La seconda guerra anglo-afghana

Dopo la prima guerra anglo-afghana, l’Impero inglese aguzzò di nuovo gli artigli nel 1878 per conquistare l’Emirato afghano adesso retto da Sher Ali Khan, della dinastia Barakzai, figlio dell’emiro Dost Mohammad, protagonista della primo conflitto. Sher Ali era in buoni rapporti con gli inglesi in India che gli rifornivano armi, ma le cose mutarono rapidamente quando si seppe che i russi, in guerra con gli ottomani, stavano tentando un’alleanza con gli afghani.

Una missione diplomatica moscovita, supportata da tre colonne militari, varcò la frontiera afgana e giunse a Kabul. Il trattato di Berlino aveva ormai già posto fine al conflitto tra Russia e Turchia, ridefinendo la presenza zarista nell’Est Europa. Gli inglesi, preoccupati che Alessandro II potesse espandere le sue mire, chiesero che l’emiro accogliesse anche una loro missione. Sher Ali ricordò loro che quella russa non era stata una missione invitata e si rifiutò di riceverne pure una britannica. Lord Lytton, viceré dell’India, gli spedì un minaccioso ultimatum, al quale l’emiro non rispose mai, ma Lytton volle che una missione partisse egualmente. Gli afghani la respinsero presso il Khyber Pass. Ciò scatenò l’intervento militare britannico.

 

  • La prima fase del conflitto

Il 21 novembre 1878 il generale Sir Frederick Roberts, figlio del comandante britannico del contingente di Shuja Durrani quarant’anni prima, marciò verso Kabul. La prima fase del conflitto fu segnata dall’invasione britannica nel novembre di quell’anno.

Cinquantamila soldati, per lo più indiani, penetrarono in Afghanistan. Sher Ali chiese l’aiuto dello zar ma non lo ottenne e si vide sconfitto ad Ali Masjid e Peiwar Kotal. Alla sua morte, fu suo figlio Mohammad Yaqub a subentrargli. Il nuovo emiro riuscì ad ottenere un trattato di pace, il Trattato di Gandamak, firmato il 26 maggio 1879. In base a questo accordo, e in cambio di un sussidio annuale di 60.000 rupie, nonché di vaghe assicurazioni di assistenza in caso di aggressione straniera, Yaqub cedette l’intera direzione della politica estera del suo paese a Londra. Subì pure che forze britanniche fossero poste presso i principali valichi dell’Afghanistan da sud e dovette ospitare un inviato britannico permanente a Kabul. I rappresentanti britannici, capeggiati da Sir Louis Cavagnari, furono insediati nella capitale, ma anche in altre località, il controllo britannico fu esteso ai passi Khyber e Michni, l’Afghanistan cedette varie aree della provincia della frontiera nord-occidentale e la città di Quetta al controllo totale della Gran Bretagna. L’esercito inglese conseguito questo risultato iniziò a ritirarsi, sicuro di aver trionfato, ma era all’oscuro dei malumori suscitati dalla condotta di Yaqub che, col Trattato di Gandamak, aveva accettato una sostanziale resa.

  • La rivolta di Ayub Khan

Il 3 settembre del 1879 un’improvvisa rivolta esplosa a Kabul portò al massacro dei diplomatici ed all’uccisione di Sir Louis Cavagnari. Iniziò così la seconda fase del conflitto.

Il generale Roberts tornò sul piede di guerra con la Kabul Field Force, riportando una importante vittoria a Charasiab il 6 ottobre e poi occupando Kabul, ma l’intero paese era un calderone ribollente di sentimenti antibritannici. Gli afghani risposero con l’assedio del cantone di Sherpur, un miglio a nord della capitale, dove Roberts si era rinchiuso facendo condannare con esecuzioni pubbliche i presunti responsabili della morte di Cavagnari. Furono respinti.

Gli inglesi riportarono ancora una vittoria ad Ahmed Khel, il 19 aprile, ma non riuscirono a zittire i dissensi ed a placare le tribù in guerra. Nel frattempo, Ayub Khan, governatore della provincia di Herat, che aveva fatto abdicare suo fratello Yaqub e s’era messo a capo della ribellione, riuscì a sconfiggere un distaccamento britannico nella battaglia di Maywand, il 27 luglio 1880.

 

  • La battaglia di Kandahar

A Maywand l’esercito del generale Burrows, costituito soprattutto da reclute, subì una pesantissima disfatta. Delle circa 2.500 truppe britanniche e indiane, ne morirono 960, numerosi furono i feriti e i sopravvissuti scapparono a Kandahar, dove, nel giro di pochi giorni, finirono assediati da Ayub e dai suoi generali.

