La politica estera di Ferdinando II di Borbone

Per Ferdinando II il Regno delle Due Sicilie doveva essere un organismo politico “nelle cui faccende nessun altro Stato avesse da immischiarsi, tale da non dar noia agli altri e da non permetterne per sé”, come scrive Benedetto Croce. Ciò isolò il Paese e lo indebolì. Si rivelò un errore imperdonabile.

Ferdinando II rivelava con la sua politica l’aspirazione ad un’autonoma capacità di difesa, ma questo turbava gli equilibri italiani e non fu mai tollerato dall’Austria, dall’Inghilterra, dalla Francia, dalla Spagna: la vita dei Borbone e delle Due Sicilie doveva necessariamente fondarsi sul bilanciamento delle alleanze internazionali come era stato fino ad allora. L’assenza di alleanze, in un momento in cui si costruiva l’espansionismo del Regno di Sardegna nella Penisola, determinò il crollo del regno. 

Le tappe di questo isolamento si scandiscono a partire dagli anni Trenta dell’Ottocento in momenti chiari di diversa natura che testimoniano le aspirazioni napoletane ma anche l’impossibilità o l’incapacità di concretizzarle:

1831 Ferdinandea – Quattro chilometri quadrati e sessanta metri di terra sorti nelle acque siciliane furono annessi ai domini inglesi alla fine del giugno del 1831, poi invasi dai francesi. Ferdinando II inviò una corvetta bombardiera, rivendicando l’appartenenza di quell’isola al Regno delle Due Sicilie, ma gli inglesi risposero allo stesso modo. Fu evitato lo scontro militare ma si aprì un complicato contenzioso diplomatico tra gli stati mentre l’isola si sarebbe nuovamente inabissata nel dicembre di quello stesso anno. 

1834 Prima guerra carlista – Le Due Sicilie rifiutano di schierarsi apertamente a favore di Isabella II nella guerra dinastica scoppiata in Spagna alla morte di Ferdinando VII. Dalla parte di Isabella, e dunque contro Carlo V, c’erano liberali e costituzionalisti ma anche Inghilterra, Francia e Portogallo che inviarono soldati ad Isabella II. L’errore fu grave perchè Ferdinando II non solo non sostenne le potenze liberali ma non sostenne neppure un fronte reazionario. 

1836 La questione degli zolfi – I rapporti commerciali tra le Due Sicilie e l’Inghilterra erano regolati da un vecchio trattato del 1816, rinnovato allorquando Ferdinando II ascese al trono, con cui i due stipulanti si concedevano reciprocamente la clausola di “nazione più favorita”. Le condizioni in esso stabilite erano in realtà per Napoli assai onerose in ragione di una clausola che abbassava del 10% i diritti doganali per le merci inglesi importate nel regno. All’epoca della originaria stipulazione del trattato già il de’ Medici aveva provato a tardarne la ratifica. Successivamente, tra il 1823 ed il 1833, i numerosi tentativi del Regno delle Due Sicilie di ridiscutere il trattato si rivelarono vani. La crisi si aprì quando il governo napoletano concesse ad una compagnia francese, la marsigliese Tayx-Aycard, il monopolio degli zolfi a prezzo vantaggioso per le Due Sicilie. Il governo londinese fece appello al trattato del 1816 considerato violato e minacciò ripercussioni, tuttavia il governo napoletano affermava la libertà di poter stipulare accordi con chiunque. Londra passò quindi all’uso della forza con numerose manovre intimidatorie nel golfo di Napoli e la cattura di cinque vascelli borbonici; Ferdinando II decretò il sequestro delle navi mercantili inglesi ferme nei porti napoletani ed il trasferimento di 12.000 soldati in Sicilia. Dinanzi all’arroganza inglese le Due Sicilie però dovettero annullare la convenzione e risarcire sia la compagnia Tayx-Aycard che gli inglesi per i danni di mancato guadagno.

