La flotta del Viceregno austriaco di Napoli

Siglato il Trattato di Rastatt nel 1714, Carlo VI d’Asburgo-Austria estendeva i suoi domini ad ampi territori costieri, a Napoli anzitutto.

Numerose cittadine portuali, operosi cantieri navali, eccellenti unità marittime, alimentarono il suo sogno di inserire la Monarchia asburgica tra le grandi potenze che dominavano gli oceani.

Con questa idea Carlo VI fondò nel 1722 la Compagnia imperiale d’Ostenda delle Indie orientali ed Occidentali. Ostacolata dalle altre potenze, la compagnia non ebbe vita facile nè lunga. Durò appena dieci anni e seguì la parabola discendente del suo regale promotore.

Carlo poteva invece esercitare la quasi totale egemonia sulle acque dell’Adriatico pubblicando un proclama sulla libertà di commercio e navigazione nel 1717 ed ampliando i porti di Trieste e Fiume che avevano ricevuto lo stato di porto franco. Come risultato, il commercio con l’estero ed i flussi verso gli snodi portuali del Sud, in primis quelli delle Puglie ma anche Napoli, fiorirono con uno sviluppo che si avvantaggiò del declino di Venezia.

L’Imperatore ordinò quindi la costituzione di una Marina da guerra. La nuova flotta fu rinforzata da altre tre navi di linea, San Carlo, Santa Elisabetta e San Michele, provenienti da Napoli, col compito di proteggere il commercio triestino. Ancora nell’estate 1733 il conte genovese Gian Luca Pallavicini-Centurione, al servizio austriaco, arrivò a Trieste con una piccola flotta da Napoli come scorta per sostenere l’esercito imperiale che era allora impegnato in combattimento contro Francia, Sardegna e Spagna nella Guerra di Successione Polacca (vd. Claudia Reichl-Ham, Le origini della marina Austriaca, trad. a cura di Ciro Paoletti)

Gli Asburgo confidarono nella marina da guerra per la protezione del Mezzogiorno che, “da tempo muto ne’ suoi cantieri, e inerte spettatore delle correrie rapaci de’ barbareschi, tornò con Carlo VI all’opera assegnatagli dalla natura, e conseguì qualche trionfo contro i pirati”, come ricorda lo Schipa. In questa impresa gli austriaci non trascurarono la “guerra di corsa”, effettuata da imbarcazioni con base principale Reggio, per arginare l’emergenza turco-barbaresca (vd. Mirella Mafrici, Il Mezzogiorno d’Italia e il mare: problemi difensivi nel Settecento).

Nel 1717 da una dotazione di quattro galere e due navi da trasporto si era passati ad una dotazione di quattro galere e due navi da guerra, mentre un’altra, la San Carlo, era in fase di completamento e si prevedeva di avviare la costruzione di una fregata, ma il sogno di accrescere l’organico giungendo ad un totale di quattro fregate e di dodici unità da guerra e in più di costituire a Napoli una Giunta di Marina e Commercio, subordinata ad una Giunta Suprema a Vienna, era destinato a non realizzarsi. L’iniziativa non superò mai la fase progettuale e, nonostante l’appoggio del viceré Althann, nel 1725 soltanto quattro galere e quattro navi da guerra costituivano la squadra navale regnicola, protetta da un contingente di 20.000 uomini.
Negli anni Trenta del secolo, la situazione era pressocchè identica: nel 1731 la S. Leopoldo prendeva il posto della S. Carlo, tutte e due adibite al vettovagliamento delle truppe che dal litorale austriaco lungo l’Adriatico raggiungevano Napoli e la Sicilia; nello stesso anno cessava il servizio la S. Barbara e solo due anni dopo si completava la costruzione della S. Elisabetta e del S. Luigi, entrambi vascelli da guerra. Fu questo il massimo sforzo che potè realizzare il governo austriaco.

 

 

Autore: Angelo D’Ambra

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2 pensieri riguardo “La flotta del Viceregno austriaco di Napoli

  • 19 Aprile 2016 in 21:16
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    Sto studiando questo argomento che sarà pubblicato a breve e lo ripresenterò in un convegno a Genova ma vorrei leggere questo test

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    • 3 Dicembre 2022 in 21:39
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      Mi complinento per i Vostri interessanti e documentati flash storiografici. Sono del Sud, senza campanilismi, ritengo che la Storia ufficiale cioè quella che è scritta sui manuali scolastici, faccia torto alla grande e illustre Storia dei Regni di Napoli e della Sicilia, del Sud in genete. La narrazione delle vicende unitarie e tutta la Storia del secolo XIX, ci da una lettura distorta, scritta dai conquistatori Piemontesi .
      È vero che la Storia la scrivono i vincitori ! La Historia Regni è comunque materia interessante, ci aiuta a conoscere ed interpretate il presente, perciò è giusta la concezione del Greci e dei Ronani che per l’uomo la Storia sia “possesso perenne” e strunento per interpretare il presente e la politica .
      Saro’ un assiduo lettore dei Vostri servizi storiografici. Distinti Saluti

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