La Seconda Battaglia della Sirte

Marzo 1942. Infiamma la guerra nel golfo della Sirte. Grazie al sacrificio della Regia Marina nell’assicurare i rifornimenti, l’armata italo-tedesca stava avanzando lungo tutto il fronte africano. La squadra da battaglia inglese nel Mediterraneo era praticamente annientata: la Barham affondata da un sommergibile tedesco, le Queen Elizabeth e Valiant messe fuori uso dai nostri s.l.c. , la Nelson gravemente danneggiata da aerosiluranti italiani e anche la Waspite era in riparazione fuori dal Mediterraneo.

Per la Royal Navy era assolutamente necessario rifornire l’isola di Malta per tornare ad attaccare il traffico convogliato italiano, così il 20 marzo del 1942, dal porto di Alessandria, gli inglesi salparono con un convoglio di quattro navi da carico scortate da 4 incrociatori e 17 cacciatorpediniere, inoltre un caccia e un incrociatore partirono da Malta.

La forza di Vian, fu avvistata da un sommergibile e Supermarina diede l’allarme.

La II° divisione che includeva gli incrociatori Gorizia, Trento e Bande Nere con quattro cacciatorpediniere, si unì al Littorio, scortata da quattro cacciatorpediniere.

Vian effettuò varie modifiche alla sua rotta volte a ritardare il più possibile l’incontro con il nemico, ben sapendo che al buio le navi italiane, ancora prive di radar, non avrebbero voluto e potuto accettare battaglia.

Alle 14.24 del 22 marzo ad una distanza di 23.000 metri, vennero avvistate le navi da guerra ed i mercantili di Vian. La battaglia ebbe quindi inizio.

Durante tutto il combattimento, durato circa due ore, furono sparati dal Littorio 175 proietti da 381 mm e 384 da 152 mm (300 con le torri di sinistra e 84 con quelle di dritta), dal Gorizia e Trento complessivamente 570 proietti da 203 mm (rispettivamente 226 e 355), dal Bande Nere proietti da 152, e infine dall’Alpino, furono sparati 84 colpi da 120, il tutto per un totale di 1.325 proietti.

Da parte britannica furono sparati 64 proietti da 152 mm 1.490 da 133, 979 da 120 e 257 da 100 mm, per un totale di 2.790 proietti, inoltre furono lanciati trentasei siluri, ma senza alcun successo.

La Havock e la Kingston risultarono entrambe colpite dai proiettili della Littorio. Furono danneggiati anche gli incrociatori Euryalus e Penelope e i cacciatorpediniere Sikh, Lively, Legion e Lance.

Il risultato poteva essere più pesante se, con il calar della notte, gli italiani non si fossero ritirati dalla battaglia. Questa scelta era dettata dal fatto che eran sprovvisti di radar e si sarebbero trovati in difficoltà.

L’Ammiraglio Iachino avrebbe potuto conseguire un successo maggiore? In considerazione della presunta superiorità delle nostre navi rispetto a quelle inglesi che non erano così tanto superiori come ci si vuol far credere, il gran numero di caccia presenti tra le fila nemiche con i loro siluri rappresentava un serio pericolo. Molti storici sostengono che Iachino avrebbe potuto conseguire un successo maggiore, ma il gran numero di cacciatorpedinieri presenti tra le fila inglesi con i loro siluri avrebbero potuto mettere in serio pericolo le nostre navi. A seguito dei colpi ricevuti dalle nostre navi vennero affondati, dagli aerei dell’Asse, tre caccia e quasi tutti i piroscafi. Alla fine, delle 26.000 tonnellate di carico spedite da Alessandria, solo 5.000 arrivarono a destinazione.

Un resconto inglese recita: “Finora nessuno era stato colpito, però mancavano ancora due lunghe ore al tramonto e la flotta italiana stava attaccando in quel momento con estrema decisione. Ripetemmo allora la manovra riuscita in precedenza; ma questa volta il nemico che sembrava non volesse lasciarsi deviare neppure dalla cortina di nebbia, si avvicinò sino a 10.000 metri. Per una nave da battaglia significa sparare a bruciapelo. I proiettili percotevano il mare vicinissimi, ogni volta che uscivamo dalla cortina per sparare contro il nemico. Una volta un nostro incrociatore uscendo dalla cortina, si trovò nelle vicinanze della corazzata e di tre incrociatori che puntavano addosso. Gli italiani fecero immediatamente fuoco e con i cannoni da 281 e le colonne d’acqua alte come case subito ci circondarono. A stento riuscimmo a riguadagnare il rifugio della nebbia. Appena passati oltre la cortina, accostammo decisamente a dritta. Era tempo, percé tre enormi colonne d’acqua si sollevarono esattamente nel posto dove ci saremmo trovati se non avessimo eseguito l’accostata… L’ammiraglio dette allora ordine alla nostra squadriglia di andare all’attacco col siluro. I cacciatorpediniere si lanciarono immeditamente contro il nemico; uno di essi venne subito colpito, ma l’unità vicina fu pronta a ricoprirlo con un’altra cortina protettiva e a lanciare i suoi siluri. Gli italiani erano insomma riusciti a colpire un cacciatorpediniere e un incrociatore, ma, allentata la loro pressione con l’attacco delle siluranti, sotto la pressione della notte ormai caduta, le navi inglesi poterono tornare ai loro porti”.

Autore articolo: Antonio Lombardo

Bibliografia: F. Mattesini, “Navi militari delle Marine alleate affondate nel Mediterraneo durante la seconda guerra mondiale”

Antonio Lombardo è ingegnere meccanico, ufficiale di complemento artiglieria e consulente TAR Campania e Prefettura Caserta.

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