1851 Lettera di Gladstone – Il 17 luglio del 1851 Gladstone inviava ad Aberdeen una lettera nella quale il Regno delle Due Sicilie veniva presentato come “negazione di Dio”, “incessante, deliberata violazione di ogni diritto”, “perfetta prostituzione della magistratura”, “sovversione d’ogni idea morale e sociale eretta a sistema di governo”. Solo ad unità avvenuta, in un viaggio nel 1888, Gladstone ammise di non aver mai visitato le carceri delle Due Sicilie e di aver scritto le lettere per incarico di Lord Palmerston, primo ministro inglese. Il regno già si trova senza alleati, né punta a farseli, però il contesto che lo circonda non è più neutrale: la lettera era circolata in ogni paese, aveva viaggiato in ogni ambasciata, principiando quella politica di discredito internazionale delle Due Sicilie che accompagnerà lo stato dei Borbone di Napoli fino ai suoi ultimi giorni. Quando nel 1856 scoppiano i moti di Palermo, poi quelli di Cefalù, quando Agesialo Milano attenta alla vita del re, l’Europa ha già la sua lettura degli eventi. L’idea di un regno dispotico è confermata nel 1857 quando le Due Sicilie aprono delle trattative con la Repubblica Argentina al fine di stabilire sul Rio de la Plata una colonia di napoletani condannati per delitti politici.

1856 Guerra di Crimea – Il Regno di Ferdinando II, come nella Prima Guerra Carlista, non si schierò militarmente con gli inglesi né con la Russia, ma favori tacitamente lo zar e le accuse britanniche furono dure: questa neutralità si palesava essere solo apparente perchè il traffico di materiali strategici verso Francia e Inghilterra arenatosi col pretesto della non belligeranza, continuò, invece, immutato verso la Russia. Lord Palmerston denunciò alla Camera dei Comuni che “il Regno borbonico aveva dimostrato sfrontatamente la sua ostilità alla Francia e all’Inghilterra vietando l’esportazione di merci che il suo stato di neutrale gli avrebbe consentito tranquillamente di continuare a trafficare”. La Russia fu sconfitta ed al Congresso di Parigi le potenze vincitrici, fiancheggiate dal Piemonte che con loro si era schierato, tennero ben conto delle scelte operate dal Regno delle Due Sicilie.

Ferdinando II aveva una sola aspirazione, quella che il Regno, “dietro alla muraglia di Tartaria”, fosse addirittura dimenticato dalle can­cellerie europee, ma non vi riuscì, nè poteva riuscirci. In questi anni, l’Inghilterra concentrava le sue attenzioni sull’area indocinese (1859 II Guerra dell’Oppio) e sul Mediterraneo (interessi attorno all’apertura del Canale di Suez). Quì però, come abbiamo visto, le Due Sicilie si mostravano tendenzialmente autarchiche (zolfo, neutralità, Ferdinandea..) e dunque ostili. Gli inglesi non intesero mai intervenire apertamente contro quello che consideravano a tutti gli effetti un nemico, ma puntarono a costruire diplomaticamente l’implosione delle Due Sicilie e ad assistere passivamente all’agonia del regno: quando, l’11 maggio del 1860, Giuseppe Garibaldi sbarcò a Marsala, due vascelli da guerra della Royal Navy, lì per proteggere le imprese inglesi, in un atteggiamento controverso e subito condannato dal governo borbonico che pure si vide respinta ogni insinuazione, si posero sulla linea di fuoco dei vascelli napoletani impedendo il cannoneggiamento dei garibaldini e favorendone lo sbarco.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia:

E. Di Rienzo, Il Regno delle Due Sicilie e le potenze europee. 1830-1861
E. Di Rienzo, L’Europa e la “Questione Napoletana” 1861-1870
R. Moscati, I Borboni di Napoli
R. Moscati, Ferdinando II

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4 pensieri riguardo “La politica estera di Ferdinando II di Borbone

  • 18 Luglio 2018 in 11:46
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    Complimenti per le ricerche storiche accurate

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  • 18 Luglio 2018 in 11:59
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    Ottima disamina. Ferdinando II ha questo grave errore sulle spalle, sebbene i punti deboli del suo regno erano piuttosto rappresentati dalla lentezza con cui si procedeva alla trasformazione in senso liberale dell’ apparato istituzionale ed all’insufficiente impegno nelle istruzione pubblica e nelle infrastrutture…

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  • 18 Luglio 2018 in 12:10
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    Condivido tutto perchè il rifiuto ad ogni alleanza in quei tempi non troppo tranquilli del post 48 portò il regno dritto dritto alla sua morte.

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  • 18 Luglio 2018 in 12:34
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    E sempre buona norma nella politica, come nella vita, mantenersi degli amici per il momento del bisogno. Approfittando della rivalità tra Francia ed Inghilterra nel Mediterraneo avrebbe potuto appoggiarsi ad una delle due, non facendolo si mise in una condizione di debolezza. Un errore.

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