La Basilica di San Paolo Fuori le Mura

San Paolo Fuori le Mura è una basilica patriarcale voluta da Costantino e consacrata da Papa Silvestro il 18 novembre del 326 sul luogo della sepoltura di San Paolo.


Ricostruita a cinque navate dall’Imperatore Valentiniano II, sul modello della Basilica Ulpia di Traiano fu devastata da un incendio nel 1823 e quindi ricostruita. Grazie all’impegni di Leone XII, Gregorio XIV e Pio IX, gli architetti Pasquale Belli e Luigi Poletti, riuscirono ad erigere un tempio maestoso con donazioni pervenute da tutto il mondo. Le forme grandiose con cui ci appare oggi ne fanno la seconda basilica più grande di Roma, dopo San Pietro.

La nuova basilica venne consacrata da Pio IX il 10 settembre del 1854 alla presenza di un gran numero di cardinali e vescovi giunti a Roma per la proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione.

L’area era occupata da un vasto cimitero subdiale, ovvero a cielo aperto, in uso tra il I secolo a.C. ed il III secolo d.C., era un cimitero che conteneva diverse tipologie di tombe e resta quasi totalmente ancora sepolto. In questa area fu sepolto Paolo di Tarso, caduto vittima della persecuzione neroniana e martirizzato. Questo sepolcro, come quello di San Pietro, divenne immediatamente oggetto di venerazione per i cristiani di Roma, e subito vi comparve un piccolo monumento funerario. Poi l’Imperatore Costantino vi fece erigere la prima antica basilica.

L’effetto del quadriportico di 146 colonne di granito bianco e 10 di granito rosa lascia di stucco. La possente statua di San Paolo realizzata da Giuseppe Obici, ci introduce alla basilica al cospetto della Porta Santa con battenti bronzei damaschinati in argento. La facciata sopra il colonnato è decorata da mosaici di Filippo Agricola e Nicola Consono con una fascia inferiore, su sfondo oro, coi quattro profeti dell’Antico Testamento, Isaia, Daniele, Geremia ed Ezechiele, una seconda fascia con l’Agnus Dei coi quattro fiumi simboleggianti i Vangeli, in cui bevono dodici agnelli rappresentanti gli Apostoli, e nel timpano triangolare si vede infine un Cristo benedicente tra San Paolo e San Pietro.

Gli interni colpiscono per la ricchezza e la profondità degli spazi. Spiccano le colonne di onice egiziano, il soffitto a lagunari, le statue dei Principi degli Apostoli. La zona presbiterale conserva notevoli opere d’arte, anzitutto il Ciborio di Arnolfo di Cambio, del 1285, poi il candelabro per il cero pasquale realizzato dal Vasalletto con le vivaci raffigurazioni di mostri e scene della Passione.

In fondo, nell’abside sono visibili il grande mosaico col Cristo Benedicente, Onorio III ed i Santi. Ritratti mosaicali di tutti i pontefici spiccano tondi sopra il colonnato, realizzati con la tecnica del mosaico. L’arco trionfante col Cristo Pantocratore, ovvero l’arco che separa il transetto dalla navata centrale, è detto Arco di Galla Placida, perché fu questa donna a commissionare l’opera. Altri mosaici, provenienti dalla facciata e molto ristrutturati, sono opera di Pietro Cavallini, qui sepolto.

All’interno risultano inumati due papi, San Felice III e Giovani XIII, e tra le cappelle si segnalano per importanza la Cappella del Sacramento con il crocifisso ligneo che parlò a Santa Brigida di Svezia.

Al centro sorge la Tomba di San Paolo, un sarcofago in marmo visibile oltre una grata, oltre l’Altare Papale. Paolo giunse a Roma nel 61, per essere giudicato dal tribunale romano che lo condannò a morte perché cristiano; la sentenza ebbe luogo in una località detta “palude Salvia”, presso Roma, poi detta Tre Fontane, nome derivato dai tre zampilli sgorgati quando la testa mozzata rimbalzò tre volte a terra; il suo corpo fu depositato qui, a due miglia dal luogo del martirio, nell’area sepolcrale che la cristiana Lucina possedeva, facente parte del sepolcreto esistente e fu possibile seppellirlo, anche se cristiano, in quanto cittadino romano. È qui custodita pure la Catena di San Paolo, nove anelli che un’antichissima tradizione afferma essere stati parte della catena che tenne prigioniero San Paolo a Roma. Ulteriori scavi hanno poi portato alla luce i resti dell’abside della prima basilica, quella costantiniana, orientata in senso opposto a quella attuale.

Secondo il Depositio martyrum, la celebrazione di Paolo avveniva il 29 giugno e, seguendo il Tusco et Basso consulibus, ebbe inizio intorno all’anno 258. Qui si svolgevano, come nelle altre tombe, delle celebrazioni comunitarie culminanti col sacrifico eucaristico ed il refrigerium. Erano importanti e molto partecipate. All’inizio del V secolo, per esempio, Prudenzio descrive con grande meraviglia la folla che accorreva a Roma per celebrare Paolo nel diem bifestum. Fu in questa occasione che il poeta incontrò San Paolino da Nola, che in diverse sue lettere non mancò mai di ricordare l’incontro e l’annuale suo pellegrinaggio sulla toma di San Paolo. Questa pratica non si limitava ai giorni liturgici ma si estendeva a chiunque soggiornasse a Roma: anche San Girolamo, nella Vulgata, racconta come fosse solito recarsi sulla tomba dei martiri e degli apostoli insieme coi suoi amici negli anni di studio. Le menzioni di questi pellegrinaggi continuano in tutto il Medioevo senza arrestarsi. Da sempre la cristianità tutta si è radunata davanti a questa lastra di marmo con l’iscrizione “PAULO APOSTOLO MART” che si trova a circa un metro e mezzo sotto l’altare.

Eppure la Basilica di San Paolo Fuori le Mura ha dovuto far fronte a diversi cataclismi. Nonostante tutto, le forze della natura non sono mai state sufficienti a far cadere l’edificio, o a farlo abbandonare, né tanto meno hanno diminuito l’afflusso dei pellegrini al sepolcro dell’Apostolo delle Genti.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: AA.VV., Il Giubileo delle Sette Chiese: Le Basiliche Giubilari Romane; O. Bucarelli, M. M. Morales (a cura di), Paulo apostolo martyri

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