La Battaglia di Ruvo

Quando i francesi decisero di infrangere il Trattato di Granada pensarono di approfittare della superiorità numerica della loro armata nel Regno di Napoli per schiacciare rapidamente gli spagnoli. Il Gran Capitano fu circondato a Barletta nell’inverno del 1502, riprendendo l’iniziativa col nuovo anno, coi soccorsi di Luis Portocarrero e dell’ammiraglio Juan de Lezcano, sbarcati in Puglia dopo aver sconfitto le galee di Pregent de Pidoux nelle acque di Otranto. Così, forte di 2000 lanzichenecchi inviati dall’imperatore Massimiliano e di 3.000 fanti spagnoli sotto il comando del capitano Fernando de Andrade, di provviste e munizioni, Gonzalo Fernandez de Cordoba pianificò l’attacco di Ruvo di Puglia.

Ottenuti i rinforzi, in primo luogo, approfittò del malcontento degli abitanti di Castellaneta, inviando Pedro Navarro e Luis de Herrera in soccorso della loro rivolta agli abusi dei francesi. Un tentativo di recupero fu subito provato da Luis de Armagnac, duca di Nemours, che partì da Canosa di Puglia affrettandosi alla volta di Castellaneta. Il francese però ignorava completamente i movimenti del nemico: gli spagnoli di Gonzalo Fernandez de Cordoba erano usciti da Barletta durante la notte ed al mattino avevano principiato l’assedio di Ruvo.

Ruvo rappresentava un’enclave strategica a sud del Golfo di Manfredonia, aveva un presidio di appena 800 uomini. Fu assediata dai 3000 fanti del Gran Capitano e cannoneggiata dalle artiglierie spagnole. I quattro cannoni ed i sette falconetti di Gonzalo de Cordoba spararono fino a quando nelle mura si aprì un varco e Diego de Vera pote tentare i primi assalti. Ebbe fortuna il secondo, gli spagnoli dilagarono nella città assieme agli italiani di Prospero e Fabrizio Colonna e, dopo quasi sette ore di combattimenti estremamente duri, i francesi di Jaques de Chabannes, signore di La Palisse, malconci e ridotti in numero, si rinchiusero nel castello della città, arrendendosi nel giro di un’ora.

L’anonimo de “La Conquista del Reyno de Napoles”, prima cronaca della campagna italiana di Gonzalo Fernandez de Cordoba, edita a Valencia nel 1505, riferisce che, cadute le difese francesi, il Gran Capitano si oppose ad ogni violenza sui civili, si fermò davanti alla porta della città precisando che nessuna donna dovesse essere toccata e che i beni delle chiese non dovevano essere trafugati: “… al tiempo de sacara el despojo del dicho lugar, se puso el Gran Capitan a la puerta, y consintio’ que se sacase cosa de yglesia, ninguna muger, ni se les fiziese descortesia ninguna”. Questo episodio si contrappone alle angherie cui i francesi sottoposero le popolazioni locali, in particolare la stessa cronaca riferisce di un omicidio di un prete a Castellaneta, crimine che fece spazientire la cittadinanza.

Il 23 febbraio 1503, il presidio francese di Ruvo di Puglia fu sopraffatto dalle truppe nemiche. Jaques de Chabannes, ferito più volte nei combattimenti, vide cadere 200 dei suoi soldati e molti più colpiti e mutilati negli scontri. Appena l’anno prima era stato nominato da Luigi XII nuovo viceré d’Abruzzo. Le sue fortune sbiadirono in un giorno. Quella stessa notte fu condotto a Barletta e tenuto in prigionia con i cavalieri di alto lignaggio, curati e destinati a tornare liberi solo col pagamento di un riscatto. Gli altri francesi furono inviati a Manfredonia per servire come rematori nelle galee di Juan de Lezcano.

Quando il Duca di Nemours venne a conoscenza della caduta di Ruvo, abbandonò l’idea di attaccare Castellaneta e si diresse in soccorso del signore di La Palisse ma al suo arrivo sulle mura della città sventolava lo stendardo dei Re Cattolici. A Luis de Armagnac non restò che prendere atto, con stupore, che guerra non era conclusa.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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