La Battaglia del Ponte di Lodi

Il Ponte di Lodi attraversava l’Adda trentuno chilometri a sud-est di Milano. Napoleone Bonaparte vi guidò vittoriosamente 5000 francesi contro gli austriaci di Karl Philipp Sebottendorf, due volte superiori in numero. Era il 10 maggio 1796.

Sebottendorf ha 12 battaglioni, di cui uno è italiano, il III Reggimento Belgioioso, 14 cannoni e 16 squadroni di cavalleria, di cui otto italiani, i 1,092 uomini napoletani del Ruiz. Erano la retroguardia dell’Armata austriaca ed avevano il compito di impedire il transito ai francesi. I soldati vennero disposti su due file e tennero in pugno il ponte.

Arrivato sul posto alle 9.00 del mattino, affiancato solo dalla cavalleria del generale Marc-Antoine Bonnin de la Bonninière de Beaumont e da un’avanguardia di granatieri comandata dal generale Claude Dallemagne, Bonaparte dovette attendere la fanteria e per farlo posizionò la sua artiglieria sulle alture che costeggiano la riva destra del fiume ed avviò il bombardamento sugli austriaci per impedire loro di distruggere il ponte. La struttura era lunga circa 200 metri ed era in legno, dunque facilmente infiammabile.

Per diverse ore il nemico sentì tuonare i ventiquattro cannoni francesi ma si piazzò egualmente per difendere il ponte. Bonaparte allora volle che Beaumont, con un contingente di cavalleria e artiglieria leggera, individuasse un punto alternativo che permettesse il guado del fiume a nord, sul lato di Montanasso.

Erano le 18 del pomeriggio e, dopo un’estenuante marcia iniziata alle 6 del mattino, finalmente giunsero le fanterie di Massena. A questo punto Bonaparte decise il tutto per tutto, volle cioè tentare l’assalto senza aspettare Beaumont. Dette mezz’ora di riposo alla fanteria e poi ordinò l’assalto. I primi ad attraversare il ponte furono i sabaudi del II bataillon de carabiniers, li seguirono i granatieri al grido di “Lunga vita alla Repubblica!”. A comandarli c’era Pierre Louis Dupas ma buona parte di essi cadde trafitto dall’artiglieria nemica. In quel momento i generali Massena, Berthier, Dallemagne e Cervoni si precipitarono di persona ad attaccare. Il loro esempio galvanizzò le truppe che attraversarono il ponte nonostante il fuoco austriaco, praticamente passeggiando su cataste di cadaveri e feriti. Napoleone stesso prese il comando di una colonna di uomini e si lanciò alla carica.

Si scatenò il combattimento a baionetta. Nella mischia caddero 400 francesi, ma gli austriaci furono ricacciati. La divisione Augereau, nel frattempo, prese posizione sulla riva sinistra e Sebottendorf fu allora costretto alla ritirata. La vittoria poteva essere completa se solo Beaumont fosse giunto prima, invece apparve sul campo di battaglia dopo aver attraversato il fiume a Mozzanica, troppo a nord, troppo tardi sia per prendere parte agli scontri sia per inseguire il nemico che riuscì a riparare a Crema.

Le altre colonne francesi attaccarono li austriaci sul fianco destro e sinistro, costringendoli a ritirarsi.

Gli austriaci persero in quella giornata 20 cannoni e 2000 uomini, i francesi un migliaio. Tutto ciò valse al Bonaparte il nome di “petit caporal” con il quale tutti gli riconobbero grande coraggio. Al termine della battaglia aveva fatto 1700 prigionieri e ciò che più contava era che gli austriaci si ritrovano oltre il Mincio. Pochi giorni dopo, il 15 maggio, Bonaparte entrò senza ostacoli a Milano.

Con le parole che seguono Napoleone Bonaparte comunicò a Carnot la notizia della vittoriosa Battaglia di Lodi: “Per la battaglia di Lodi, mio caro Direttore, la repubblica acquista tutta la Lombardia. Nel castello di Milano sono due mila uomini, lasciativi dal nemico, i quali assalirò senza fallo: e potete far conto che io sia in quella città: dove non anderò domani, volendo seguitare Beaulieu, e profittare della sua stoltezza per combatterlo ancora un’altra volta. Credo di poter presto assaltar Mantova; dopo di che niente più si oppone all’entrare in Baviera, ed essere in una ventina di giorni nel seno della Germania. Non potreste fare, che le mosse di questi due eserciti procedessero d’accordo con le mie ? Nel momento che parliamo, imagino che sul Reno si combatte. Se la tregua o continuava, l’esercito d’Italia era spacciato; e pregovi a tenermi informato dello stato dei due eserciti del Reno, tostochè sieno in campo, e di ciò che sperate da essi, affinchè io possa meglio risolvermi o di entrare nel Tirolo, o di fermarmi sull’Adige. Degna cosa della Repubblica per certo sarebbe sottoscrivere il trattato di pace, essendo i tre eserciti riuniti nel seno della Baviera o dell’Austria attonita. Quanto a me, se è vostro pensiero che i due eserciti del Reno vadano innanzi, inonderò il Tirolo, innanzi che l’animo dell’imperatore ne dubiti seriamente. Oh! si potesse avere un buon commessario di viveri! Quello che è qui non sarebbe cattivo per secondo; ma egli manca di calore e di consiglio per esser primo”.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: D. G. Chandler, Le campagne di Napoleone; Napoleone, Opere scelte, 1847

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