La peste a Gualdo Tadino nel 1505

Il 7 maggio del 1505 la peste tornò a Gualdo e in Umbria. Il morbo, come sempre accadeva e ancora accade, era portato dalle masse di uomini che si spostavano; numerose erano infatti le genti che passavano per la via Flaminia.

Le carte d’archivio, in questo giorno, ci raccontano come le magistrature cittadine ordinassero nuovamente provvedimenti tempestivi, tra i quali l’isolamento degli appestati nelle proprie case, il divieto ai forestieri di vacare la cerchia delle mura, ma, nonostante tutti gli sforzi profusi, nel 1507 l’epidemia non era ancora cessata.

Facendo un passo indietro nel tempo, lo scatenarsi del nuovo focolaio è verosimilmente imputabile, come abbiamo accennato, all’ingente movimento di eserciti che in quegli anni transitarono per Gualdo. Nel maggio del 1503 era infatti giunta la temuta notizia del prossimo arrivo delle truppe del Valentino, Cesare Borgia, provenienti da Spoleto, e i consoli, memori delle devastazioni e dei soprusi patiti nei precedenti passaggi del figlio del Papa, non avevano trovato altro rimedio se non quello di versargli del denaro così da non farlo fermare in città. I magistrati cittadini erano riusciti a non farlo alloggiare, non erano stati in grado però di impedire che, nel settembre di quello stesso anno, vi si accampasse il noto capitano di ventura Muzio Colonna. Muzio proveniva da Spello, si recava con le sue truppe in soccorso di Carlo Baglioni a Perugia passando proprio per Gualdo, essendogli stata preclusa la più breve via per Bastia.
Evitare i contatti tra la comunità locale e i soldati era molto difficile e la peste era quindi giunta a flagellare Gualdo.

Tra ristrettezze, numerosi testamenti e morte, la città si era svuotata e impoverita. Emblematico è il documento nel libro di entrata e di uscita della Tesoreria Generale di Perugia e Ducato del Tesoriere Bernardino de Cuppis, conservato nell’archivio di stato in Roma, tra le carte della Camera Apostolica, dove, con la data 1507, troviamo scritto:

“Da la Camera de Gualdo se cava quello poco avanza pagati li salariati; qual se spende poi et non basta per el pagamento de la roccha. La comunità de Gualdo paga omni anno a la Camera Apostolica per subsidio fior. 80 a bay. 60 il F., cioè 40 in kalende de magio et li altri 40 in Kalende di novembre. Resta a dare del passato, fino a Kalende de novembre 1505, fior. centocinquanta uno, sol. 50, den. 4 – fior. 151, 50, 4.

Et per l’anno finito in Kalende novembre 1506 – f. 80

Et per l’anno finito Kalendis novembris 1507 simili – f. 80″

 

 

 

 

 

 

Autore: Matteo Bebi

Bibliografia: L. Jacobilli : Vite dei Santi e Beati di Gualdo. Archivio Comunale di Gualdo : Raccolta delle Pergamene. Secolo XVI. Perg. N°. 4, 5; Archivio Notarile di Gualdo : Rogiti di Ercole di Gabriele dal 1501 al 1504. Paginazione II, C. 29, 107t, 136, 142t; Paginazione III, c.. 57bis, 75, 76t, 170 , e Rogiti dal 1505 al 1506. Paginazione I, e. 78.

 

 

 

Matteo Bebi: ex allievo della Scuola Militare Teuliè di Milano, laureando in Conservazione dei Beni e delle Attività Culturali presso l’Università degli Studi di Perugia, collabora con case editrici ed eventi rievocativi. Ha pubblicato i romanzi storici “Poi si fece Buio”e “Un rumore lontano” ed il racconto  “La leggenda dell’arco – storia e magia a Gualdo ai tempi di Braccio Fortebraccio”.

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