Il saccheggio di Mantova del 1630
Bartolomeo Arrighi riporta la testimonianza di Giovanni Mambrino che descrisse gli orrori del saccheggio di Mantova durante la Guerra di Successione di Mantova.
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Nel giorno istesso che vennero li Alemanni in Mantova cominciarono a saccheggiare et cosi per tre giorni continui durò quel martirio che fu la giobia 18 luglio, venerdì 19, el sabbato 20, et fussimo astretti abbandonar le case nostre e correre a salvamento nelle chiese si donne come huomini et i poveri padri tirarsi dietro i figliolini che piangevano et le loro voci andavano al cielo et le povere madri scapigliate, sbigottito da mali trattamenti fuggivano pur loro. Si che adesso mi vien da piangere in scrivere si horribile cruciata de la mia patria; et pigli esempio il mondo che dovrebbero tutte le città circonvicine tenersi insieme e darsi brazzo a favore per beneficio comune, ma va tutto al contrario.
Messo qualche ordine e dato sicurtà delle persone, ai 22 luglio i Mantovani uscirono fuori dalle chiese sombriti fuori di seno per il spavento et terrore et andarono alle loro case et li pianti e lamenti dei poveri Mantovani furono maggiori di prima, perchè non vi trovarono più le loro sostanze da potersi sovvenire. Era uno stupore vedere pigliati tesori inestimabili et supelelili et ricchezze de le case et gran merci de mercanti, et vedere per le strade i monti di robbe in confuso che andavano alla peggio; et attaccato fuoco alla stamperia di Lodovico Osanna libraro et al palazzo del Marchese Cattaneo e d’altre case, quali fuochi durarono tre giorni con rovina del vicinato.
Dirò che per causa del sacco et contributioni li Alemanni portorono tesori alle case loro. Chi hebbe la Dovana et i Fonteghi colmi di merci di sete come di tellarie soprafine d’Inghilterra, di Fiandra, di Germania, et di drappi di Milano. Chi hebbe il ghetto di Giudei, dove non si puoterà contare le gran ricchezze che si trovorono dentro, et loro cinque banchi di pegni con tesori valutati più di ottocento mila scudi. Chi hebbe il salaro colmo di sale, e chi il monte di pietà pieno di robbe. Che oltre di questo andorono con poco rispelto al palazzo ducale ch’era di più ricchi d’Italia, et fu il primo saccheggiato et tutto fu preda et furono guasti et dissipati molti vasi di cristallo di monte per cavarne la ligatura de oro et sguarciale in pezzi le tele et figure de’ pittori celeberrimi per non potersi portar via cosi intieri i quadri, quali erano di grandissimo valore, et furono rotte le spalliere tessute di seta et oro et le gallerie intiere di diversa sorte di minerali.
Et l’Aldringher, abbenchè havesse molti rigorosi comandi da S. M. Cesaria nulla di meno hebbe manco riguardo alla libreria delli serenissimi Duchi di Mantova, dove erano libri di ogni gran dottrina, posti là da tanti cardinali Gonzaghi, come Francesco del 1460, Sigismondo del 1505, Hercole del 1527, Francesco del 1560, Pirro del 1527 et Federico del 1564; et indi da Vicenzo del 1578, Scipione del 1588 et Ferdinando che spese tesori per sortire una libreria che in Italia non v’era una simile nèanco a Roma, si che Papa Urbano VIII gli ne mandò a dimandare in prestito, el poi infine cadette nelle mani di Aldringhen, ma Dio sa come non era già mente dell’imperatore, ma pure portò via quella libreria si antica ci moderna et la donò a un vescovo suo parente. Si chè el danno del saccheggio nel palazzo ducale fatto allora fu de passa 18 milioni per quanto se disse et numerò el magnifico signor Giulio Campagna gurardarobbiere maggiore delle gioje et delle gallerie di corte di S. A. il duca di Mantova.
Benigni lettori, perdonatemi ch’io non vorrei né manco ricordarmi de’ tanti tormenti havuti in questa guerra, si che io n’ho benissimo a memoria che subito li Alemanni entrarono dentro per la porta di San Giorgio, come io stava contiguo di casa mi spalancarono le porte et a viva forza mi logorano con corde che non mi poteva aiutare per quadro hore et me percotevano, perchè li insegnassi i dinari et io feci segno che li loro camerati havevano rotte le casse, si che me compatirono et me lassorono la vita a me Giovanni Mambrino et a Giovanni Battista et Cesare miei figliuoli et sempre sia lodato il Signore.
Adì 30 luglio in mercoledì il signor governatore Aldringhen col marchese Giovanni Francesco Gonzaga chiamorono tutti i capi delle parrocchie de la citta et diedero ordine che tutti, purché havessero facoltà di beni stabili o arti da potersi mantenere, pagassero secondo il loro stato le contributioni per mantener l’esercito Imperiale. Et oltre essere stati rovinati et saccheggiati ciascheduno pagava chi tre doble chi quattro e tale sei et più a la settimana et chi non pagava conforme la tassa vi mandavano li sbirri a pigliare tanta robba del valore della tassa, quale si faceva vendere a pubblico per quattro ducatoni quello che valeva vinticinque, et così i buoni che stavano comodi sono andati in povertà, et i poveri sono diventati ricchi, come si vede al giorno d’oggi, et perchè inoltre erano chi comperava da soldati i sacchi piene di robe a renfuso rubbale nel saccheggio per pochi soldi.