Il razionalismo fascista
Tentarono di far accettare il linguaggio razionalista dal fascismo e ci riuscirono. Parliamo dei giovani architetti del Gruppo 7, fondato a Milano da Ubaldo Castagnola e cresciuto con l’adesione di Adalberto Libera, Luigi Figini, Guido Frette, Sebastiano Larco, Gino Pollini, Carlo Enrico Rava e Giuseppe Terragni. Il loro razionalismo non si pose in rottura con la tradizione, ma come rinnovamento e continuitò dei valori, anche estetici, del passato. Fu così che trovò consensi in un mondo politico orientato alla riscoperta ideologica della romanità.
Si misero in luce alla III Biennale delle Arti figurative, tenutasi a Monza nel 1927, e si guadagnarono la partecipazione, in rappresenzanta dell’Italia, all’esposizione del Werkbund tedesco, tenutosi quello stesso anno a Stoccarda. Il successo si replicò alla I Mostra Italiana dell’Architettura Razionale e il nucleo di architetti di Gruppo 7 raccolse nuovi consensi e si evolse così nel cuore del Movimento Italiano Architettura Razionale, fondato nel 1930.
Terragni diede un chiaro esempio delle sue vedute nella Casa del Fascio di Como, dove la facciata fu disegnata secondo le proporzioni della sezione aurea e nel contempo forme e strutture moderne venivano fuse con un impianto volumetrico e un equilibrio dello spazio architettonico classici. L’edificio è misurato con assoluta precisione in un totale coordinamento di pianta e alzato, che corrisponde alle stesse norme proclamate in Francia da Le Corbusier. Ciò che contraddistingueva il lavoro era una classicità comunque evidente, intesa come riferimento mimetico ad un ordine passato. Un’architettura aperta e trasparente, come gli ideali che dovevano animarne gli spazi. A Como l’architetto realizzò anche il Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, una torre alta trentatre metri rivestita in blocchi di pietra Aurisina e di Reppen che può essere classificata come il primo monumento razionalista, ed alcuni edifici residenziali.
Anche Giuseppe Pagano, dalle pagine della sua “Casabella”, sostiene le istanze razionaliste, ma ciò non zittì le voci dei detrattori del razionalismo, in particolare dei sostenitori del classicismo romano come Marcello Piacentini e il sindacato degli architetti giunse persino a ritirare il suo appoggio all’Esposizione di Architettura Razionale organizzata alla Galleria Bardi. Dopo soli due anni il movimento si sciolse, i suoi componenti preferirono proseguire in maniera autonoma, ma sempre fedeli al razionalismo.
Sorsero gioielli dell’architettura razionale in tutto il Paese, dalla Villa Malaparte, costruita a Capri da Adalberto Libera, alle città di Sabaudia e Latina, innalzate dalle paludi pontine, dalla “Casa Elettrica” eretta da Figini, Frette e Pollini a Monza, alla Chiesa dei Santi Pietro e Girolamo, progettata da Giovanni Michelucci a Collina Pontelungo, Pistoia.
Michelucci fu pure il vincitore del concorso pubblico bandito per il rifacimento dell’ottocentesca stazione Maria Antonio a Firenze. La nuova stazione, Santa Maria Novella, sorse così, nel 1932, come prima completa applicazione in Italia del principio razionalista che la forma deve corrispondere alla funzione. Grazie all’assoluta purezza delle linee, la stazione non entra in conflitto con l’aspetto della Firenze tradizionale, ma ne rigenera le forme. Per comprendere la novità dell’opera bisogna ricordare che la stazione aveva sino ad allora avuto un aspetto monumentale, soprattutto nella facciata, ma Michelucci ne fece coraggiosamente a meno abbandonandosi ad una facciata nuda e lunga con le poche vetrate in thermolux dell’atrio.
Un ulteriore riconoscimento per i razionalisti arrivò con la costruzione del Palazzo delle Poste di Piazza Bologna, nel quartiere nomentano, a Roma, affiata a Mario Ridolfi. Alla fine pure Piacentini si piegò a certi influssi. Nel 1932, infatti, Mussolini decise di finanziare i lavori per la costruzione di un moderno centro culturale nel cuore della capitale, la futura Università La Sapienza. Capita la volontà del duce, Piacentini abbozzò un’idea architettonica monumentale ma al contempo mirante alla massima funzionalità di tutti gli ambienti. Di lì a qualche anno sarebbe sorta la nuova sede dell’Università La Bocconi, a Milano, su un progetto di Giuseppe Pagano improntato al più puro razionalismo con una pianta cruciforme, coi bracci adibiti a servizi e collegamenti e le estremità destinate ad ospitare aule e uffici.
Ma fu Asmara ad assurgere a modello della nuova concezione architettonica. La capitale dell’Eritrea finì con l’incarnare l’essenza dell’architettura coloniale italiana, un luogo di sperimentazione, forse anche perchè più distante dal centro del potere ideologico. Compaiono i pilotis, le finestre a nastro, i mattoni con intonaci bianchi e la Casa del Fascio, Campo Cicero, il Cinema Impero, Palazzo Mutton. Il razionalismo che in Italia stentava ad affermarsi, in Africa si impose addirittura come architettura ufficile.
La guerra cancellò tutto. Il fascistissimo Terragni, autore del Colosseo Quadrato, reduce dalla campagna di Russia, morì per trombosi cerebrale, Pagano, invece, divenuto partigiano, fu ucciso a Mauthausen.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia: M. Colombo (a cura di), Razionalismo