Roberts capì che doveva fornire un rapido soccorso ai suoi connazionali per impedire che il popolo afghano trovasse in Ayub il suo eroe nazionale. Tentò il tutto per tutto. Ad ogni soldato concesse solo 20 libbre di equipaggiamento, rinunciò ad ogni trasporto su ruote e all’artiglieria pesante, accettando solo batterie da montagna leggere. Così iniziò una marcia forzata da Kabul, sostenuto da un movimento convergente del generale Phayre, nel sud, sino a Quetta.

Per molti era una follia. La marcia forzata sarebbe stata tagliata fuori dalle comunicazioni per la maggior parte del tempo e senza una base operativa alle spalle. Roberts si mostrò temerario. L’8 agosto, 10.000 soldati lasciarono la fortezza di Bala Hissar, la cittadella di Kabul. Fu scelto il percorso più lungo attraverso la fertile valle di Logar, piuttosto che un approccio più diretto attraverso Maidan, in quanto in questo modo avrebbero potuto raccogliere rifornimenti lungo la strada ed evitare gli attacchi delle tribù. I britannici percorrevano una media di 15 o 16 miglia al giorno, attraversarono gli aspri cammini del Zamburak Kotal, percorsero valli desertiche e sassose, in scarsità d’acqua, con quaranta gradi di giorno e sotto zero la notte.

Roberts arrivò a Kandahar il 1 settembre, trasportato su una portantina perché colto da febbre. Di Phayre non si avevano notizie. I dodicimila afghani della città l’avevano abbandonata e dentro c’erano solo 4.500 indo-britannici. Il fuoco aperto dalle truppe di Ayub Khan, dalle colline circostanti, aveva fatto salire il numero delle vittime, ma non aveva ottenuto nulla di fatto.

L’emiro era accampato presso il villaggio di Mazra ed aveva disposto i suoi uomini tra valichi, colline e villaggi. L’artiglieria britannica iniziò alle 9.00 del mattino il bombardamento delle postazioni afghane. Il 92° Highlander ed il 2° Gurkha di Macpherson assalirono il villaggio di Gundi Mulla Sahibdad, poi sottrassero al nemico l’altura di Pir Paimal. Gundigan fu investita dall’avanzata di Baker col 72° Highlander e col 2° Fanteria Sikh. Toccò poi prendere il Babawali Pass. Ovunque si contarono pesanti perdite, la determinazione degli afghani costrinse gli inglesi ad un enorme sacrificio umano e quando entrarono a Mazra, la trovarono vuota. Ayub fu inseguito dalla cavalleria. Aveva perso la sua artiglieria, le sue munizioni ed un gran numero di guerrieri, ma non era stato catturato.

 

  • Il governo di Abdur Rahman

La ribellione vedeva così la fine ed il paese fu consegnato ad un uomo compiacente agli inglesi: Abdur Rahman. Londra avevano vinto, rinunciando però agli aspetti più aperti della sua dominazione coloniale. Smussò la politica provocatoria inizialmente tenuta ed accettò di non insediare un britannico a Kabul, né sotto la maschera del diplomatico, né sotto quella del consigliere. Raggiunse i suoi obiettivi senza intaccare il potere delle tribù e le usanze locali. L’Afghanistan rappresentò un cuscinetto tra l’India britannica e l’Impero russo.

La chiave della svolta fu Abdur Rahman, un nipote dell’emiro Dost Mohammad che, divenuto oppositore di Sher Ali Khan, aveva visto fallire i suoi complotti ed era stato inviato in esilio a Samarcanda, mettendosi sotto la protezione dei russi. Gli inglesi lo chiamarono al governo sin dal gennaio 1880, mentre Roberts completava la conquista.

Un anno dopo i fatti di Kandahar, Ayub tentò di nuovo di prendere Kandahar, ma, fallita l’impresa, fu catturato e costretto all’esilio in India fino alla sua morte. La storia afghana lo ricorda come eroe nazionale. Abdur Rahman, invece, fu detto “l’emiro di ferro”. Durante gli anni del suo emirato attuò il Trattato di Gandamak spegnendo il dissenso con la forza crudele, modernizzando il paese, ma operando in modo brutale e sradicando diversi gruppi etnici per trapiantarli dove potessero dare meno fastidio. In particolare a questo emiro si deve la Linea Durand ovvero l’accettazione dei confini voluti dagli inglesi tra l’emirato afghano e l’India Britannica, oggi ereditati da Afghanistan e Pakistan.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

Bibliografia: M. Ewans, Afghanistan: A Short History of Its People and Politics; J. Perry, Arrogant Armies; R. Macrory, The First Afghan War 1839–42: Invasion, catastrophe and retreat; W. K. Fraser-Tytler, Afghanistan: A Study of Political Development in Central Asia; V. Gregorian, The Emergence of Modern Afghanistan; P. Hopkirk, Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale

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