La battaglia di Piacenza

La notte del 15 giugno 1746, tre colonne passarono il fiume Trebbria, e gettandosi impetuosamente sugli avversari, condussero un combattimento sanguinoso nella più profonda oscurità. Aveva iniziò la Battaglia di Piacenza.

All’inizio dell’anno, gli austriaci minacciavano Alessandria, gli eserciti borbonici occupavano tutta la Lombardia, tranne Mantova, e parte del Regno di Savoia che, dopo aver accettato delle trattative col nemico, riprese la guerra a marzo, recuperando Asti. La presa di Asti creò grossi problemi all’esercito francese che perse morale e migliaia di uomini per diserzione. Ad aprile Parma, Reggio e Guastalla erano cadute nelle mani austriache. Lo scontro di Piacenza, in virtù della convergenza degli eserciti spagnolo e francese, avrebbe dovuto capovolgere l’andazzo.

Le truppe spagnole di Jean Thierry Dumont, conte di Gages, si concentrarono a Piacenza per fronteggiare l’esercito austriaco comandato dal generale Lichtenstein. In ossequio agli ordini di Luigi XV, anche i francesi di Giovanni Battista Desmarets, marchese di Millebois si portarono lì, abbandonando il Monferrato.

Quella notte, la sorpresa immaginata dai borbonici si rivelò un fiasco perchè proprio il buio generò incomprensioni ed una mancanza di coordinamento tra i reparti di cui trassero profitto gli austriaci. Costoro respinsero il primo assalto e, alle prime luci dell’alba, abbandonarono i loro trinceramento abbattendosi sul nemico. I due schieramenti quasi si equivalevano in numeri, quarantamila i franco-spagnoli, trentamila gli austriaci.

Il combattimento che ne derivò si protrasse fino al tardo pomeriggio, con molto ardore, ma alterne fortune. Alla fine, gli imperiali riuscirono a ricacciare completamente francesi e spagnoli alla destra del Po, lasciando ottomila cadaveri e facendo più di mille prigionieri. Ancora una volta mancarono disciplina e coordinamento. Per esempio, il generale Aramburo attaccò con successo una batteria nemica passando sopra mucchi di cadaveri, e sequestrò ben ventisei pezzi, senza però ricevere il soccorso della cavalleria e quindi tutto andò spregato.

Si distinse il reggimento lombardo, tutto composto da italiani. Esso seppe conservare la sua posizione a costo di perdite sensibili, combatté con il più grande coraggio, sorvegliando le retrovie nella ritirata a Tortona. In queste operazioni cadde il capitano Lorenzo Colli.

Tra i caduti spagnoli c’erano i generali Uceda e Romero, il capitano Antonio Pereira, il tenente Gabriel Martinez e il sottotenente Nicolas Alvarez, il tenente colonnello Huan Bautista Zubialde, il capitano Lorenzo Colli e l’ingegnere Salvador Savalza. I francesi piansero Roger de Rochechouart, fratello del generale François Charles de Rochechouart, e il primo luogotenente dell’artiglieria, il conte Gabriel de Borstel. In seguito alla battaglia il Ducato di Milano sarebbe passato per cinquant’anni agli austriaci.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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