La lira dalmata

Come molte altre parti del mondo anche la Dalmazia veneta aveva una sua valuta di conto, la Lira Dalmata. A differenza però di quanto accadeva in altre parti del mondo per il lettore moderno determinarne il valore non è assolutamente facile.

Nel suo “Manuale di Metrologia”, 1935, parlando della Dalmazia, Vittorio Piva scrive: “Fino al 1797 la Dalmazia ( non compresa la Repubblica di Ragusa, indipendente fino al 1806 ) era stata soggetta a Venezia; quindi i conti si tenevano nella Dalmazia come nella Metropoli: Lira piccola di Venezia di 20 soldi – soldo di 12 denari. Non per questo la Dalmazia era priva di una lira propria, chiamata lira dalmata; 3 lire formavano 10 grossetti di 60 soldi; quindi la lira dalmata era di 3 1/3 grossetti o di 20 soldi – grossetto di 3 gazzette o di 6 soldi; gazzetta di 2 soldi; soldo di 5 bagatini o di 12 denari; bagatino di 2 4/10 denari; denaro. Soldi dalmati 48 corrispondevano a 20 soldi veneti, cioè ad una lira veneta”.

Questa informazione, rapporto 12:5, pur confermata da altri autori tra cui Angelo Martini (“A Ragusa i conti si tenevano in Ducati ed in Lire dalmate, 5 Lire piccole venete = 12 Lire dalmate…”), Franz Petter (“Dodici lire dalmate formavano 5 lire piccole venete”) ed Antonio Luigi Battara (“Il rapporto tra la lira dalmata e la lira veneta era come dodici a cinque e quindi si ottenevano con cinque lire venete dodici lire dalmate, cioè cento venti gazzette”), lascia perplessi perché autori antecedenti alla caduta della Repubblica come Andrea Metra no ne accennano.

Scrive, infatti, il Metra: “In Ragusa si conteggia o in valuta propria della repubblica, o in valuta Veneta, vale a dire, o in Ducati da 40 Grossetti, ogni Grossetto da 6 Soldi, valuta della repubblica, oppure in Lire da 20 Soldi, il Soldo da 12 Danari piccoli di Venezia, conteggiandosi il Zecchino Veneto a 22 Lire de’ piccoli”.

Secondo il Papadopoli la circolazione monetaria nella Dalmazia e nel levante veneto era caratterizzata da alcune anomalie rispetto alla Capitale, anomalie che riguardavano tutti e tre i metalli monetati, oro, argento e rame.

Ad esempio lo Zecchino vi era speso per un valore superiore rispetto a quello ufficiale sulla piazza realtina, sotto il dogado di Marcantonio Giustinian un debito di 425 Lire Venete nella città di Venezia sarebbe stato estinto dietro presentazione di 25 Zecchini fior di conio, invece nella città di Zara per estinguere la stessa cifra era sufficiente presentarne 17.

Il rapporto tra i due valori dello Zecchino, 25:17, tuttavia è ben distante dal 12:5 di cui parliamo.

Sempre a fine XVII secolo le Lirette per la Dalmazia erano di titolo identico a quelle per la Terraferma calando solo nel peso, 2,86 g contro 3,77.

Il rapporto tra i due pesi è pari a 29:22, abbastanza vicino al 25:17 dei valori dello Zecchino ma comunque ben distante dal 12:5 in esame.

Infine nello stesso periodo il Soldo coniato per la Terraferma era una monetina in mistura del peso di 2,039 g e 47/1000 di titolo il suo omologo per la Dalmazia era più pesante, 4,97 g nel 1684, ma coniato in rame puro. Il minor peso della moneta d’argento dalmata rispetto a quella veneta può essere spiegato con la volontà del Governo Marciano di “adattarla” al diverso valore che aveva l’oro in zona, mentre l’emissione di spiccioli in puro rame, quindi puramente fiduciari, con la necessità da parte della Serenissima di evitare l’esportazione di monete verso i territori turchi o ragusani con lo scopo di rifonderle in valuta locale ma purtroppo neanche questo consente di fare chiarezza sul rapporto “12:5”.

Forse la risposta può essere trovata in “Abbaco” del Cortinovis, opera del 1749.

Non si tratta di un testo di aritmetica nel senso moderno della parola, bensì di una sorta di “prontuario” per risolvere “velocemente” tutti i problemi derivanti dall’uso di una valuta, la Lira Veneta, non decimalizzata e la cui espressione reale, le monete, non solo variava di valore a seconda della zona geografica in cui era destinata ad essere spesa, ma, in un esempio di raffinato e crudele sadismo, all’interno della stessa città di Venezia!! Il Cortinovis in riguardo al cambio Lira Veneta/Lira “Dalmata” scriveva qualcosa che sorprende: 17 Lire Venete corrispondono a 36 Lire Dalmate!!

