da Magenta a Boffalora; ma da questo villaggio del Ticino, gli Austriaci, vedendosi incalzati, sono ormai usciti gettandosi quasi tutti su Magenta.
Magenta si tramuta in una fornace di fumo, di schianti, di urli, di fuoco. In varie case, gli Austriaci son penetrati, e dalle finestre, dai tetti si difendono come eroi scaricando i fucili. Ah, i corazzieri moravi, i fanti Paumgartner dalle tuniche bianche ornate di verde! i cacciatori boemi dal cappello piumato e dalla tunica grigia! e i terribili cacciatori tirolesi Kaiser Jäger dall’infallibile Stutzen ! Una palla dei tirolesi, trincerati come in un forte nella casa Giacobbe, atterra il generale francese Espinasse, che sta attaccando il villaggio; e una fila di mitraglia ecco fulmina la casa; i tirolesi resistono ancora, ma ne devono uscire; e là, sulla porta, gli zuavi, a uno a uno, li scannano colle bajonette, per vendicare il loro comandante. Ferocie inenarrabili divampan fra i soldati irruenti, selvaggi dell’Africa. E’ un correre di zuavi dai larghi pantaloni rossi; è un rosseggiar d’Algerini e di sangue. Un torrente di sangue scende dai gradini d’una angusta, rustica scala dove gli Algerini son volati all’assalto; e il generale Auger, comandante l’arti: glieria del 2° corpo, fa collocare in batteria sulla strada ferrata quaranta cannoni, che vomitan di fianco e di traverso lo sterminio sugli Austriaci fuggenti; è un tuonare d’inferno, è una strage orrenda e inutile; perchè Mac Mahon già in pugno stringeva la vittoria e i fuggiaschi si potevan rendere facilmente prigionieri… Ma all’Auger, geloso degli allori di Mac Mahon, premeva d’acquistare anch’egli la sua corona; ed è corona di barbaro. Già, all’attacco della fattoria di Cascina Nuova, che precede il villaggio, millecinquecento Austriaci, dopo un leonino combattimento d’ambe le parti, avevan cedute le armi; e la loro lacera bandiera era stata presa sul cadavere del colonnello…. Squillano ancora le trombe, ancor rullano i tamburi annunciando la vittoria latina. Le tricolori bandiere francesi corrono insieme colle tricolori bandiere italiane; perchè il nono battaglione dei bersaglieri, che forma la testa della divisione Fanti, e quattro pezzi di cannoni nostri, arrivati a Magenta sul tramonto, son tornati d’ajuto possente; onde Mac-Mahon invia dal suo cavallo al nostro Manfredo Fanti (che passa silenzioso) un nobile saluto.
L’imperatore Napoleone III rimane rattristato a tanto olocausto di vite; e sale pensoso su un campanile per esplorare la campagna che deve essere irrigata ben presto da nuovi torrenti di sangue.
A Magenta, e nei dintorni, novemilacinquecento caduti seminano dei loro cadaveri il suolo; e Milano riceve dal generoso soccorso delle spade francesi e dal Fanti la luce della libertà sospirata.

 

 

Fonte foto: dalla rete

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