La Guerra d’Indipendenza Greca

La città di Tripolitza era il centro amministrativo del dominio ottomano nel Peloponneso. La sua popolazione greca era stata più volte vittima di massacri perpetrati dai turchi nel secolo precedente. Per ambedue le ragioni i rivoluzionari greci, guidati da Theodoros Kolokotronis, vollero impossessarsene nell’aprile del 1821, principiando la Guerra d’Indipendenza Greca.

Il 23 maggio il successo aveva arriso ai greci nella Battaglia di Valtetsi. Le forze ottomane che avevano preso parte allo scontro erano partite proprio da Tripolitza. I greci, forti del supporto dei clefti e dei manioti, resistettero per ventiquattro ore sui pendii rocciosi. Gli assalti della fanteria albanese furono respinti tre volte poi il nemico era stato attaccato ai fianchi dai clefti, i banditi sempre combattuti dai turchi, e costretto alla ritirata. Togliere Tripolitza al nemico ad esso sarebbe stato un durissimo colpo.

I greci lavorarono a diverse opere i fortificazione nei luoghi circostanti, stabilendo presidi e ricevendo i rinforzi manioti di Petros Mavromichalis. A lavori ultimati, la guarnigione ottomana si ritrovò stretta in un duro assedio. Era ormai settembre.

Impossibilitati a ricevere cibo e carenti di riserve idriche, i turchi aprirono delle trattative per concordare la loro capitolazione. Il contingente albanese guidato da Elmas Bey siglò con Kolokotronis un accordo separato ottenendo un salvacondotto verso Argos. Acconsentire a ciò fu un’abile mossa del capo rivoluzionario che così ridusse notevolmente le forze a difesa di Tripolitza. I negoziati con i turchi sembrarono a quel punto solo un modo per perder tempo in attesa di rinforzi. Kolokotronis organizzò allora i ventimila greci accorsi – in gran parte sprovvisti di armi – ed il 22 settembre scagliò un potente attacco su un punto della cinta muraria. I greci fecero irruzione nelle prime brecce e la città fu invasa rapidamente. La cittadella fortificata si arrese tre giorni dopo per mancanza di acqua.

Purtroppo contenere quella folla fu impossibile per i capi greci. Inaudite violenze portarono ad un vero e proprio bagno di sangue nelle strade di Tripolitza, un massacro di musulmani ed ebrei che fece contare circa 8.000 vittime. Molte donne furono prese come schiave, solo un piccolo contingente di cavalleria turca riuscì a trovare la fuga. Dopo due giorni, l’eccidio si placò ed i resti dei musulmani furono raccolti e gettati in un burrone nelle vicine montagne vicine. Non mancò tra i capi greci, chi, come Dimitrios Ypsilantis e Alexandros Mavrokordatos, condannò tali orrori.

In ogni caso la vittoria galvanizzò il morale dei greci. Essi capiro era possibile una strada di emancipazione dal giogo turco. Le truppe greche ora si concentrarono su Nauplia, ne presero il porto, tuttavia mentre erano in corso trattative per la resa della guarnigione si seppe che un grande contingente ottomano, guidato da Mahmud Dramali Pasha, stava marciando sulla città di Argos, sede del governo provvisorio greco. I funzionari governativi, travolti dal panico, abbandonarono la città lasciandola sola al battaglione di Demetrios Ypsilantis. Kolokotronis invece lasciò Nauplia e corse a prestare soccorso a Ypsilantis, asserragliato nel castello di Larissa. Gli ottomani aprirono delle trattative di resa e Ypsilantis ne approfittò per perder tempo ed abbandonare la fortezza di notte. I soldati di Mahmud Dramali Pasha saccheggiarono il castello, ignari che tutto Ypsilantis s’era ricongiunto con Kolokotronis. Nell’agosto le forze si concentrarono al passo di Dervenaki e Dramali fu circondato ed annientato in feroci combattimenti corpo a corpo.

I greci ripresero poi l’assedio di Nauplia che cadde a dicembre e divenne la capitale provvisoria. Fu allora che il sultano Mahmud II si rivolse a Ibrahim Pasha d’Egitto. A fine 1822 l’Epiro era tornato sotto il controllo musulmano. La repressione fu brutale e vendicativa. Rastrellamenti ed esecuzioni sommarie, violenze e massacri di civili si verificarono in tutti i territori recuperati, in particolare sull’isola di Chio, dove la popolazione venne pressoché interamente sterminata, ed a Costantinopoli, dove il patriarca Gregorio V venne impiccato. A Missolonghi, i greci, che avevano respinto vittoriosamente l’assedio ottomano nel 1822, non riuscirono a ripetere il successo nel 1825, davanti alle truppe di Ibrahim Pasha. Resistettero per quasi un anno prima di rimanere senza cibo e tentare la fuga. Scoperti furono massacrati dagli ottomani. Di 7000 persone che tentarono la fuga, solo mille si salvarono. Tremila teste mozzate furono alzate sulle mura della città.

Questi fatti turbarono l’opinione pubblica europea e spinsero molti giovani ad accorrere in Grecia per combattere con i patrioti. Fu questo il caso del conte Santorre di Santarosa che, sotto le mentite spoglie di Annibale De’ Rossi, nel 1825, prese parte agli scontri di Patrasso, poi a Navarino, il principale porto greco, dove fu destinato alla difesa dell’isola di Sfacteria. L’egiziano Ibrahim Pasha, dopo le prime vittorie suella terra ferma, volle concentrare qui le sue forze – trentaquaddro navi da guerra – e recuperare le roccaforti che vi si affacciavano. Il 5 maggio, i musulmani attaccarono l’isola, il 7 maggio l’italiano fu tra i soccorsi inviati a difenderla. L’artiglieria nemica seminò morti e distruzione ma Santorre di Santarosa non volle abbandonare Sfacteria. Il conte fu ucciso quando le fanterie musulmane invasero l’isola. Sfacteria fu poi ripresa dai greci nel 1827 e l’anno dopo la flotta turca fu annientata dall’intervento di Francia, Inghilterra e Russia.

A capo della flotta britannica c’era il vice ammiraglio Edward Codrington. Questi, con le sue tre navi da guerrae quattro fregate, dapprima entrò nella baia per impedire ad Ibrahim Pasha di salpare. La flotta ottomana, composta da tre navi da guerra, diciannove fregate e numerose piccole navi, si dispose a formare un ferro di cavallo in modo da garantire reciproca protezione per ogni nave e riuscire a far convergere il fuoco dei loro cannoni. Le estremità del semicerco toccavano quelle della baia. Codrington, alla testa dei coalizzati, entrò in questa formazione senza però completare lo schieramento. Ciò si rivelò un vantaggio perchè, non avendo gettato l’ancora, le sue navi restarono libere di manovrare. Il nemico aprì il fuoco per primo, ma, nella battaglia che scaturì, la flotta ottomana vide andare a picco tre quarti delle sue navi e perse almeno quattromila uomini.

La sconfitta turca non comportò però il ritiro delle truppe di terra che restarono fino alla fine della spedizione francese in Morea sotto il comando di Nicolas-Joseph Maison. Tuttavia, ci volle la vittoria militare della Russia sulla Turchia per vedere il riconoscimento dell’indipendenza della Grecia.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

 

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