Lasciamo parlare il Cortinovis: “Come si conteggia volendo ridurre lire di Dalmazia in lire de’ correnti alla parte di Venezia, valendo il Zecchino in Dalmazia lire 36 ed in Venezia lire 17 di valuta alla parte, che sono lire 22 di valuta di Piazza?

Per regola Generale si prende le parti di 17 trentaseiesimi, cioè:

Per 12 si parte per 3 le lire di Dalmazia. 

Per 4 si parte per 3 il venuto, e per 1 si parte per 4 il venuto del venuto. 

Per esempio lire 418:16:– di Dalmazia quante lire di correnti alla parte sono in Venezia?

Dalle lire 418:16:– di Dalmazia si prendono le sudette parti di 17 trentaseiesimi, cioè si parte per 3 che verrà 139:12:– , queste similmente si partono per 3 che verrà 46:10:8. 

Finalmente queste si partono per 4 che verrà 11:12:8 che summato il venuto di queste tre partizioni insieme, cioè lire 139;12:– lire 46:10:8 e lire 11:12:8 produranno lire 197:15:4 di correnti alla parte in Venezia, che sono le suddette lire 418:16:– di Dalmazia. 

E così si conteggia per ogni quantità di lire di Dalmazia volendole ridurre in lire di correnti alla parte di Venezia.

Per un altro modo si fà col partire per 18 le lire 418:16:– di Dalmazia che il quoziente sarà lire 23:5:4 che sottratte dalle suddette lire 418:16:– restano lire 395:10:8 da queste si prende la metà, cioè si parte per 2 che verrà lire 197:15:4 di correnti alla parte di Venezia, come nel primo modo di sopra”.

 

Passato il primo momento di sconforto ho provato a fare dei calcoli.

36 non è altro che 12×3, mentre 17 è qualcosa di più di 5×3.

Il tasso di cambio 12:5 sembra derivato da quello ufficiale di 17:36, dividendo per 3.

A questo punto ci domandiamo come mai si sia passati da un cambio all’altro e matura in noi una ipotesi.

Il nuovo tasso di cambio, 12:5, potrebbe essere stato stabilito dalle autorità Ragusee dopo la caduta della Repubblica, abbandonando anche il dualismo alla parte/piazza.

Facciamo due esempi.

Esempio 1

Finché è durato il Governo Veneto il tasso di cambio tra Lira Dalmata e Lira Veneta è rimasto fisso a 36:17 e questa tariffa era applicata anche all’estero qualora vi fosse stata la necessità di cambiare moneta Dalmatica in moneta locale. Un luogo dove poteva presentarsi questa necessità era la città di Ragusa. Nel 1796 per cambiare in denaro locale 12 Lire Dalmate si sarebbe proceduto in questo modo. Innanzitutto conversione delle Lire Dalmate in Lire Venete usando il cambio 17:36, quindi 5 e 2/3 Lire Venete, valuta alla parte, o 7 e 1/3 valuta di piazza. Entrambi gli importi corrispondono a 1/3 di Zecchino e dato che a Ragusa lo Zecchino era tariffato a 182 Grossetti il risultato finale è 60 Grossetti e 2/3, praticamente poco più di un Tallero locale.

 

Esempio 2

Nel 1806 per cambiare in denaro locale 12 Lire Dalmate si sarebbe proceduto in questo modo. Innanzitutto conversione delle Lire Dalmate in Venete usando il cambio 12:5, 5 Lire Venete, o 5/22 di Zecchino. Ricordando che lo Zecchino era tariffato a 182 Grossetti il risultato finale è 41 Grossetti e 12/33, praticamente poco più di un Ducato locale.

Identico importo di partenza ma differente risultato finale, particolarmente penalizzante per il portatore di moneta Dalmatica.

 

Sembra quindi che effettivamente il rapporto 12:5 sia stato introdotto dopo la caduta della Repubblica in modo tale da speculare sul cambio, approfittando del fatto che non esisteva più un autorità che vigilasse sul corso della moneta veneta.

 

 

 

 

Autore articolo: Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

Bibliografia: Andrea Metra, Mentore Perfetto de Negozianti – Volume 5 , 1797; Angelo Martini, Manuale di Metrologia, 1883; Antonio Luigi Battara, Regio Dalmata, 1808; Franz Petter, Compendio Geografico della Dalmazia, 1834; Girolamo Pietro Cortinovis, Abbaco ovvero Pratica Generale dell’Aritmetica, 1749; Nicolò Papadopoli, Le monete di Venezia – Volume 3, 1919; Vittorio Piva, Manuale di Metrologia delle Tre Venezie e della Lombardia, 1935

Enrico Pizzo

Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

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